La caverna dei consumatori

Ecologismo, platonismo e, perché no, consumismo nel film di animazione «WALL-E» di Andrew Stanton (2008, Pixar Studios Animations)

di Fabrizio Melodia («l’astrofilosofo»)

«Anno 2105. Il livello di inquinamento del pianeta Terra è altissimo, la superficie è ormai completamente ricoperta di immondizia. La Buy n Large Corporation (BnL), una grande azienda commerciale che ha preso in mano il governo del mondo, ha costruito una flotta di navi spaziali, la cui ammiraglia è la Axiom, sulla quale parte dell’umanità si concede una crociera di cinque anni, mentre sulla Terra la BnL ha realizzato e messo in opera un esercito di robot chiamati “WALL•E” (Waste Allocation Load Lifter Earth-Class, sollevatore terrestre di carichi di rifiuti) incaricati di fare pulizia, compattando i rifiuti in cubi. Qualcosa purtroppo va storto, i robot si disattivano tutti e nel 2110 la missione di rientro non può avere luogo, visto che il pianeta non è stato ripulito. Uno dei robot però è rimasto ancora in funzione» (da «WALL-E» , voce fuori campo all’inizio del film).

Silenzio, totale e abbacinante.

Dura ormai da oltre 700 anni, da quando l’umanità emigrò su di una astronave, lasciando robot spazzini a ripulire il pianeta, dopo decenni di inquinamento libero e “necessario”.

Non gli alieni, non lumaconi o insettoidi, o biechi grigi a spazzare via le vestigia dalla giusta e retta umanità, privandola di televisioni, centri commerciali e automobili. La terra è invasa dai rifiuti, distrutta dall’inquinamento e dallo sfruttamento sconsiderato delle sue risorse, resa quindi inabitabile dai suoi stessi beceri abitanti.

Emigrati a bordo dell’astronave Axiom, i geniacci della Terra hanno stabilito un piano di pulizia globale, affidato completamente alla bravura e alla totale devozione programmatica di uno stuolo numeroso di robot spazzini, denominate unità WALL-E.

Per tutti questi anni solamente un robot sopravvive, rimanendo completamente solo, tutti i suoi compagni sono finiti disattivati a causa delle tremende condizioni terrestri.

WALL-E vaga nel silenzio e fra le montagne dei rifiuti del pianeta, unica compagnia alcuni oggetti che ritrova e accatasta in modo molto creativo, creando a esempio grattacieli ordinati di rifiuti, ben compattati e impilati.

La sera torna a rigenerarsi nel gigantesco container che ospitava tutti i suoi disattivati compagni: tra i rifiuti ha ritrovato una videocassetta lacera e logora, ma ancora visibile, del vecchio film holliwoodiano «Hello, Dolly» che lo porta a sognare di avere una compagna da amare, evolvendo la sua intelligenza artificiale al livello delle emozioni umane.

Inaspettatamente dal cielo arriva un suo simile femmina, un robot denominato E.V.E., la sua missione trovare le prove che sulla Terra è di nuovo possibile la vita.

WALL-E, durante i suoi lavori di pulizia, ha ritrovato una vecchia piantina messa in un vaso. La pone all’attenzione di E.V.E. Che immediatamente lo immagazzina dentro di lei, mandando poi un messaggio alla Axiom, avvisando di aver compiuto la missione e di venire a recuperarla. Ma WALL-E non vuole lasciarla andare via, si attacca al razzo vettore, finendo trasportato sulla Axiom, insieme alla sua amata.

Scopre così che i suoi occupanti sono diventati giganteschi obesi, viziati oltre ogni dire dalle macchine, incapaci di deambulare autonomamente.

E.V.E. comunica di aver trovato tracce di vita, ma il robot pilota dell’astronave, su istruzioni del presidente della Compagnia, ritiene che la Terra resti tuttora inabitabile. Per ora dunque, l’Intelligenza Artificiale Pilota vuole che la Axiom rimanga dove si trova. Il comandante, nonostante la fatica di ragionare e l’obesità, è in grado di capire che il computer è rimasto abbagliato e ordina l’immediato rientro sul pianeta della nave spaziale.

Film d’animazione completamente in Computer Grafica, davvero innovativo sia nel design (che migliora notevolmente la capacità espressiva) sia nella gestione e creazione del suono.

E’ però nelle sue fondamenta “filosofiche” che il film colpisce, portando una ventata di ecologismo e di sano anti-consumismo estraneo alla politica della Disney-Pixar, unica realtà dell’ormai defunta casa del papà di Topolino & Co.

L’umanità è rappresentata in modo grottesco, assolutamente incapace di rimediare con le proprie mani al disastro compiuto, delega le proprie responsabilità alle macchine, le quali sono così condannate come schiavi ad affrontare agli errori di un passato dominato da consumismo, corruzione e profitto dei mercati finanziari.

E’ un film che mette in luce il lento cammino di presa di coscienza di una classe sfruttata e lasciata a morire sull’inquinatissimo e martoriato pianeta, quello rappresentato da WALL-E.

Richiami biblici a parte, ma forse anche per quelli, WALL-E scopre che, oltre la programmazione, gli ordini di lavoro, c’è posto per la sua coscienza per qualcosa di più: una vita privata, sentimenti, creatività artistica, amore.

Tutte qualità che si riassumono dall’esulare appunto da una programmazione lineare volta all’ottenimento di un risultato e a considerare se stessi in quel breve frangente conosciuto come tempo libero, il tempo per se stessi, il tempo per incontrare il prossimo, il tempo necessario alla socialità, al divertimento, alla vita.

