Kuate, Mankell, Pericoli, Pichi, Russell, Sciascia e Sullo

7 recensioni di Valerio Calzolaio

 

Henning Mankell

«Racconto dalla spiaggia del tempo»

Marsilio (originale 1998)

Traduzioni di Alessandra Albertari, Giulia Pillon, Alessandra Scali

234 pagine, 18 euro

Africa. 1972-1998. Per decenni il grande scrittore svedese Henning Mankell (1948-2015) ha vissuto sei mesi l’anno in Africa, in particolare in Mozambico. Giunto a 50 anni decide di riprendere appunti e storie raccolti per un testo iniziato già all’arrivo. Confessa che 25 anni di spedizioni fisiche e mentali gli hanno seriamente mostrato che tutti gli uomini sono imparentati fra loro: il colore della pelle, le lingue, i modi di pregare gli dèi o di preparare la colazione, di considerare la stupidità o di creare arte, di lavare i vestiti o seppellire i morti, sono distinzioni che non potranno mai metterlo in ombra. Ci guida in prima persona fra passato e presente, usando Felisberto, un vecchio narratore sulle sponde del fiume Umbeluzi cha nasce nello Swaziland e sbocca vicino Maputo, storie e memorie del bellissimo “Racconto dalla spiaggia del tempo” di cui facciamo tutti parte: la grande epopea dell’uomo su stesso e del suo (nostro) continuo arenarsi come i relitti di un naufragio.

 

Christian Kuate

«Negro. Lettera ad una madre»

Lìbrati (originale francese Lettre d’un Mbenguiste à sa mère, 2017)

traduzione di Gerardo Acerenza e Christian Kuate

192 pagine, 15 euro

Camerunensi all’estero. Christian Kuate è nato a Doula nel 1982, nel 2007 è giunto all’Università di Trento, laureandosi in filosofia nel 2015. Fin da piccolo voleva scrivere; ad aprile 2017 ha così fatto uscire questo suo primo bel romanzo in Francia (gran parte dell’Africa è francofona per ragioni coloniali). Ora arriva la traduzione curata da lui stesso e dal docente di lingua francese che ha coinvolto gli studenti frequentanti il proprio corso. Fra il titolo italiano e quello francese c’è una differenza: il termine Mbenguiste indica i camerunensi nel mondo (all’inizio nella sola Francia), non c’è un equivalente, i nostri emigranti furono e sono semplicemente “italiani all’estero” (spesso non più rientrati). Lo spunto è dato da alcune vere emozioni e peripezie dall’autore. La missiva parte dalla notizia della morte del padre, una scintilla inventata, per descrivere l’Italia e l’Europa dal punto di vista di chi viene considerato appunto meramente un “negro”, uno dei tanti.

 

James M. Russell

«I segreti tecnologici delle antiche civiltà. Le straordinarie invenzioni che hanno cambiato il mondo»

traduzione di Mariafelicia Maione

Newton Compton

188 pagine, 12 euro

Dal Neolitico in avanti. Quasi in ogni ecosistema umano. Ben prima dell’Età del bronzo erano in uso calendari di varia natura: abbiamo documenti scritti che testimoniano sistemi di datazione presso i sumeri, gli egizi e gli assiri circa 5 mila anni fa; una recente scoperta archeologica in un campo della Scozia indica addirittura che già 10 mila anni fa popolazioni mesolitiche di quell’area comprendevano le fasi lunari e monitoravano i mesi. Prima strumenti di rozza pietra, poi versioni d’osso più duttili, poi strumenti di pietra per tagliare, macinare e lucidare frammenti d’osso, e ricavarne utensili, una storia di oltre 100 mila anni, forse non solo della nostra specie sapiens, certo legata anche all’alimentazione, alla pesca, all’ornamento, alla vestizione, alla musica (musicultura). Egualmente lunga e parallela la lenta evoluzione delle posate, manufatti per portare il cibo alla bocca, via via più raffinate, le forchette un problema più per la visione del mondo cristiana che per altri. Anche il molto recente sviluppo della ruota fu lento e graduale, prima rotolio e torni, poi materiali ruotanti di pietra e di legno, ancora poi la decisiva ruota raggiata, infine carri e strade, ma sempre tutto diacronico nel tempo e nello spazio, non irreversibile. Molte invenzioni che pensiamo moderne erano già in uso da migliaia di anni: i vestiti forse da 170 mila; gli aghi per cucire forse da 60 mila; le corde forse da 28 mila; i cesti da 10-12 mila. E le imbarcazioni? Zattere o barchine da oltre 40 mila, poi canoe da almeno 8 mila, infine le navi, sempre più grandi per navigazioni sempre più sofisticate. In Germania 28 mila anni fa è stato pure trovato un fallo di siltite, gli afrodisiaci hanno usi consapevoli di almeno 4 mila anni (come i metodi contraccettivi e forme di prostituzione).

