L’altro «Cavallo Pazzo» cioè Mario Appignani

Nei ricordi di Gianluca Cicinelli

Witko in lingua lakota sta a significare la condizione di alterazione tipica del contatto con il sacro, oltre che la follia in senso lato. Tašunka significa invece Cavallo. E Tašunka Witko – Cavallo Pazzo – fu il guerriero Sioux più temuto dai bianchi colonizzatori nell’America di fine ‘800.  Come Mario Appignani detto Cavallo Pazzo fu l’incursore più temuto dal “perbenismo” – soprattutto di “sinistra” – nel ’77 e dintorni.


La prima volta che lo incrociai pubblicamente era del tutto nudo a piazza Navona, credo fosse il 1976. C’era un palco messo in piedi dal Partito Radicale e lui ne stava approfittando per parlare. In apparenza parlava di politica, che era già nuda per conto suo all’epoca; in realtà parlava di sè, di una storia maledettamente complessa e grandiosa allo stesso tempo, che lo stesso Pasolini non avrebbe saputo raccontare, perchè il “Maestro” raccontava dei sottoproletari perdenti, mentre Mario Appignani – che fu detto Cavallo Pazzo, – correva più veloce di tutti e la sconfitta non ha fatto in tempo a fermarlo. Fino alla morte avvenuta il 17 aprile del 1996, per Aids in un letto d’ospedale squallido come squallide e violente sono state tutte le istituzioni che hanno ospitato Mario.


Cominciate a segnarvi questi due libri, se non li conoscete. Assalto alla diligenza (Armando Curcio editore) scritto da Marco Erler detto Nuvola Rossa, il compagno di Mario; lì trovate la Roma di Appignani, gli intellettuali, fra gli altri Renato Nicolini, Lucia Visca, Carlo Caracciolo … che assistevano quasi sempre senza saperle inquadrare alle sue performances tra l’arte e la politica.
Ma soprattutto leggete o rileggete Un ragazzo all’inferno, viaggio allucinante in 19 istituti di rieducazione, libro curato dal giornalista Lamberto Antonelli e con prefazione di Marco Pannella (editore Roberto Napoleone) dove Mario racconta la sua esperienza di figlio di una prostituta che lo aveva affidato allo Stato e in quanto tale costretto a stare fino alla maggiore età negli istituti-lager dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia, in cui subì sevizie e torture, come accadeva a quasi tutti gli orfani accuditi in questi allucinanti luoghi di pre-reclusione.
Mario iniziò a uscire alla ribalta durante il movimento del 77, quando si inserì nella inclassificabile tribù degli Indiani Metropolitani, i quali – in ogni articolo o rievocazione “che si rispetti” – devono essere catalogati come l’ala creativa del movimento. Lo era, era una delle anime creative, ma essenzialmente quella psico- artistica del movimento. E per Mario Appignani, che iniziò a usare il nome di Cavallo Pazzo, fra provocazioni anarcosituazioniste e desiderio di essere ascoltato comunque fu la via giusta.
Non risparmiava gli amici, i quali comunque sino alla fine hanno continuato a finanziarlo nei limiti del possibile, visto che un lavoro a Mario Appignani era davvero difficile trovarlo. Rimase famosa una sua performance a un congresso dei radicali nel 75, allora alle prese con pochissimi finanziamenti in quanto esterni al Parlamento, in cui Mario accusò Pannella e gli altri di essersi intascati 500 milioni: ovviamente non era vero, ma parlò per 40 minuti alla fine anche di sè.
Nel grande caos del 77 la presenza di Cavallo Pazzo e degli Indiani Metropolitani, (non esattamente pacifisti nel senso che s’intende oggi) precorreva il culture jammin, il sabotaggio culturale anche degli idoli “alternativi”. Non esisteva pietà per nessuno, anche una rima di Montale o di Fortini poteva diventare uno scioglilingua ripetuto per ore trasformandosi in un mantra senza senso.
Ci racconta il sito ultimouomo.com: «Nel 1979 al Festival di Venezia interrompe la proiezione di un film statunitense vestito da indiano e urla: “Questo film è una porcata! It’s a pig movie! Non applaudite, per favore! Per voi il cinema sarà un altro Vietnam”. Poi si arrampica su un pennone e finge di pulirsi con la bandiera a stelle e strisce. Al Festival di Spoleto del 1980 rovina la prima dell’opera teatrale Il Lebbroso, diretta dal compositore Giancarlo Menotti. Entra sul palco travestito goffamente al posto del protagonista, fra lo stupore del pubblico e il panico degli attori. Poi, scappando, rovina sulla scenografia distruggendo il fondale. Allo stesso Festival, durante la notte, si intrufola nella stanza di Menotti e si fa trovare nel letto del celebre direttore con il suo pigiama indosso. Un giorno si mette in testa di pedinare Alberto Moravia per le strade del centro di Roma fino a Campo de’ Fiori dove lo raggiunge e gli dà uno schiaffo. Un’altra volta lo schiaffo lo prende da Amanda Lear dopo qualche parola di troppo».


