La regina dei banditi

di Maria G. Di Rienzo

C’era una volta (il mese scorso) una piccola città indiana, Kagal, in cui alcuni residenti notarono una persona nuova: era una minuta bambina di 9 anni che si occupava di una mandria di asini. Da lei vennero a sapere che suo padre, alcolizzato, l’aveva venduta al proprietario di una delle locali fabbrichette di mattoni. La bimba era spaventata ed evidentemente maltrattata. I paesani si chiesero l’un l’altro cosa potevano fare e la voce si sparse sino ad arrivare all’orecchio della Regina dei Banditi. Quest’ultima visitò il luogo e parlò con la bambina, Priya Mumtaj. «Mio padre mi ha venduta per 1.200 rupie (circa 20 euro)» le disse la piccola: «I miei padroni mi fanno soffrire. E sono preoccupata per mio fratello e mia sorella: ho paura che mio padre venda anche loro».

Vi aspettate che la Regina dei Banditi sguaini una spada e faccia un po’ di giustizia sommaria? Beh non è andata così. Nonostante il soprannome, Anuradha Bhosale di mestiere fa l’assistente sociale ed è una ferma amica della nonviolenza. Si è quindi rimboccata le maniche e come prima mossa ha ricordato alla polizia le leggi che dovrebbe far rispettare: con l’assistenza delle forze dell’ordine ha quindi soccorso i tre bambini (gli altri due erano stati mandati dal padre a mendicare per strada) che sono stati riuniti ed affidati al «Comitato per il Benessere del Bambino» di Kolhapur. Essere di nuovo insieme, dicono i piccoli, è la gioia più grande delle loro vite. E per la prima volta tutti e tre frequentano la scuola.

Potreste dirmi: e che c’è di strano? Anuradha sta semplicemente facendo il suo lavoro. Non è proprio così. Molto di quel che usa – regolamenti, rifugi, scuole – la Regina dei Banditi l’ha creato con le proprie mani. Ha fondato la «Campagna per i Diritti delle Donne e dei Bambini» il cui scopo è soccorrere, istruire e dare potere a donne vedove, divorziate e abbandonate che – se non sono autosufficienti – possono facilmente mandare i loro bimbi a lavorare invece che a scuola o persino venderne qualcuno. Spesso queste madri neglette sono ancora bambine esse stesse; vivono per la maggior parte in zone rurali impoverite. Anuradha non si limita a istruirle perché trovino un impiego, dà loro la coscienza di avere diritti costituzionali e la legittimazione a reclamarli: 52.000 di queste donne e ragazze oggi beneficiano di sussidi governativi di cui non conoscevano l’esistenza e tanto meno di esserne titolari. Non contenta, ha fondato Avani, una ong che combatte il traffico e la schiavitù minorile e che in pochi anni ha soccorso 541 bambini “trafficati”, ha fornito assistenza sanitaria e istruzione a 5.604 figli di lavoratori migranti, ha costruito scuole nel mezzo dei cantieri di fabbricazione dei mattoni e ha fornito residenze stabili ai bambini abbandonati.

Quando le avanza tempo, Anuradha lancia campagne per portare la gente a votare, per i diritti umani, per i diritti dei lavoratori e così via. Se vi raccontassi tutto quel che la Regina dei Banditi fa, questo articolo diventerebbe un libro. Ma come ha ottenuto il suo soprannome, Anuradha Bhosale? Glielo diede il preside di un liceo di Kolhapur, il dottor Sunilkumar Lavate. Il loro primo incontro non fu proprio felice. Gli studenti del liceo summenzionato, invece di assistere alle lezioni, stavano per strada a fare teatro durante una delle campagne per il voto dell’assistente sociale più effervescente del paese. «Molto seccato, la chiamai per esprimerle il mio disappunto» ricorda Lavate: «Mi rispose candidamente che come educatore ed elettore avevo dei doveri, e che avrebbe apprezzato il mio sostegno alla campagna. E di colpo mi resi conto che aveva ragione. Così, chiusi un occhio sulle assenze e le diedi una mano in modo indiretto». Successivamente, tenendo una conferenza, il preside la definì «La Phulan Devi di Kolhapur» e «La Regina dei Banditi dei movimenti sociali». Erano complimenti, per quanto scherzosi, perché la figura a cui Anuradha Bhosale fu paragonata è oggetto di grande reverenza. Phulan Devi era una semplice donna di villaggio che fu rapita e stuprata da un gruppo di delinquenti: riuscita a sfuggire alle loro grinfie, divenne una “bandita” allo scopo di vendicarsi di ciascuno di loro. Dopo averne fatte passare un po’ ai suoi torturatori fu catturata e finì in prigione, ma aveva suscitato nella gente comune tanto rispetto che come ne uscì le chiesero di candidarsi in Parlamento. Phulan Devi fu infatti eletta, ma a metà del suo mandato parlamentare ignoti assalitori la uccisero a colpi d’arma da fuoco a Delhi, sulla soglia di casa sua. Comunque, il soprannome attecchì, ed oggi Anuradha è per tutti «La Regina dei Banditi». Anche le sue origini sono simili a quelle della sua predecessora. La sua famiglia era “pariah”. Nata nel 1972, Anuradha da bambina non stava meglio della piccola venduta a Kagal che ha soccorso. Lavorava e soffriva. Quando ha ottenuto il suo diploma di assistente sociale a Mumbai era in serie condizioni di denutrizione. E quando, non ancora trentenne, il suo matrimonio – che le aveva dato una figlia e un figlio – finì (il marito era molto spensierato con altre donne), Anuradha pensò dapprima di essersi illusa, e che la felicità non fosse davvero destinata a lei. Ma è una lottatrice: «Mi ci vollero due anni per vederci meglio. Guardai con più attenzione il mondo attorno a me: era pieno di dolore, di tristezza, di durezze. La mia sofferenza era una goccia nell’oceano che inghiottiva innumerevoli vite, vite che meritavano di meglio. Dovevo affrontare questo con fierezza e coraggio, e creare la mia felicità assieme alla felicità altrui».

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