Jedi: un decalogo di curiosità

Forse non tutti sanno che…

di Fabrizio – Astrofilosofo – Melodia

Da due settimane, su Paramount Channel, stanno ritrasmettendo per l’ennesima volta la trilogia originaria di «Star Wars», in contemporanea all’ uscita su grande schermo del nuovo capitolo intitolato «Rogue One – A Star Wars story», un prequel ambientato poco prima degli avvenimenti del film capostipite del filone cinematografico creato da George Lucas.

Scritto da Chris Weitz e Tony Gilroy da un’idea del supervisore agli effetti speciali John Knoll, «Rogue One» è il primo film della serie «Star Wars Anthology», una collezione di film a sé stanti ambientati nell’universo  “guerrestellariane”. Il film è prodotto dalla Lucasfilm e distribuito dalla Walt Disney Studios Motion Pictures, che a breve acquisterà i diritti su Netflix.

Molto si è scritto e detto riguardo alla serie originale, qui vorrei soffermarmi su 10 curiosità che forse non tutti conoscono riguardo al capitolo conclusivo della saga, «Il ritorno dello Jedi».

Punto primo: l’abito da schiava di Carrie Fisher alias la principessa Leia Organa è stato creato appositamente dietro richieste dell’attrice, stanca d’indossare gli abiti da monarca castigata. Una scelta ben poco felice, in quanto la costumista Aggie Guerard Rodgers, ispirandosi ai lavori del grande illustratore fantasy Frank Frazetta, creò un outfit alla moda per slave,  ovvero chiaramente ispirato a quello delle praticanti del sesso BDSM (sado/maso, per intenderci) che non poteva essere tenuto incollato al seno dell’attrice, per la gioia – si dice – della troupe, la quale più di una volta, prima delle riprese, doveva risistemare il reggiseno in legno che spesso rivelava un po’ troppo rispetto agli standad “guerrestellaresche”. Infatti per le scene dove agisce la controfigura si pensò più pragmaticamente a un materiale comodo e adattabile quale la gomma, la quale diede i risultati sperati.

Punto secondo: il bosco della luna di Endor era in realtà quello di Crescent City, in California. Le riprese furono particolarmente estenuanti per gli interpreti dei pelosissimi e simpaticissimi Ewok, i quali giocarono un brutto scherzo al regista, simulando l’abbandono del set, risoltosi poi in uno strepitoso scherzo.

Punto terzo: la celebre scena dell’inseguimento nel bosco di Endor con le spider bike fu girata con molto ingegno, mandando un operatore con steadycam a spalla a farsi un giro nel suddetto bosco di Crescent City: la cinepresa filmava un fotogramma al secondo, quindi a velocità notevolmente rallentata. Fu sufficiente convertire il passo di registrazione in 24 fotogrammi al secondo per ottenere un fondale in vorticoso movimento per le spiderbike del futuro.

Punto quarto: forse non tutti sanno che l’attore David Prowse ha interpretato Darth Vader solo nella prima parte del film, lasciando il resto al bravo stuntman Bob Anderson per le scene di combattimento e all’attore Sebastian Shaw per la commovente scena senza casco. Nella versione in DVD del 2004, nel finale con i fantasmi di Darth Vader/Anakin Skywalker, Yoda e Obi Wan Kenobi, fu aggiunta al computer la testa dell’attore Hayden Christensen, interprete di Anakin nella trilogia prequel, al posto di quella di Sebastian Shaw, scatenando non poche proteste dei fan più attempati, non molto felice della redenzione di Darth Vader e del suo posto nel Paradiso della Forza.

Punto quinto: quanti sanno che il nome “Endor” ha un’origine biblica ed è usato anche da Tolkien ne «Il signore degli Anelli»? Il continente principale della Terra di Mezzo, a cui «Star Wars» è palesemente ispirata, viene chiamato Endor in lingua Quenya.

Punto sesto: «È un po’ come nella poesia. Sono in rima. Ogni strofa fa rima con la precedente… Si spera che funzioni» affermò George Lucas. Oltre a ripetere la composizione stilistica dei film in ogni pellicola, Lucas inserisce vari eventi, fatti o frasi che i personaggi ripetono in modo che le due trilogie siano “in rima tra loro”, come i poemi di Tolkien o quelli danteschi. Esempio chiaro è quello costituito dalla ripetizione della frase «Ho un brutto presentimento» (“I have a bad feeling about this”) da parte di Obi-Wan, che lui enuncia in tutti i film delle due trilogie; fra tutti il prequel «La vendetta dei Sith» è quello con più riferimenti e allusione agli altri due prequel e, in particolare, alla trilogia originale.

Punto settimo: veniamo ad alcune curiosità su Jabba The Hutt. Inizialmente gli autori si erano ispirati alle fattezze del celebre attore Sidney Greenstreet – in «Casablanca» fra gli altri – ma poi il pupazzo animatrone fu reso sempre più alieno e quasi buffo: costò quasi cinque milioni di dollari ed era animato da sei persone, pesante all’incirca 900 kg. Per il linguaggio usato da Jabba, si creò l’Huttese, fortemente ispirato al linguaggio Quechua degli Inca; fu creato da Ben Burtt – ideatore anche del ronzio delle spade laser e dei pigolii di R2D2 – e Larry Ward, doppiatore di vari personaggi, fra cui lo stesso Jabba. La lingua “huttese” è parlata, oltre che da Jabba, da almeno altri sette personaggi nella saga di Star Wars: C-3PO, Luke e Anakin Skywalker, Han Solo, Bib Fortuna, Watto e Padmé Amidala.

Punto ottavo: l’attore Ian McDiarmid impersonò solo fisicamente il terribile imperatore Palpatine, mentre fu doppiato in originale da Clive Revill, con una voce gutturale che fa sembrare la voce di Regan nell’Esorcista rose e fiori.

Punto nono: nella locandina de «Il ritorno dello Jedi» le braccia che tengono la spada laser non sono di Mark Hamill ma proprio di George Lucas, una piccola concessione che si fece per entrare a far parte della leggenda.

Punto decimo e ultimo: all’inizio, il capitolo finale doveva intitolarsi «The revenge of the Jedi» cioè “la vendetta dello Jedi” ma fu scartato in coerenza con la filosofia zen e pacifista dei moderni cavalieri del futuro. Lo dimostra il secondo film di «Star Trek», influenzato da tale “ambiguità”. Il titolo «The revenge of Khan» fu cambiato in «The wrath of Khan»: potere della Forza.

Alla prossima. Intanto forse non tutti sanno che è Natale… io mi riposo per un po’ e lo stesso spero di voi.

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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