La Bolivia laboratorio della contrainsurgencia

La presidenta Jeanine Añez concede le elezioni presidenziali il prossimo 6 settembre, ma il governo confida nella strategia della tensione e nell’emergenza sanitaria (gestita malissimo) per frenare Luis Arce, il candidato del Mas avanti nei sondaggi. L’estrema destra boliviana, divisa e rissosa al pari di quella venezuelana, guarda proprio al golpismo antibolivariano e al duqueuribismo colombiano per scongiurare il ritorno del Movimiento al Socialismo a Palacio Quemado.

di David Lifodi

Le prossime elezioni presidenziali boliviane, Covid-19 e golpisti permettendo, dovrebbero tenersi il prossimo 6 settembre. Pare che alla fine anche la presidenta Jeanine Añez si sia convinta, soprattutto a seguito delle pressioni delle Nazioni unite, della Chiesa cattolica e dell’Unione europea. Tuttavia la strada verso la democrazia e una competizione elettorale limpida in Bolivia resta ardua, soprattutto per la continua strategia della tensione imposta da una destra pericolosa, anche se divisa al suo interno, e fortemente legata ai settori più radicali del golpismo venezuelano.

Il Governo porrà in essere tutti gli sforzi necessari per evitare il più possibile i rischi di contagio in occasione del voto del 6 settembre e favorire uno svolgimento ordinato del processo elettorale”, hanno concesso da Palacio Quemado, rivolgendosi a Evo Morales e al candidato masista Luis Arce, facendo capire al tempo stesso che entrambi sono ritenuti fin da ora responsabili per aver insistito affinché il voto si svolga in piena pandemia. Jeanine Añez ha precisato che non alcuna intenzione di perpetrarsi al potere, accusando il Movimiento al Socialismo di aver forzato la mano. In realtà la sensazione è tutt’altra e tra coloro che lo hanno percepito vi è anche Luis Fernando Camacho, il picchiatore fascista vicino alle sette evangeliche e militante dell’Unión Juvenil Cruceñista, in corsa per l’ultradestra del Frente Creemos e che ha già accusato la sua ex alleata di fare un favore al Mas candidandosi e quindi disperdendo il voto della destra (estrema). Inoltre, lo stesso Camacho ha bollato il cedimento di Jeanine Añez come “irresponsabile”, accusandola di mettere i boliviani fronte alla scelta “votare o morire” e assimilandola addirittura al Mas per quanto riguarda presunti tentativi di frode elettorale.

Premesso che è stata proprio una frode a condurre Jeanine Añez alla presidenza del paese, con il sostegno di Luis Fernando Camacho, allora suo alleato e adesso preoccupato sia per l’ingombrante presenza elettorale di Juntos, la coalizione che sostiene la presidenta sia per quella di Carlos Mesa, appoggiato da Comunidad Ciudadana, il governo attuale continua ad utilizzare il pugno duro. A sottolinearlo, tra gli altri, l’analista politico Ernesto Reyes, che paragona il duqueuribismo colombiano al golpismo boliviano a proposito del sistema dei falsos positivos, i giovani colombiani spesso provenienti dalle zone più povere ed emarginate del paese uccisi dall’esercito e presentati come guerriglieri delle Farc o dell’Eln. In Bolivia lo scenario rischia di essere lo stesso. Da tempo, nel tentativo di far posticipare all’infinito le elezioni, da Palacio Quemado hanno iniziato a parlare con insistenza della presenza di guerriglieri nel paese. A proposito delle cadute di alcuni tralicci e ripetitori telefonici, avvenute nella prima metà di giugno, il governo ha incolpato presunti “terroristi” del Mas, senza avere alcuna prova certa, ma l’equazione terroristi=Movimiento al socialismo rischia di pesare in una campagna elettorale che si preannuncia senza alcuna esclusione di colpi.

Nel frattempo, giova ricordare ciò che ha scritto di recente sul sito web Rebelión Veronica Zapata: da quando Jeanine Añez si è autoproclamata presidenta del paese, il 12 novembre 2019, sono già stati registrati 35 casi di corruzione in Bolivia, gran parte dei quali vedono coinvolti uomini di fiducia del governo, a partire da Ypfb, l’impresa petrolifera statale. L’ultimo scandalo ha riguardato l’acquisto di ventilatori e respiratori rivelatasi poi inservibili per curare i pazienti affetti da Covid-19.

Ha fatto scalpore anche l’acquisto di proiettili, granate, cartucce e pallottole per la polizia, utilizzati per reprimere le proteste di piazza, presso l’impresa Cóndor, tramite l’intermediazione della brasiliana Bravo Tactical Solutions LLC (con sede negli Stati uniti).

Utilizzata la scusa dell’emergenza sanitaria per allontanare il più possibile lo spettro di elezioni che vedrebbero, ancora oggi, il Mas favorito nei sondaggi, ma rivelatosi del tutto impreparato ad affrontare la diffusione del Covid-19 (oltre a rifiutare il supporto medico offerto da Cuba), il governo de facto ha finito per far collassare l’economia e abbandonare il paese ad una drammatica crisi sanitaria, soprattutto in quell’Oriente boliviano (Beni e Santa Cruz), che i golpisti dicono di voler rappresentare. Dopo aver rinviato le elezioni lo scorso 3 maggio, il governo che continua ad autodefinirsi “di transizione” sembra incapace di gestire la situazione, ma proprio per questo risulta essere ancor più pericoloso.

Due settimane fa, l’occupazione dell’ambasciata venezuelana a La Paz da parte di Juan Guaidó con il beneplacito del governo boliviano, fa capire che l’unico intento dei golpisti, che siano seguaci del fondamentalista evangelico Camacho o della presidenta Añez, è trasformare la Bolivia in un laboratorio di contrainsurgencia.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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