Jean Ziegler e «L’impero della vergogna»

«Di che altro c’è bisogno?» chiede Karim a suo padre. E quello risponde: «Va cambiato l’ordine omicida del mondo». Questa frase chiude «La fame nel mondo spiegata a mio figlio», il libro più noto da noi (uscì da Pratiche nel ’99, poi nell’edizione economica Net) di Jean Ziegler.

Retorica zero e molti fatti. Nel libro citato colpivano parole dure e chiare come queste: «Principale responsabile della denutrizione e della fame sul nostro pianeta è la distribuzione ineguale delle ricchezze. Una ineguaglianza negativamente dinamica: i ricchi diventano sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri. Nel 1960 il 20% degli abitanti più ricchi della Terra disponeva di un reddito 31 volte superiore rispetto a quello del 20% dei più poveri. Nel 1998 il reddito del 20% dei più ricchi era 83 volte superiore a quello del 20% dei più poveri.(…) È dunque l’attuale giungla del capitalismo selvaggio che è necessario civilizzare. (…) Le 225 fortune più grandi del mondo rappresentano un totale di oltre mille miliardi di dollari, l’equivalente del reddito annuale del 47% più povero della popolazione, circa 2,5 miliardi di persone. Negli Stati Uniti il valore totale netto della fortuna di Bill Gates è uguale a quello dei 106 milioni di americani più poveri».

Non sono frasi a effetto, retorica buona per ogni bocca, anche quelle dei pescecani in abiti eleganti che parlano a favore dei poveri mentre non cessano di impoverirli. L’impegno di Ziegler da anni è costante, come ricercatore e come politico. I suoi saggi hanno contribuito a chiarire «di che lacrime grondi e di che sangue» il potere dei giorni nostri, in giacca e cravatta. Per questo i suoi libri sono poco recensiti e ancor meno amati dai grandi media tutti intenti a lodare la globalizzazione nascondendo le sue pecche anche quando sono alte come l’Everest o profonde come le fossa delle Marianne.

Il suo ultimo libro «L’impero della vergogna» (cfr il box qui sotto) è un nuovo grido di denuncia, dolore e rivolta; ma è anche un desolato viaggio fra silenzi e tabù dell’oggi; infine lezione di storia e invito a «ricominciare» (così s‘intitola l’epilogo).

Da tempo Ziegler denuncia che «il mondo globalizzato consiste in realtà in una serie di isolotti di prosperità e di ricchezza che fluttuano su un oceano di popoli in agonia». Dunque «una banda internazionale di speculatori di borsa, senza anima né cuore, ha creato un mondo di disuguaglianza, di miseria e di orrore. È urgente porre fine al loro regno criminale».

Antica è l’ingiustizia, come lo è la pratica di cancellare dai libri di storia quel che non torna comodo. Tre censure, fra le tante, che questo saggio ricorda. Scipione Emiliano che sgozzò a Cartagine (aveva 700 mila abitanti) «decine di migliaia di persone». Thomas More decapitato nel 1535 per aver osato pensare. Le rivolte del prete Jacques Roux o dei comunardi. Egualmente tabù – e per le stesse ragioni, insiste Ziegler – sono oggi (nel tempo della rete mondiale, delle guerre umanitarie  e della democrazia esportata) notizie come i dividendi degli azionisti Microsoft, le gravissime accuse nel 2002 dello Zambia contro la Monsanto oppure i massacri di Putin in Cecenia.

Sì l’ingiustizia è molto antica ma adesso «l’ordine cannibale del mondo» ha preso forme nuove. Forse per una sorta di humor nero dal 1 gennaio 2000 proprio nel grattacielo dell’Onu a New York è installata la «piramide rovesciata». Ricordate? «Nella parte superiore le spese militari mondiali annue, in quella inferiore il costo annuale dei principali programmi sociali, per l’ambiente e lo sviluppo». Oltre a mostrare quell’oscena «piramide sottosopra» cosa fanno le Nazioni Unite? Ben poco, è la dura quanto documentata accusa di Ziegler: la politica dell’Onu è di correre in aiuto dei «predatori»; dopo 40 anni l’Unctad (cioè la Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo) ha fallito tutti i suoi obiettivi; l’Oms (Organizzazione mondiale della salute) ha sempre più le mani legate da una sorta di dittatura delle grandi case farmaceutiche; di Fmi, Banca mondiale e Wto qualcosa si sa (grazie alle denunce degli alter-mondialisti); e così via.

Dietro piccoli e grandi predatori, dietro i complici e i mercenari che li difendono, ci sono i veri padroni del mercato globale che spesso non amano comparire se non a qualche banchetto di beneficenza. Ziegler indica i colpevoli: Chiquita, Nestlè, Novartis, Philip Morris, Shell, Siemens… e ovviamente Bush, Putin ma anche il Mitterrand “africano”. Poi ci sono i nomi – poco noti – di chi lotta con efficacia contro «l’ordine cannibale»: persone come la norvegese Gro Harlem Brundtland, Riccardo Petrella, il procuratore brasiliano Helio Bicudo, Sergio Vieira de Mello; oppure ong, fondazioni, associazioni come Antenna, Gain, Terre des hommes… Chi si oppone al dominio globale, specie se lo fa in modo efficace e pacifico, non trova spazio nei tg e sulle prime pagine.