Il divulgatore culturale londinese James M. Russell, laureato in filosofia a Cambridge, operatore nel mercato editoriale, ha utilmente raccolto la storia di svariati strumenti, invenzioni e scoperte dell’antichità provenienti da diverse parti del mondo ed epoche, spiegando chiaramente che «la scienza e la tecnologia si possono sia scoprire che perdere», «la storia è punteggiata da secoli bui e cataclismi, durante i quali la conoscenza viene perduta e la condizione umana peggiora». Ora qui ora là, ora per responsabilità di altri umani ora no. Il titolo inglese fa riferimento al modo di svegliarsi (e svegliare gli studenti in tempo per le sue dialoganti lezioni) escogitato dal filosofo greco Platone (428/7-348/7 a. C.), allievo di Socrate e maestro di Aristotele. Un contenitore si riempiva gradualmente d’acqua fino a raggiungere un’altezza precisa, poi tramite un condotto fluiva rapidamente in un secondo recipiente più in basso. Il recipiente era sigillato ma aveva piccole aperture progettate per “fischiare” in modo acuto quando l’acqua ne usciva. Si poteva programmare la cosa affinché la straordinaria sveglia avvenisse in un determinato momento. Il gocciolio graduale per scandire il passare del tempo si usava da tempo ovunque, orologi ad acqua esistevano a Babilonia, in Egitto, in India e in Cina migliaia di anni fa. Anche candele all’interno di sfere di metallo risultavano utili allo stesso scopo, la prima apparizione di orologi meccanici (azionati dalla forza dell’acqua ma scanditi da ore e giorni) apparve in Cina già nell’ottavo secolo d. C.. La trattazione (talora superficiale) è distinta per trenta argomenti di vita quotidiana (compresi gabinetti e specchi), sedici di tecnologia meccanica e industriale (dal motore a vapore di Erone di Alessandria alle immersioni subacquee), dieci di misteri (come la nanotecnologia di Damasco e l’acciaio damasco), undici militari che contemplano anche una brevissima storia delle armi, nove medici (fra cui dentiere, protesi e i primi tatuaggi), quindici scientifici. Il volume è corredato di alcune immagini in bianco e nero e dell’indice analitico.

 

«Leonardo Sciascia scrittore editore ovvero La felicità di far libri»

a cura di Salvatore Silvano Nigro

Sellerio (1° ed. 2003)

338 pagine, 16 euro

Palermo. Secolo scorso. Leonardo Sciascia (Racalmuto, 1921 – Palermo, 1989) fu di casa alla Sellerio, fondata dall’imprenditrice Elvira Giorgianni e dal marito fotografo Enzo Sellerio nel 1969, cinquant’anni fa. Era una specie di socio senza interessi finanziari nell’impresa, direttore editoriale, operatore dell’ufficio stampa e capo delle pubbliche relazioni, lettore e consulente per libri e titoli, spesso scrittore di tutte le parti non d’autore di quelli da editare. All’inizio (fino al numero 71) scriveva lui stesso i risvolti di copertina della magnifica sempiterna collana “La memoria” (ora giunta al 1135 e oltre) poi continuò riservandosene solo alcuni (oltre ai propri) finché visse. Aveva pensato di raccoglierli, anni dopo è uscito e, nel cinquantenario dell’editore siciliano, è ora ripreso con magnifica cura e copertina rigida un bel volume dei suoi testi: tutti i risvolti non firmati, le avvertenze editoriali, i segnalibri, le introduzioni. Una chicca!

 

Maria Vittoria Pichi

«Come una lama»

Ventura (1° edizione 2011)

144 pagine, 12 euro

Padova. 1981-82. È bene conoscere questa dolorosa storia vera, raccontata in prima con nitore e garbo. Il 17 dicembre 1981 venne rapito a Verona il generale Nato James Lee Dozier. Undici giorni dopo viene arrestata a Padova Maria Vittoria Pichi (Senigallia, 1954), lì dal 1973, laureata, contrattista in una farmacia a 20 km dalla città. Aveva appena compiuto 27 anni, viveva con Paolo, il cane Botolo e una coppia di coinquilini. La polizia dichiara di aver arrestato “quattro brigatisti della colonna veneta”. Falso, nonostante titoloni nazionali e marchigiani. Resterà in carcere fino al 6 aprile, Paolo fino al 10 ottobre. Il processo del 1988 dirà del «vuoto probatorio assoluto», nessun clamore, nessun risarcimento. Nel 2009, dopo altre due perquisizioni fasulle, Maria Vittoria ha trovato il coraggio di raccontare quella vicenda, “Come una lama”, quanto di brutto accaduto durante, quanto di complicato accaduto dopo. Leggetela, nei primi mesi del 2019 ha già vinto vari premi letterari.

