La Nigeria tra le elezioni e il processo a Shell

Il 16 febbraio in Nigeria si vota, mentre dall’Olanda arriva la notizia che la compagnia petrolifera Shell sarà processata per le sue malefatte nel paese africano. Due comunicati di Amnesty International.

 

Olanda: dopo 23 anni la Shell va a processo per accuse gravissime legate al suo operato in Nigeria negli anni Novanta

Si tiene oggi presso il tribunale distrettuale dell’Aja la prima udienza di un processo storico nei confronti di Shell, la compagnia petrolifera accusata di aver istigato una serie di terribili violazioni dei diritti umani commesse negli anni Novanta dal governo militare nigeriano contro la popolazione ogoni.

Nel 2017 Esther Kiobel, Victoria Bera, Blessing Eawo e Charity Levula hanno portato in giudizio Shell di fronte al tribunale olandese per il ruolo svolto nell’arresto illegale, nell’imprigionamento e nell’impiccagione dei loro rispettivi mariti, al termine della brutale repressione nei confronti delle proteste degli ogoni contro il devastante inquinamento causato da Shell nella loro regione.

“Per tutti questi anni, Shell ha cercato di impedire che questo caso non arrivasse in tribunale. Ha impiegato le sue risorse per combattermi anziché per dare giustizia a mio marito”, ha dichiarato Esther Kiobel.

Amnesty International, che sta sostenendo le ricorrenti e il loro team di avvocati, ha documentato in modo indipendente il ruolo di Shell nelle uccisioni, negli stupri e nelle torture di cui si rese responsabile il governo nigeriano durante la repressione delle proteste. 

Barinem Kiobel, Baribor Bera, Nordu Eawo e Paul Levula vennero impiccati nel 1995 al termine di un processo sommario. Le loro vedove chiedono ora un risarcimento e scuse pubbliche da parte di Shell. Altri cinque attivisti ogoni, tra cui il loro leader Ken Saro-Wiwa, furono a loro volta impiccati in quella che è passata alla storia come la “vicenda dei nove ogoni”.

“Per la prima volta, in una battaglia per la giustizia che va avanti da oltre 20 anni, Esther Kiobel e le altre ricorrenti hanno la possibilità di raccontare le loro storie di fronte a un tribunale. Queste donne credono che i loro mariti sarebbero oggi ancora vivi se Shell, per i suoi sfacciati interessi, non avesse incoraggiato la sanguinosa repressione delle proteste pur sapendo che avrebbe avuto costi umani”, ha affermato Mark Dummett, ricercatore su Imprese e diritti umani di Amnesty International.

“Nonostante numerose prove a suo carico, Shell è riuscita a evitare la giustizia per anni non rispondendo mai di fronte a un tribunale delle accuse nei suoi confronti. Oggi è una giornata storica di enorme importanza per tutti coloro che sono danneggiati dall’avidità e dalle azioni sconsiderate delle multinazionali”, ha aggiunto Dummett.

Portare a processo una potente multinazionale per i danni causati all’estero è un processo lungo e straziante. Il primo tentativo di chiamare in causa Shell, in un tribunale di New York, da parte di Esther Kiobel risale al 2002 e si è chiuso nel 2013 quando la Corte suprema degli Usa ha concluso che gli Usa non avevano competenza giuridica per esaminare il caso: in altri termini, i tribunali statunitensi non esamineranno mai nel merito le denunce mosse contro Shell.

Le quattro ricorrenti accusano Shell di aver avuto un ruolo nell’arresto illegale e nella detenzione dei loro mariti, nella violazione della loro integrità fisica, del diritto a un processo equo e del diritto alla vita; e nel diritto delle une e degli altri alla vita familiare. Esse chiedono al tribunale di ordinare a Shell di consegnare oltre 100.000 documenti interni di grande rilevanza per il caso. Gli avvocati di Shell hanno finora rifiutato di farlo, anche se la stessa documentazione era stata già messa a disposizione in occasione della denuncia al tribunale di New York.

“È venuto il momento di porre fine a decenni d’impunità per Shell. Il coraggio, la resilienza e la determinazione di queste donne per ripristinare la reputazione dei loro mariti e chiamare Shell a rispondere del suo operato è motivo di ispirazione. Loro sanno di avere il sostegno di tutti gli attivisti di Amnesty International nel mondo”.

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Nigeria: Amnesty International chiede il rispetto dei diritti umani durante e dopo le elezioni
Alla vigilia delle elezioni generali previste il 16 febbraio e il 2 marzo, Amnesty International ha chiesto alle autorità nigeriane di proteggere la popolazione dalla violenza e di assicurare il pieno rispetto delle libertà di espressione, manifestazione pacifica e associazione prima, durante e dopo la consultazione.
Durante i comizi svoltisi nei mesi scorsi in alcuni stati della Nigeria vi sono stati episodi di violenza, tra cui quello che nello stato di Kano ha causato quattro morti tra sostenitori di partiti politici rivali.
 