La più importante delle verità oggi nascoste è che mentre «i cosmocrati» – cioè «i nuovi signori feudali» – si arricchiscono oltre ogni misura e tutti gli altri continuano a impoverirsi, l’offensiva delle grandi multinazionali – contro i sindacati e contro «la concorrenza sleale del vivente», ma persino contro il dono o la solidarietà – si copre di un comodo mantello, la lotta al terrorismo.«Assistiamo a una rifeudalizzazione del mondo» accusa Ziegler: con «500 transnazionali private» a controllare «il 52 per cento del prodotto interno lordo del pianeta» e con un sistema socio-giuridico e rapporti di forza che garantiscono loro l’impunità per ogni crimine. Nel capitolo “La barbarie e il suo specchio” Ziegler invita «il movimento democratico a sconfiggere la doppia follia (…) della violenza irrazionale dei jihadisti e della barbarie dei cosmocrati» dichiarando inaccettabile «la scelta fra un impero esasperante e un medioevo insopportabile».

Cosa propone Ziegler? «Non sono un leader sindacale, né il capo di un movimento di liberazione, ma un intellettuale dai mezzi limitati. Il mio libro presenta una diagnosi» si legge nelle ultime righe. «La distruzione dell’ordine cannibale del mondo è affidata ai popoli (…) Di che cosa saranno fatte le sue vittorie e le sue sconfitte? Nessuno oggi conosce le risposte». Queste denunce possono servire? Ricorda Ziegler che quando Georges Danton, all’epoca giovane avvocato, mise in dubbio l’efficacia delle parole Benjamin Franklin gli rispose che dietro una dichiarazione di libertà c’è anche «il potere della vergogna». Se la scoperta che miliardi di esseri umani sono privati, con la violenza e l’inganno, dei loro diritti («a lavoro, cibo, salute, conoscenza, libertà e felicità») induce a vergognarsi allora – scrive Ziegler – possiamo rifiutarci di accettare «la barbarie cosmocratica», dare un piccolo aiuto per iniziare a smantellarla. «Bisogna rimettere il mondo nella giusta posizione, con la testa in alto e i piedi in basso. Bisogna distruggere la mano invisibile del mercato. L’economia non è un fenomeno naturale: è solo uno strumento che deve essere posto al servizio di un unico scopo, la ricerca della felicità comune».

BOX

«L’impero della vergogna» è il nuovo saggio di Jean Ziegler, pubblicato (252 pagine a 17,50 euro) da Marco Tropea come i precedenti «I signori del crimine» nel 2000, «La privatizzazione del mondo» nel 2003, «Dalla parte dei deboli» nel 2004 e il romanzo «L’oro del Maniema» mentre altri suoi testi sono usciti da Mondadori e da Sonda.

Di mestiere sociologo, deputato al Parlamento svizzero, relatore speciale dell’Onu («per il diritto all’alimentazione») solo occasionalmente Ziegler si è cimentato con la fiction e con il giornalismo. Eppure sa narrare e affascinare come pochi, senza lasciare che il rigore scientifico, i numeri, il controllo delle fonti rendano faticoso il discorso. Nella memoria di chi legge restano dunque la passione e le sue tesi contro-corrente ma anche il racconto degli incontri personali e gli appunti di viaggi che alzano il velo su mondi ignoti come Angola, Mongolia o Etiopia ma anche sul Brasile degli stereotipi.

Una particolare passione per l’Africa, l’amicizia e i debiti verso due grandi intellettuali (Cheikh AntaDiop e Joseph Ki-Zerbo) tornano in quasi tutti i libri di Ziegler. Ma sbaglierebbe chi (la banalità degli stereotipi) lo accusasse di essere un terzomondista: le preoccupazioni per il suo Paese natio era nei più importanti libri degli esordi (in particolare il best-seller «La Svizzera lava più bianco») mentre l’angoscia per «le nuove mafie europee contro la democrazia» è argomento di uno dei libri più importanti (ma purtroppo sottovalutato) dell’ultimo decennio, «I signori del crimine» che è introdotto da una metafora assai efficace. Fu chiesto a Eracle, mitico eroe greco, di abbattere «il leone nemeo» ma cercando il suo nemico «l’aveva incontrato senza accorgersene (…) Svegliatosi in extremis uccise il mostro». Così – commenta Ziegler- sta accadendo a noi: «La presenza del mostro in mezzo alle società democratiche occidentali è tanto evidente da non essere notata. Quando avverrà il risveglio?».

Questa mia recensione è uscita sulla rivista Come nel novembre 2006

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