 

Tullio Pericoli

«Forme del paesaggio 1970-2018»

Quodlibet

254 pagine, 25 euro

Colline, sopra e sotto, fuori e dentro, da mezzo secolo. Se e quando vi capita trascorrete ore o qualche giorno ad Ascoli nelle Marche. Fino al maggio 2020 resterà aperta una splendida mostra il cui catalogo è appena uscito in un’ottima curata edizione: Tullio Pericoli, “Forme del paesaggio 1970-2018. Pericoli (Colli del Tronto, 1936) è uno dei più grandi illustratori giornalistici viventi (non solo italiani) e ha sempre continuato a dedicarsi soprattutto alla pittura, con una produzione di opere di alta qualità. La mostra prende spunto dai recenti terremoti del 2016 in quell’area a cavallo fra Lazio Marche Umbria (dipinti del 2017-2018) e va progressivamente cronologicamente indietro sino all’iniziale (significativo) “Focolaio sismico” del 1971; oli su tela, acquerelli, chine e matite su carta, immagini stratificate, sezioni materiche. Nel catalogo interessanti saggi (pure nella traduzione inglese) di Silvia Ballestra, Salvatore Settis e Claudio Cerritelli (curatore della mostra).

 

Pierluigi Sullo

«La rivoluzione dei piccoli pianeti. Un romanzo nel 68»

Lastaria

Roma. Un anno, dal settembre 1967 al settembre 1968. Ricominciano le lezioni, terza B del Classico, il tormentato diciassettenne Enrico è all’ultimo anno, bello e armonico, un po’ nasone, capelli lunghi. Va abbastanza bene a scuola, legge molto e di tutto, raggranella qualche soldo con lezioni private. Si fa prestare la stanza polverosa dal ricco competente patentato Federico e ci va con Silvana, apprendista parrucchiera, tempra di ragazza del popolo, lineamenti un po’ volpini, capelli tinti di rosso, baffi di rimmel sugli occhi. Sono due quasi coetanei, si sta imparando a conoscere l’amicizia e l’amore, forse a distinguerle dalla comunanza e dal sesso. I fatti sono che è la prima impacciata volta e il preservativo si squarcia, che durante i mesi estivi in autostop fino a Lipari si era invaghito di Rosa e che lei sta a Catania, che gli piace di più Olivia, capelli biondi e occhi azzurro chiaro, nel banco davanti, che è ipnotizzato dalla più grande Annamaria, bella fidanzata del fratello maggiore del triste suo compagno dell’ultimo banco Franco, povero e orfano di padre. Farà l’amore davvero per la prima volta con la spigliata esperta milanese Claudia, alta e magra, appena arrivata in classe, padre potentissimo, separato e giramondo, madre in California, appartamento ai Parioli con vista spettacolare su Corso Francia, musica aggiornata e canne facili. Il papà di Enrico è un silenzioso commerciante di tessuti, la mamma lo aveva conosciuto a Ravenna nel 1943, era rimasta incinta ed era nata una sorella che Enrico di fatto non ha conosciuto, deforme, morta pochi anni dopo. Mentre la scuola viene occupata, suscitando nuovi legami e passioni, Enrico indaga su di lei e sulla pistola che il padre conserva.

Il giornalista Pierluigi Sullo (Roma, 1951) ha scritto un importante bel romanzo sull’educazione sentimentale e politica di un ragazzo romano (evidentemente nato nel 1950, pur sempre a maggio) che prepara la maturità scolastica e definitivamente matura civilmente “nel” fatidico Sessantotto, quando tutto poteva ancora succedere. La narrazione è in esclusiva terza persona, fissa su Enrico, scadenzata da molti significativi eventi personali e politici, mai ideologicamente melensa o troppo introspettiva. Si legge con interesse e piacere sia per la trama che per lo stile, nitidi piccoli pianeti, una quarantina di capitoli con un loro senso autonomo e concatenato di relazioni e pensieri, di vicende del passato e del presente. Enrico indaga su di sé, se e cosa vuole dalla vita, più o meno ingenuamente, con esperimenti poetici e pagine di diario; sui suoi amici e compagni, se e quanto hanno in comune a parte l’età, amori aborti suicidi; sui suoi genitori, se vi sono segreti scabrosi nel parziale arricchimento del padre e nell’abbandono della sorella scomparsa; sui valori democratici (soprattutto grazie allo zio e alla moglie Dolores ritiratisi in Toscana), l’antifascismo militante e la ribellione sociale, la partecipazione e la repressione, i confini della lotta e della violenza. La scenografia è accurata, utile anche a comprendere meglio il passaggio di fase storica per larga parte di una generazione: film libri canzoni, vestiti droghe costumi, Maggiolino e Lambretta, contesti internazionale (la morte del Che, il Vietnam) e istituzionale (i ministeri democristiani, Valle Giulia), i viaggi in auto alle Eolie e in treno in Val d‘Orcia, a Milano e Parigi (oltre al mese di lavoro operaio in Germania).

Redazione
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