La violenza metamorfizzata

Per una visione dialettica, globale, interdipendente del mondo e del capitalismo: papa Francesco e Yanis Varoufakis

di Giorgio Riolo

capitalismo-Staino

Alcune brevi considerazioni a partire da due figure e da due profili culturali e antropologici molto diversi.

Nella miseria intellettuale e morale del nostro tempo, sono da accogliere come salutari, balsami per lo spirito (e poi lo sarà per il corpo, per la vita reale e quotidiana), l’enciclica ultima di papa Francesco e un breve intervento a un convegno del maggio scorso del ministro greco delle finanze Yanis Varoufakis. L’accostamento non è peregrino. È intenzionale. Ci serve per mostrare che si può riscoprire un’ispirazione originaria e genuina a partire dalla crisi drammatica che stiamo attraversando.

Nel suo intervento (vedi sul benemerito blog di Daniele Barbieri labottegadelbarbieri.org) Varoufakis spiega la natura del suo marxismo e di come concepisce il capitalismo. Non interessato all’ortodossia, al marxismo scientista, ancorato com’è alla visione e alla centralità delle granitiche “leggi economiche” che regolano la storia e la vita, egli respinge, in campo marxista, la cosiddetta teoria del “crollo” del capitalismo, ma è invece attratto dalla visione dialettica di Marx. Esistono i salariati, lavoratrici e lavoratori, poiché esistono i padroni. Non esattamente dei filantropi, come le armonie economiche contemporanee, anche in molto centrosinistra nostrano, vorrebbero farci credere. Esistono i padroni poiché esistono i salariati e via dicendo.

Ma egli si considera marxista “irregolare”, critico, dal momento che recupera Keynes e pensa che occorra difendere il capitalismo da se stesso, riformarlo radicalmente. Il crollo del capitalismo, il “tanto peggio tanto meglio” non va bene poiché non esiste sinistra, uomini e programmi, capace di prendere in mano e prospettare e realizzare un nuovo assetto della società, dell’economia e della convivenza umana. Tutto opinabile, sicuramente.

Ma fondato, serio, con una tradizione alle spalle. Ma non è questo il punto. Il punto è che Varoufakis dice che i funzionari di detto capitalismo sono banditi. L’ala ultrà della finanza, delle banche, del Fondo Monetario Internazionale, i responsabili della crisi contemporanea. Egli è impegnato, con Tsipras e Syriza, a salvare la Grecia nell’immediato. E il capitalismo in ultima istanza, come si dice sopra. Deve frequentare costoro. Sedersi a tavola e cenare con costoro. Dei “bastardi”, dice letteralmente. Marx usava un’altra metafora: “barbari civilizzati”. Gente in doppiopetto, puliti, educati, anche colti. Aggiungo personalmente, la metamorfosi dello scimmione primordiale con il femore come clava, che picchia e infierisce nei dieci minuti iniziali, indimenticabili, della “alba dell’umanità” di 2001 Odissea nello spazio di Kubrick.

Varoufakis cita Brecht dall’Opera da tre soldi. “Perché mandare un killer quando la stessa cosa la si può fare con un ufficiale giudiziario?”. Pulitamente, educatamente. La violenza metamorfizzata. Come sono molte le cose nella storia e nella società, nella cultura umana, in economia, nella politica, nella sinistra anche, nella nostra cultura profonda. Una “seconda natura”, ormai inconscia, inconsapevole, non riflettuta.

Frei Betto ha definito l’enciclica di papa Francesco “olistica”. Quando è stata rivelata da “L’Espresso”, ho pensato alla dialettica, alla grande acquisizione marxista dell’interdipendenza, della necessaria visione globale dei fenomeni. Non una semplice enciclica “verde”, “ecologista” e via semplificando. Essa si configura come un’epocale ridefinizione contemporanea della “dottrina sociale della Chiesa”. Siamo di fronte a un documento che segna uno spartiacque. Non citati mai, ma sicuramente un retroterra in questo documento, la teologia della liberazione, il “grido della terra e il grido dei poveri” di Leonardo Boff. Ricordiamolo: “documento”. Altro sono e saranno “le opere e i giorni”, cosa se ne farà realmente.

Ma ci vuole tanto a vedere che nel mondo, nel capitalismo realmente esistente, “tutto si tiene”? Che non si può separare ciò che non è separabile? Allora, una salutare lezione per ecologisti puri, per animalisti puri, per sindacalisti puri, per economisti puri, per produttivisti puri, per decrescisti puri, per crescisti puri ecc. ecc. La questione ambientale, la questione sociale e la questione planetaria (centri e periferie separate, scisse, ma interdipendenti) non separabili. La natura e gli esseri umani, la povertà, l’ingiustizia, il denaro, le banche, la finanza, il debito ecologico (altro aspetto del debito coloniale e imperialistico) dei paesi dominanti ecc. E il capitalismo così com’è.

L’enciclica Laudato Si riprende il discorso originario, almeno in Tommaso D’Aquino, dei beni comuni, della funzione sociale della proprietà privata. Una bestemmia per quel centrosinistra, nostrano ed europeo, fattosi rappresentante politico delle banche e della finanza.

Sciascia, Pasolini e altri dicevano che in realtà l’Italia era un paese di cattolici, non di cristiani. La stessa Chiesa essendo cattolica e non cristiana. In gioco oggi, almeno per questo papa, non per la curia, è il recupero del cristianesimo là dove avrebbe dovuto vivere, svilupparsi.

Così come avviene o dovrebbe avvenire per il marxismo. Non tanto il recupero della lettera e dello spirito originari in Marx. Ma quali strumenti e metodi mettiamo in campo, noi, per tentare di risolvere i problemi che ci troviamo di fronte. La dialettica, la visione, non armonizzabile, non narcotizzabile, non occultabile, della irrimediabile scissione del mondo. La “casa comune” in cui viviamo, la rapacità di risorse, di natura e di esseri umani di una parte dell’umanità e la povertà, l’esistenza dolorosa e grama di un’altra. La dialettica della non separabilità della dignità della natura e della dignità umana.

Allora, oltre i documenti, oltre alle solenni dichiarazioni, quali programmi reali dei partiti di sinistra, quali dibattiti nei loro congressi. Nelle discriminanti della loro composizione e nella selezione dei gruppi dirigenti. Oltre alla composizione oligarchica, per gruppi e correnti. Alcuni in verità cercano di fare coerentemente il loro lavoro, ma sono condannati alla esiguità, alla marginalità nella rappresentanza politica e istituzionale. Condannati come sono a essere oscurati nella visibilità mediatica. Ma le due ispirazioni di cui sopra possono aiutare ad accumulare forze e cultura per una ricomposizione tanto auspicata della sinistra italiana. Coalizione culturale, coalizione sociale, coalizione politica. Nell’ordine.

(Milano, 20 gennaio 2015)

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