Pippo Baudo era il suo presentatore tartassato preferito, interrotto in Mondovisione prima al festival del cinema di Venezia e poi a quello canoro di Sanremo. Però questa parte della storia la conoscono quasi tutti. Dunque per salutare Mario voglio invece raccontarvi l’ultima parte della sua vita in cui si dedicò alle invasioni di campo durante il sacro campionato di calcio di serie A. Lo fece fino agli sgoccioli dell’energia nel suo corpo. La performance di Mario era nota. Annunciava che ci sarebbe stato e c’era sempre. Quindi anche le forze dell’ordine lo sapevano. Dopo i primi trenta minuti lo stadio cominciava a invocare a gran voce Cavallo Pazzo, tifoso romanista, e lo fece anche in un celebre Brescia-Roma. Al quindicesimo del secondo tempo – nessuno sa come nè da dove – Cavallo Pazzo sbucò dalla parte opposta al corridoio degli spogliatoi. Ci provarono in tre a fermarlo: liscio, liscio e ancora liscio. Lo stadio era in piedi, la curva romanista applaudiva e nel momento in cui lo fermarono a centrocampo e iniziarono a picchiarlo risuonò per tutto lo stadio «Vola, Cavallo Pazzo vola …». La sua leggenda resta ben fissata nel tempo e nello spazio.

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

 

ciuoti

7 commenti

  • Grazie per questo ricordo dedicato a un personaggio di un’altra epoca!
    Seppure bimbo, io me lo ricordo (vagamente, of course) in azione negli anni ’80.
    Piccola mia postilla al pezzo: la curva della Roma lo incitava (quando invadeva i campi della Serie A) cantando “Vola Cavallo Pazzo vola…” (come detto nell’articolo) perchè riadattava il canto “Vola Tedesco vola…”, allora dedicato al centravanti giallorosso Rudi Voeller. Credo proprio fosse questo il motivo.

  • Amico Cucinelli, apprezzo questo tuo pezzo persino raffinato e con gli azzeccati richiami alla lingua lakota ( chi più tasunka di un ragazzo che scavalcava gli steccati di classificazione dedicati a un proletario povero per essere davvero “altro”, un altro sfuggevole e dinamitardo anche per la comprensione piena di un intellettuale come Pasolini. In effetti mai nome di battaglia fu più azzeccato per il mio compagno di vita di allora: Cavallo Pazzo. Ero io, un poco più giovane di lui, che dovevo galoppare per stargli appresso, e da “sporco borghese” di estrazione qual’ero io dovevo anche agli occhi del compagno pagare chissà quale pena atavica: non bastava essere rivoluzionario e alternativo e parecchio pazzo, anch’io ai suoi occhi ero colpevole e a volte non esitava ad infliggermi delle punizioni. A lui poi non interessava dare” cloro al clero”, come desideravo fare io, semplicemente perchè con il mondo pastorale e cardinalizio aveva un crudo rapporto vittima/carnefice e ci sguazzava ancora: voleva poi legare il suo nome ad un azione clamorosa con/contro il Papa, cosa che sfiorò in due occasioni.
    Preciso che tu fai riferimento al sito ultimo uomo.com, ma hai pescato in realtà interi brani e fatti vissuti tratti dal miei libri “la gara è truccata” (croce 2001) e “Assalto alla diligenza” (Memori 2008), quindi se ti va aggiungi questa precisazione. Vi lascio annunciando la quasi certa ripubblicazione dell’esaurito “Un ragazzo all’inferno” (Napoleone 1975) nella foto la bella copertina, se ne occuperà l’associazione in suo nome, il Circolo Cavallo Pazzo, a scegliere il nuovo editore ( il vecchio non esiste più da un pezzo, come per me non esiste più il valente Memori: il suo libro fu una sassata forte ma nonostante Pannella che sostenne il libro fino a un certo punto (senza strafare nonostante ne avesse scritto la prefazione) come se Mario fosse diventato difficile da gestire per gli stessi radicali della prima guardia, e i benpensanti cercarono di farlo passare sotto silenzio perchè era, oltre che duro, scandaloso ( il segreto del suo successo come contestatore fu sopratutto quello di essere maestro nel suscitare e dosare la componente scandalo impattante l’opinione pubblica, con il suo pubblico che gridava: “non fategli del male, su di lui non si può!”).
    Quindi Cucinelli, se vorrai, appuntamento nel 2025 ( a pandemie dimenticare si spera!) per il cinquantesimo anniversario della pubblicazione del libro del mio compagno di un tempo ( scrisse solo questo libro), sfortunatamente scomparso a soli quarantuno anni nell’anno del passaggio della Cometa Hale-Bopp (1996). Arrivederci.
    Marco Erler ( Nuvola Rossa)