“La violenza elettorale in stati come Kano, Kwara, Kogi, Rivers, Taraba e Bayelsa ci preoccupa fortemente. Se non sarà fermata, pregiudicherà il rispetto dei diritti umani per tutto il periodo elettorale”, ha dichiarato Osai Ojigho, direttrice di Amnesty International Nigeria.
 
“Abbiamo ricevuto notizie di sostenitori di esponenti politici che hanno aggredito oppositori reali o percepiti come tali. Le autorità devono escludere ogni forma d’impunità assicurando indagini e processi nei confronti dei responsabili”, ha aggiunto Ojigho.
Il 3 febbraio durante un comizio dell’All Progressives Congress (Apc) a Sagbama (stato di Bayelsa), una persona è stata uccisa e molte altre sono rimaste ferite.
Il mese scorso a Wukari (stato di Taraba) era stato imposto un coprifuoco di 12 ore dopo violenti scontri tra sostenitori dell’Apc e del People’s Democratic Party (Pdp), i due principali partiti nigeriani.
 
“Le autorità nigeriane devono assicurare che i rappresentanti politici e i loro sostenitori non violino i diritti umani e devono rendere chiaro che vi sarà tolleranza-zero per le violazioni e che chiunque sia sospettato di averne commesse sarà portato in giudizio”, ha sottolineato Ojigho.
Di recente un esponente del Pdp dello stato di Kaduma è stato ripreso in video mentre aizzava i suoi sostenitori ad aggredire chiunque avesse votato per un altro partito.
 
“Le autorità devono indagare a fondo su tutte le denunce di incitamento alla violenza e di altre violazioni dei diritti umani prima, durante e dopo le elezioni e assicurare che i sospetti responsabili siano portati di fronte a un giudice”, ha proseguito Ojigho.
 
“I partiti politici e i loro candidati devono condannare pubblicamente ogni incitamento all’odio, alla discriminazione, alle ostilità e alla violenza. Le autorità nigeriane devono assicurare che i gruppi della società civile nazionali e internazionali e gli organismi di monitoraggio elettorale possano operare in condizioni di sicurezza”, ha concluso Ojigho.
Redazione
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Un commento

  • Daniele Barbieri

    Comunicato di Amnesty International (1 maggio 2019)
    CRIMINI CONTRO GLI OGONI, TRIBUNALE OLANDESE: “IL PROCESSO CONTRO SHELL VADA AVANTI”
    Il 1° maggio il tribunale distrettuale dell’Aia, in Olanda, ha emesso una sentenza provvisoria nel ricorso di Esther Kiobel e altre tre donne contro il gigante petrolifero Shell per l’arresto illegale, la detenzione e l’esecuzione dei loro mariti da parte della giunta militare nigeriana negli anni Novanta.
    Il tribunale ha dichiarato di avere giurisdizione sul caso, che non saranno previsti limiti temporali, che Shell dovrà mettere alcuni documenti interni a disposizione degli avvocati delle ricorrenti e che questi ultimi potranno interrogare testimoni.
    “Questa decisione rappresenta un passo avanti cruciale per Esther e le altre ricorrenti e stabilisce un importante precedente per tutti coloro che nel mondo lottano per avere giustizia e per chiamare a rispondere potenti aziende del loro operato”, ha dichiarato Mark Dummett, direttore del programma Affari economici e diritti umani di Amnesty International.
    “Il nostro apprezzamento va a Esther Kiobel, Victoria Bera, Blessing Eawo e Charity Levula. Se non fosse stato per il loro coraggio, oggi non saremmo arrivati a questo punto”, ha sottolineato Dummett.
    “Le vedove ricorrenti ritengono che i loro mariti oggi sarebbero ancora vivi se Shell non avesse cercato a tutti i costi il profitto incoraggiando la sanguinosa repressione del governo nigeriano contro i manifestanti, pur sapendo i costi umani che essa avrebbe causato. Shell ora potrebbe essere costretta a dire, in un’aula di giustizia, cosa sapeva e come contribuì a quegli orribili eventi nella storia nigeriana”, ha aggiunto Dummett.
    “La sentenza di oggi avrà grande importanza per chi nel mondo è stato danneggiato dall’avidità e dall’irresponsabilità delle multinazionali”, ha commentato Dummett.
    Amnesty International ha apprezzato la decisione del tribunale dell’Aia di obbligare Shell a mettere a disposizione alcuni documenti interni ma è rimasta delusa per il fatto che l’ordine del tribunale non abbia riguardato tutta la documentazione richiesta dagli avvocati delle ricorrenti.
    Per ulteriori informazioni e firmare l’appello:https://www.amnesty.it/shell-nigeria-processo-verdetto/

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