Jack McDevitt: «Echo»

Archeologia spaziale ma soprattutto l’ossessione del grande incontro: se l’universo è così grande dove sono gli alieni? A parte una razza arretratissima – i Muti – pare che non ci sia in giro nessuna civiltà che non sia quella degli umani. Qualcuno non terrestre si sta nascondendo o invece ci sono terrestri che celano gli Et dietro una cortina? E perchè?

L’ultimo Urania, «Echo» di Jack McDevitt, è tutto qui. Nella caccia a queste poche ma decisive risposte. Ben scritto, vivace nei personaggi, tirato per le lunghe (quasi con sadismo in certi passaggi) in vista delle 30 pagine finali con mezza sorpresa. Non un capolavoro ma lettura scorrevolissima.

Tutto inizia con il casuale ritrovamento di una stele scritta in una lingua misteriosa: una bufala o la prova che “non siamo soli”? Particolare decisivo: è casa di Somerset Tutthe, l’uomo che per oltre un secolo – senza risultati parrebbe – ha investito energie e ricchezze «per scoprire chi c’era nello spazio oltre a noi». Molti hanno visto la stele, nessuno sa nulla, qualcuno è disposto a uccidere per farla sparire dalla scena.

Trafficanti e killer, ex piloti e ologrammi, turisti e avatar: i due principali protagonisti, Alex e Chase, faticheranno e litigheranno un bel po’ con un nemico invisibile, fra loro e anche con qualche privata ossessione. Forse hanno ragione i versi dell’ambiguo Orazio: «Ma il tempo porterà alla luce / tutto quello che la terra nasconde / come seppellirà / cancellandone la memoria / le cose che risplendono».

«Echo» (edizione originale 2010, traduzione di Stefano Di Marino) resta ancora per un po’ – 4,90 euri per 288 pagine – in edicola dove sarà soppiantato da un recupero interessante «Psyconegozio» di Alfred Bester e Roger Zelazny, dalla seconda e ultima parte della mega antologia di Fredric Brown, ovvero «Cosmolinea B2» e subito dopo – almeno io lo spero – dalla conclusione del trittico «Www» di Robert Sawyer. Rispondendo a una lettera, Giuseppe Lippi annuncia anche la ristampa dei 4 volumi di racconti, già apparsi su Urania, di Theodore Sturgeon: evviva ma perché non tradurre quelli inediti o recuperare (e magari ritradurre) quelli apparsi qua e là e davvero introvabili?

Redazione
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Un commento

  • Vero. Tra l’altro i bellissimi racconti di Sturgeon, oltre che introvabili e sparsi, sono spesso tradotti male…speriamo che qualcuno se ne accorga. Viva Sturgeon e i suoi cristalli sognanti!

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