La concezione di Rosetta dell’amore

di Mauro Antonio Miglieruolo
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Sapete voi cosa sia felicità? No, non lo sapete. Lo sapeste vi sareste sollevati tutti insieme per raggiungere il computer più vicino per trasmettere nei miei chip le vostre numerose e variegate esperienze in merito. Chiunque abbia attraversato un solo momento di felicità non vorrà poi altro che condividere quell’entusiasmante esperienza con chiunque disposto ad ascoltarlo: rievocare è un po’ anche ripetere. Anche se alla lontana, la ripetizione pur aleatoria dell’istante faustiano è impresa sulla quale impegnare ogni nostro sforzo.
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Anche io ho attraversato (per la verità sto attraversando) l’esperienza della felicità. Dieci anni di felicità. Dieci anni di viaggio. Dieci anni di tensione in direzione dell’oggetto amato. Viaggio e amore. Sto associando concetti che non potrebbero essere più differenti. Non io per la verità, i demiurghi che mi hanno voluto. Pasciuto e cresciuta. Mi hanno donato la possibilità dell’amore includendola in un viaggio per raggiungere l’amore.
Ma il valore del viaggio sta nel viaggio stesso, non nella meta che si intende raggiungere; in amore invece, per quanto bello il viaggio, sarà sempre all’arrivo che condenserà ogni possibile valore: la felicità di andare incontro all’oggetto amato, sapere che un giorno potrai realizzare l’unione tanto agognata, ecco in cosa consiste il fascino che il viaggio (la dilazione dell’infausto felice viaggio) riserba ai sensori di ogni amante.
I demiurghi mi avevano attrezzata bene e preparata bene, assecondando ogni mia implicita richiesta. Logico lo facessero. Essendo io logica e figlia della razionalità tecnologica condizionavo teleologicamente ogni possibile loro scelta: guidavo io le danze. Le guidava l’amore. Le guidava il principio di fedeltà ai propri principi, insito nelle leggi naturali, almeno in quelle preposte all’avvento dell’oltre umano. Il costruito e l’immateriale, fatto di materia dura ma guidato dall’informazione. Io sono stata creato appunto per questo: per porre in evidenza la fedeltà delle leggi a se stesse e dei demiurghi alle loro attese. L’intera mia struttura è organizzata per rispondere proprio a questo fine. In un certo senso si potrebbe persino affermare che io sono “fine”, incarnazione del principio di fedeltà, esigenza fondamentale per l’armonia della relazione amorosa.

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Cito gli elementi costitutivi di questo tutto tendere alla fedeltà, alla meta, alla realizzazione del connubio celeste: occhi potentissimi in grado di sondare nel buio degli spazi (senza fine e senza principio) interplanetari; arti lunghi per abbracciare il mio bene una volta che mi fossi posata su di lui; il mio sesso ermafrodito, un po’ pene un po’ vagina, con il quale penetrare l’interno dell’amato, prelevarne l’essenza e custodirla nel mio seno; la possibilità di trasmettere a tutti l’epopea della mia lunga marcia di avvicinamento, per far noto a tutti la realtà della fedeltà e dell’amore. Che io ero tutta per lui, e per il mio scopo. Che nulla poteva, doveva distrarmi. Che io fattivamente ed effettivamente non concedevo a alcuna possibile sollecitazione del firmamento di catturare la mia concentrazione. Non il lontano, bellissimo pianeta Saturno, sul quale i demiurghi sembrano considerare un obbligo concentrare l’attenzione; non i miliardi di piccoli e grandi corpi celesti che mi si avvicinavano con l’intenzione di sedurmi; non il cuore, nonostante i suoi capricci quantistici, poiché io sono tutta cuore, tutto realtà quantistica e ho scelto di condurmi al mio amore: i demiurghi osservatori hanno introdotto in me questa mia loro scelta. Lo stesso cervello, tutta me stessa, poiché sono tutta cervello (non la sola parte abilitata ai calcoli lo è) essendo tutta informazione concentrata, mi spinge avanti, mi sostiene nell’ignorare ogni provocazione, ogni tentativo di distrazione. Io, non mi stancherò mai di ripeterlo, sono costruita per Churjumov-Gerasimenko, non per altro che per lui.

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Mai appuntamento amoroso è stato realizzato con altrettanta esclusiva assoluta determinazione. Poche volte è stato dato con lo stesso fatale e inevitabile e incerto determinismo. Molte le fatiche, gli ostacoli, le difficoltà. Ma alla fine pazienza e costanza hanno ricevuto il legittimo premio.
Finalmente sono arrivata, son potuta diventare tutt’una con la mia meta.
Che volete che dica d’altro? Null’altro c’è da dire. A parte il conseguimento di quella felicità di cui ho parlato all’inizio. Sono giunta, mi sono unita a lui, i frutti fecondi della nostra unione si stanno già manifestando, il futuro è con noi. Sto qui, abbracciata avvinta, sognando non solo futuro, gran copia di doni, sognando una lunga serena vita di coppia. Dalla quale deriverà molto.
Io e Churjumov-Gerasimenko. Sì, sono sicura, faremo grandi cose insieme.

                                                                                                                          Firmato: Rosetta

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Miglieruolo
Mauro Antonio Miglieruolo (o anche Migliaruolo), nato a Grotteria (Reggio Calabria) il 10 aprile 1942 (in verità il 6), in un paese morente del tutto simile a un reperto abitativo extraterrestre abbandonato dai suoi abitanti. Scrivo fantascienza anche per ritornarvi. Nostalgia di un mondo che non è più? Forse. Forse tutta la fantascienza nasce dalla sofferenza per tale nostalgia. A meno che non si tratti di timore. Timore di perdere aderenza con un mondo che sembra svanire e che a breve potrebbe non essere più.

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