Israele riarma l’Honduras

Tegucigalpa ha chiesto che alcune migliaia di soldati israeliani raggiungano la base di Palmerola, ma in tutta l’America centrale, fin dagli anni Ottanta, Tel Aviv fa affari tramite la vendita di armi

di David Lifodi

Il presidente honduregno Juan Orlando Hernández è stato definito come il “deputato israeliano” di Trump in America centrale.  Non solo l’Honduras fa parte dei paesi che sostengono e appoggiano tutte le misure prese da Israele contro i palestinesi, ma di recente ha chiesto che alcune migliaia di soldati israeliani raggiungano la base di Palmerola nell’ambito di un rinnovato trattato con Tel Aviv e Washington.

La presenza dei militari israeliani in America latina è sinonimo di repressione. Lo ha già sperimentato la Colombia, dove addestratori provenienti da Tel Aviv hanno formato alcuni reparti dell’esercito. Probabilmente i militari inviati da Israele avranno tra i loro compiti principali quello di tenere sotto controllo i movimenti sociali honduregni, che da anni ormai scendono in piazza contro il regime di Juan Orlando Hernández e le organizzazioni popolari che si battono contro i megaprogetti, a partire dall’installazione delle centrali idroelettriche.

Al tempo stesso, come già accaduto in Brasile e come vorrebbe fare il fronte anti-Maduro in Venezuela, sono stati cacciati i medici cubani, giunti per la prima volta in Honduras nel 1974, a seguito di un uragano, e che avevano dato più di una mano in occasione di un altro uragano devastante, quello denominato Mitch nel 1998. I medici cubani erano molto apprezzati dalla popolazione non solo per la loro capacità di prestare assistenza e soccorso in situazioni di emergenza, ma anche perché nel corso degli anni avevano fornito agli honduregni tutti quei servizi di base di cui lo Stato si era sempre disinteressato.

Il sito web Hispan Tv informa tuttavia che la collaborazione tra Israele e Honduras risale addirittura al 1977, con la vendita di aerei Super Mystere, i primi bombardieri supersonici in Centroamerica che trasformarono l’aviazione honduregna nella più minacciosa dell’intera regione. Nel 1982 fu Ariel Sharon in persona a firmare un nuovo accordo militare del valore di 25 milioni di dollari con Gustavo Álvarez, uomo forte del regime honduregno. Le armi in dotazione all’esercito dell’Honduras, in quella circostanza, finirono poi nelle mani della contra antisandinista. Infine, ai giorni nostri, l’Honduras è stato tra i paesi che, assieme al Guatemala e al Paraguay, ha appoggiato la scelta di Trump di trasferire l’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme ed ha fatto altrettanto.

Tuttavia, l’Honduras non è l’unico paese legato a Israele nell’America centrale. La frontiera tra Messico e Stati uniti è monitorata da sistemi di sorveglianza israeliani e lo stesso stato di Israele, negli anni Ottanta, fornì a El Salvador gran parte degli armamenti (napalm compreso) per combattere l’opposizione alla dittatura arenera. La vendita di armi utilizzata come modello per condurre attività diplomatiche è stata sperimentata anche in Costarica all’epoca della militarizzazione della frontiera con il Nicaragua sandinista. Nel 1986 gli studiosi Milton Jamail e Margo Gutiérrez documentarono la presenza di Israele in Centroamerica nel loro libro No es un secreto: la participación militar de Israel en Centroamérica.

Va sottolineato anche che lo stesso ex presidente Obama, che pure  approvò tacitamente il colpo di stato promosso contro Manuel Zelaya nel 2009, negli ultimi anni del suo mandato aveva invece ridotto la collaborazione militare tra gli Stati uniti e l’Honduras. Come aveva scritto su The Nation lo storico Greg Grandin, “se volete sapere quale sarà la politica di Trump in America latina e quali sono gli input dati a Israele per farne parte, tenete d’occhio l’Honduras”.  Del resto, a seguito delle elezioni fraudolente del 2017 che hanno consentito a Juan Orlando Hernández di rimanere alla guida del paese, tra i primi stati a felicitarsi per la sua rielezione c’è stato proprio Israele.

La crescente presenza di Israele in America centrale, quando siamo giunti a metà del mandato della presidenza Trump, non si registrava dall’epoca di Ronald Reagan negli anni Ottanta: allora l’intera regione era nelle mani delle dittature militari. Oggi in Centroamerica è cambiato poco e la corsa all’acquisto di nuovi armamenti da Israele, in Honduras e non solo, non fa presagire nulla di buono.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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