La nave della disobbedienza

Una nave-speranza contro lo slogan leghista pentastellato “porti-chiusi”

di Flore Murard-Yovanovitch (*)

Non solo soccorso ma testimonianza della strage di persone migranti nel Mediterraneo, dell’assenza di soccorsi, del silenzio e della complice indifferenza dei governi italiano ed europei. Mare Jonio, salpata per la missione Mediterranea, è una nave che batte bandiera italiana ed è partita nei giorni scorsi per raggiungere le acque internazionali che separano le coste italiane da quelle libiche. Una nave-speranza nel buio nostro, nell’atroce silenzio che circonda il genocidio nel Mediterraneo. Hope in the dark.

Alla missione si affiancheranno altre imbarcazioni di appoggio, col sostegno dell’Organizzazione non governativa tedesca Sea-Watch, e di Astral, una delle navi di Proactiva Open Arms, salpata alcuni giorni fa dalla Spagna. Accompagnate dall’instancabile Colibrì di Pilotes Volontaires, l’areo di monitoraggio del Mediterraneo in partnerships con Sea-Watch, che lo lunedì 1° Ottobre ha avvistato un cadavere galleggiante abbandonato a mare, segno di un ennesimo naufragio “invisibile”, senza nome ma con responsabilità noti. Il 2 Ottobre, l’osservatorio Watch the Med/Alarm-Phone ha riportato la richiesta di Sos di un barcone con centoventi persone la cui assistenza è stata rimandata alla guardia costiera libica, e la cui sorte rimane sconosciuta. Infine, nella notte tra il 2 e il 3 Ottobre, alla vigilia della ricorrenza dell’anniversario della strage del 2013, la richiesta di soccorso di ottanta persone, la cui sorte non è chiara, pare siano state riportate in Libia; e la lista dei morti continua ogni giorno, ogni ora. Secondo recenti stime di Iom e Unhcr, il rapporto tra i morti e i dispersi e le partenze è il più alto mai registrato nel Mediterraneo centrale, di almeno 20 per cento. La nave Mare Jonio è al centro di un progetto promosso da una rete di associazioni, ong e realtà politiche e sociali (reso possibile dal contributo di Banca Etica).

Una nave-ponte, dunque, una piattaforma della società civile. La nave seguirà l’unica rotta possibile, quella dell’umanità. Per salvarci da un presente e futuro di odio e razzismo e rassegnazione, “dalla disumanità che ci divora”, come ricorda Ada Talarico della rete Mediterranea; per “necessità di sostenere un’iniziativa italiana di mettersi in mare in prima persona”, come spiega Giorgia Linardi ambasciatrice dell’Ong Sea-Watch per l’Italia. Ma la bussola sarà anche il diritto.  Perché oltre alle leggi del mare, la nave obbedirà alla sola Costituzione. Come dice Alessandra Sciurba, della rete Mediterranea, “siamo in mare per salvare noi stessi, per salvare nostro stato costituzionale: aprire squarci nel sistema dei diritti significa mettere in pericolo i diritti di tutti”. E aggiunge quest’”azione non governativa pone in sicurezza la società civile italiana”.

Una nave-disobbedienza insomma ribellarsi ai porti chiusi, al governo italiano, alla complicità degli Stati europei, e tornare alla necessità primaria di salvare vite. Non lasciarle annegare o peggio, non lasciare che siano fatte annegare dall’assenza di soccorsi, o dai documentati violenti metodi delle guardie costiere libiche finanziate da Italia e altri Stati, o riportate nei lager libici. Una nave contro l’indifferenza complice e le multi violazioni della Costituzione e dei Trattati internazionali. Una nave contro il silenzio.

A bordo c’è un equipaggio di undici persone che comprende un team di soccorso, di monitoraggio e denuncia; in questa prima missione il deputato Erasmo Palazzotto e la scrittrice Elena Stancanelli. Punti da chiarire, per esempio, potrebbero essere il perché del tasso di mortalità nel Mediterraneo centrale negli ultimi mesi sia cresciuto e perché è in continuo aumento. Monitorare l’assenza di soccorsi, i respingimenti illegali, l’assurdo ciclo di abusi a cui vengono sottoposti i fuggiaschi dalla Libia, ecc. Segno che la società civile italiana è viva, e capace di fare rete, del nucleo promotore fanno parte singole persone e associazioni come l’Arci e Ya Basta Bologna, Ong come Sea-Watch, il magazine online I Diavoli, imprese sociali quali Moltivolti di Palermo e Comunità San Benedetto al porto di Genova. I garanti dell’operazione sono Erasmo Palazzotto, Nicola Fratoianni, Rossella Moroni, e Nichi Vendola e Sandro Veronesi, in rappresentanza di un gruppo di intellettuali e del gruppo “Corpi”.

Una nave-speranza nel cuore dei tempi neri. I nostri occhi verso il mare. Puntati sull’Abisso.

(*) articolo tratto da Comune-Info

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