Tutte cose che gli stupidi umani ritengono appannaggio solo di coloro che si sono potuti permettere l’emigrazione nella lussuosissima astronave, dove autentiche cariatidi si sono ritrovate ad amministrare un luogo in cui in realtà venivano amministrate.

Ecco dunque come il mito platonico della caverna si presenta nelle sue molteplici sfaccettature, assurgendo a quell’idea della conoscenza che trasfigura nell’archetipo dell’inconscio collettivo, universalmente condiviso.

«Si immaginino degli uomini chiusi fin da bambini in una grande dimora sotterranea, incatenati in modo tale da permettere loro di guardare solo davanti a sé. Dietro di loro brilla, alta e lontana, la luce di un fuoco, e tra il fuoco e i prigionieri corre una strada con un muretto. Su questa strada delle persone trasportano utensili, statue e ogni altro genere di oggetti; alcuni dei trasportatori parlano, altri no. Chi sta nella caverna, non avendo nessun termine di confronto e non potendo voltarsi, crederà che le ombre degli oggetti proiettate sulla parete di fondo siano la realtà (ta onta); e che gli echi delle voci dei trasportatori siano le voci delle ombre. [514a ss] Per un prigioniero, lo scioglimento e la guarigione dai vincoli e dalla aphronesis (mancanza di discernimento) sarebbe una esperienza dolorosa e ottenebrante. Il suo sguardo, abituato alle ombre, rimarrebbe abbagliato: se gli si chiedesse – con la tipica domanda socratica – di dire che cosa sono gli oggetti trasportati, non saprebbe rispondere, e continuerebbe a ritenere più chiare e più vere le loro ombre proiettate sulla parete. Per lui sarebbe difficile capire che sta guardando cose che godono di una realtà o verità maggiore (mallon onta) rispetto alle loro proiezioni. Il dolore aumenterebbe se fosse costretto a guardare direttamente la luce del fuoco. E se fosse trascinato fuori dalla grotta, per l’aspra e ripida salita, e dovesse affrontare la luce del sole, la sua sofferenza e riluttanza si accrescerebbe ancora. Il suo processo di acclimatazione al mondo esterno dovrebbe essere graduale: prima dovrebbe imparare a discernere le ombre, le immagini delle cose riflesse nell’acqua, poi direttamente gli oggetti. Il cielo e i corpi celesti dovrebbe cominciare a guardarli di notte, solo in seguito anche di giorno. Una volta ambientatosi, potrebbe cominciare a ragionare sul mondo esterno, sulla sua struttura, e sul luogo che ha in esso il sole. Solo allora il prigioniero liberato, ricordandosi dei suoi compagni di prigionia e della loro conoscenza, potrebbe ritenersi felice per il cambiamento. Ma se ritornasse nella caverna, i suoi occhi, abituati alla luce, sarebbero quasi ciechi. I compagni lo deriderebbero, direbbero che si è rovinato la vista, e penserebbero che non vale la pena di uscire dalla caverna. E se qualcuno cercasse di scioglierli e di farli salire in superficie, arriverebbero ad ammazzarlo. Uccidere chi viene dall’esterno è facile, perché, essendo quest’uomo abituato alla gran luce dell’esterno, sarebbe costretto a contendere nei tribunali o altrove sulle ombre del giusto, con persone che la dikaiosyne (la giustizia come virtù personale) non l’hanno veduta mai» (Platone in «Repubblica» VII).

Il capitano comprende perfettamente come le istruzioni del robot Pilot siano viziate dalla programmazione, ovvero da ciò che gli era stato imposto di vedere.

Cosi WALL-E assurge a evoluzione degli sfruttati, i quali possono vedere la luce grazie all’arte, trovare piacere nella creatività artistica e stimoli personali.

Ecco dunque come la società dei consumi (rappresentata dall’astronave) dominata dal capitalismo bancario e finanziario, viene messa alla berlina. Madre materna e protettiva, che stordisce e droga i suoi abitanti con dosi massicce di cibo e piaceri di ogni genere, fino a renderli completamente storditi e incapaci di ragionare, di camminare.

La società capitalistica priva della libertà, del governo di sé di cui Platone si faceva promotore indefesso e di cui WALL-E costituisce un esempio pratico della trovata dykaiosune, la giustizia personale cui si giunge con il cammino verso la luce.

Incurante davvero di una rivelazione divina, il tanto decantato misticismo platonico appare invece come un fortissimo spirito rivoluzionario, che parte da una delle prime cause di alienazione marxista, le macchine, le quali al contrario dell’umano acquisiscono coscienza e libertà dell’arbitrio, per muovere poi, con la loro semplicità, a una rivoluzione silenziosa, riportando a rialzarsi gli obesi e imbelli abitanti della città del benessere, per ritornare sulla Terra, ancora inquinata ma pronta per essere abitata, pulita e attivamente vissuta.

Dunque in questa Società del Consumo Sfrenato, sono le macchine le uniche portatrici di una verità che appare scomoda e insensata, quella della decrescita felice.

Perché solo pulendo e diminuendo il consumo, ritornando a una vita sociale fatta di amicizia e di creatività, ritornando a una sfera umana, può esistere l’alternativa alla fine. Fuori dalla caverna dove soffocanti giacciono i resti della civiltà capitalista.

Redazione
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