Lecce : carcere o cimitero?

di Vito Totire (*)

Certamente i comportamenti suicidari si verificano anche fuori dal carcere ma quello verificatosi a Lecce il 23 luglio ripropone interrogativi ai quali cercheremo di rispondere… benché la prima reazione umana ragionevole sarebbe lo sgomento e il silenzio a causa della reiterazione degli eventi e del senso di impotenza che questa ripetitività induce. Ma dobbiamo lottare anche per un futuro diverso e insistere su «quello che è giusto» (Alex Langer).

Allora :

  • troppo semplice definire l’evento del 23 luglio a Lecce un “suicidio”
  • si tratta di omicidio colposo o addirittura doloso? Verosimilmente è omicidio doloso nel senso della prevedibilità, della presenza di fattori di rischio “troppo” evidenti e della omissione di misure di prevenzione
  • Come abbiamo detto i suicidi avvengono anche fuori e a volte possono essere davvero difficili da prevenire ma in questo caso si sono evidenziati troppi fattori prognostici negativi concentrati sulla stessa persona, la cui azione simultanea e sinergica ha avuto l’effetto luttuoso che conosciamo, nonostante la giovane età del detenuto che avrebbe potuto essere un fattore protettivo;
  • Fattori di rischio: costrittività, sovraffollamento, evidenza di reazioni comportamentali negative e disadattamento alla condizione di vita carceraria, vissuto di umiliazione, disperazione e difficoltà nella capacità di “futurizzarsi”;
  • Ci chiediamo – come abbiamo fatto , anche con un esposto alla Procura di Bologna, per il “suicidio” recente di Stefano Monti – se il rischio suicidario è stato monitorato. Da chi? con quale valutazione conclusiva? e per quale motivo non è maturata la decisione di comminare una sanzione alternativa al carcere, nonostante gli orientamenti recentemente espressi dalla Cassazione ?
  • Infine la bomboletta del gas: non siamo così ingenui da ritenere che la custodia equivalga a prevenzione ma il possesso di mezzi con i quali si agiscono frequentemente condotte autolesioniste “facilita” la condotta; non si può dunque sottovalutare la decisione (presa da chi?) di lasciare in dotazione mezzi potenzialmente autolesivi il cui utilizzo depone invece, probabilmente, per una assenza di adeguata ed esaustiva valutazione del rischio
  • Quando poi la dotazione è la bomboletta del gas occorre un approfondimento: lasciarla in dotazione è un atto di fiducia della istituzione totale o un atto di opportunismo? Per opportunismo intendiamo che il carcere cerca di tamponare con la concessione delle bombolette la sua incapacità di rispondere a uno dei più elementari diritti della persona detenuta, sancito anche dall’ONU nel 1965: il diritto a consumare i pasti in normali refettori e non sulla branda di una cella sovraffollata
  • Infine l’uso della bomboletta è un suicidio o l’uso disperato, e degenerato in evento mortale, da parte di una persona detenuta e sofferente? è un “suicidio” oppure la ricerca di effetti “voluttuari”? dunque un sintomo comportamentale per rispondere a un disagio di cui il carcere non è in grado di farsi carico?

Bene ha fatto il sindacato Osapp a diffondere la notizia e a protestare per la pesante condizione di distress e di costrittività in cui versano i lavoratori penitenziari. Ha ragione questo sindacato a denunciare i rischi di scoraggiamento e di burn-out per i lavoratori. Tuttavia destinatario della protesta non può e non deve essere solo il Dap ma tutti i soggetti che avrebbero dovuto contribuire a concretizzare un piano di prevenzione e di vera vivibilità negli istituti penitenziari: i decisori politici ma anche gli amministratori regionali e delle Asl.

Viene in mente cosa è successo in Europa dopo la ondata di suicidi in una comunità come la coorte dei lavoratori di Telecom France, peraltro connotata da ben più bassi livelli di costrittività rispetto alla popolazione carceraria: è nato un importante processo penale e soprattutto è stato elaborato un piano di prevenzione.

Deve nascere un procedimento analogo in Italia per le carceri che eviti , sul piano della logica giudiziaria, l’approccio rigido della ipotesi di “istigazione al suicidio” ma che evidenzi il nesso causale tra condizione materiale e condotta suicidaria, tra condizione materiale e prevedibilità delle reazioni autolesive.

Il governo regionale pugliese e quello nazionale devono rispondere della tragica situazione delle carceri pugliesi: quello di Lecce è l’ultimo luttuoso evento di una serie così lunga da dover indurre un sentimento corale di vergogna in un Paese civile. I decisori politici devono rispondere alla opinione pubblica democratica e anche alla magistratura.

Un sentito messaggio di condoglianze ai familiari della persona deceduta il 23 luglio 2019 a Lecce e a tutte le persone che hanno vissuto con dolore questa ennesima morte annunciata.

(*) Vito Totire è medico psichiatra

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