    • Gianluca Cicinelli

      Caro Marco, carissimo Nuvola Rossa, che grande regalo mi hai fatto leggendo e commentando. Ti ringrazio per le precisazioni e mi scuso per le imprecisioni, dovute al tentativo di restituire il ritratto di un ribelle vivo e non di un’icona da mettere sulla parete come un poster senza più posteri. Certo che ci sarò nel 2025 e pure nel 2035 se la vita ce lo offre alla faccia del coronavirus. Contro i perbenisti oggi come ieri! Ti abbraccio.

      • L´abbraccio e´da me ricambiato con calore e viva sincerita´ per te che sei una persona profonda e odi la superficialita´ insita in gran parte di questi tempi di omologazione (fosse ancora vivo Mario li avrebbe sofferti e parecchio!). Se mi vuoi scrivere una mail alla mia email conosciuta sei il benvenuto. E se posso collaborare con Voi anche mi fara´ piacere. A Berlino ci sono ricerche da fare e tante cose da descrivere. Una capitale si puo´dire mai scontata, a volte, ma solo a volte, imprevedibile. Ci vivo da sette anni, nel mio destino aver fatto anche la controfigura di Tom Hanks. E´un mito, forse l´americano vivente piu´buono e straordinario, in lui rivedo dei valori positivi e di fratellanza in cui credeva Michael Jackson. Mario era morto da un anno, io nel 1997 volli Jackson come presidente onorario dell´associazione culturale che porta il Suo nome: Mario Appignani – Circolo Cavallo Pazzo.

        • Roberto Targani

          Cari fratelli,che piacere bere di nuovo acqua di fonte sorgiva.Senza mitizzare il non sense di Mario,io vi saluto dalla mia solitudine intellettuale.Non ho voluto mai dare fiducia a nessuno che non fosse un po’ “contrario” (nel senso lakota) da quando ho avuto il privilegio di vivere l’epoca di Mario.Un abbraccio a tutti e due da un muratore/filosofo.

    • Giuseppe detto Pino

      Ciao!
      La storia di Mario la conosco bene perché diventammo amici durante il periodo di ricovero al San Camillo di Roma dove ero in servizio dal 1988.

      Era un giovane anticonformista con l’animo innocente che in quegli anni si era dedicato anche all’arte pittorica e finché fu possibile gli portavo tele,colori e pennelli per dare sfogo alle sue fantasie.

      A natale regalava a tutti i degenti un panettoncino ed uno spumantino per brindare a mezzanotte con chi poteva.

      È stato un personaggio odiato da alcuni ma amato da tanti e sicuramente non è andato all’inferno!

  • Marco Silvio Erler

    Cari amici segnalo una cosa: l´Editore Curcio ha ristampato il mio libro ASSALTO ALLA DILIGENZA nel settembre 2020 con dei cambi veri e propri, modifiche e piccole correzioni che io ho apposto lavorandoci in luglio ed agosto al fine di migliorare la fruibilita´di due capitoli dell´opera. I cambi al testo sono stati accettati dall´Editore e trasferiti sulla carta stampata di questo nuovo conio stampato in settembre scorso che differisce dalle stampe precedenti (aprile e luglio 2018): IL PROBLEMA E´CHE NON HANNO CAMBIATO LA DICITURA FINITO DI STAMPARE CHE RESTA IMPROPRIAMENTE LUGLIO 2018. Allora amici tutti intervenuti in questa pagina, Cicinelli, Panicucci e Targani, aiutatemi. Fate sentire la vostra voce con l´attuale direttrice editoriale signora Anna Gentilini (a.gentilini@curcioeditore.it) scrivendogli che cosi´ non va proprio bene, che anche l´autore non riconosce le copie vecchie dalle nuove senza leggere all´interno, che questúltima definitiva edizione 9-2020 va distinta da quella 7-2018 con un tondino adesivo dorato applicato sulla copertina, e un timbretto chiarificatore da apporre (copia per copia saranno solo, credo, appena 250 queste ultime stampate) in quella ove e´rimasta la dicitura FINITO DI STAMPARE LUGLIO 2018. Ringraziandovi ricordo che la mia mail e´pubblica: marcoerler@hotmail.com

Rispondi a Marco Erler Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *