L’economia di un Paese: efficiente o efficace?

di Andrea Mattarollo

EUROPA, MERCATO E PRINCIPIO DI REALTÀ’
Si ripete che dobbiamo accettare il “principio di realtà” delle «regole europee», del sistema di mercato globale che precarizza, riduce e peggiora drasticamente i servizi di Welfare e la presenza dello Stato nel sistema economico (di uno Stato dalla parte del cittadino e del suo benessere ovviamente, perché lo Stato continua ad essere presente ma con un ruolo oggi decisamente diverso).

Partiamo dalle PENSIONI: problemi tuoi se non ti sei garantito una pensione. Questo è brutalmente il succo del discorso di chi si attiene a questo “principio di realtà”. Se però milioni di persone si ritrovano (o sono destinate a ritrovarsi) con una pensione insufficiente – o nessuna pensione – questo problema non sarà destinato a essere (solo) un problema di quelle persone e dei loro famigliari ma diverrà importante per la stessa nazione. Crisi economiche unite a una diffusa e condivisa percezione di essere vittime di ingiuste sanzioni sono l’elemento perfetto per destabilizzare qualunque Paese. E’ successo in Germania nel 1933, in Italia nel 1922: sta succedendo oggi in diversi Paesi del mondo. Anche senza arrivare a evoluzioni politiche simili, comunque questi problemi sono destinati a ripercuotersi pesantemente su qualsiasi società: è un principio di realtà anche questo. Se non si affronta il problema, ad esempio delle pensioni,alla fine ricadrà sulla testa di (quasi) tutti e comunque sullo Stato.
Idem per la sanità. Negli USA il fallimento della sanità privata che non riesce a curare tutte le persone si scarica su quella pubblica (che cura – e parzialmente – solo bambini e vecchi) oppure semplicemente le persone non si curano e spesso muoiono per queste mancate cure. Tutto a posto?

Mettiamoci anche questo: la CE ha impiegato più di 3000 miliardi di euro solo per fronteggiare la crisi dal 2007 al 2009 (https://urly.it/3aa8). Le risorse c’erano e continuano a esserci ma non vengono utilizzate a favore dei cittadini.

NON ESISTONO PASTI GRATIS
Altro strombazzato principio di realtà: «non esistono pasti gratis» (Milton Friedman, economista neoliberista). Ma la realtà ci mostra una cosa diversa, ad esempio che i conti non sempre devono tornare: per gli USA non c’è pareggio di bilancio, il debito continua a crescere e si continua a stampare moneta. E’ uno degli effetti a lungo termine di Bretton Woods, quando – contro la determinazione di Keynes che aveva proposto una moneta virtuale, il bancor, per il pagamento nelle transazioni internazionali – gli USA riuscirono a imporre il dollaro, così confermandosi dominus economico mondiale tanto da poter permettersi di operare in pratica senza vincoli di bilancio. Ma se il principio (nessun pasto è gratis) in sè è stato ampiamente smentito (da Keynes, ma persino da ricerche recenti di esponenti neoliberisti: https://keynesblog.com/2012/02/23/il-pasto-gratis-di-keynes) anche l’esperienza quotidiana a suo modo ce lo fa intuire: siamo circondati da strutture e beni, spesso molto antichi e che non percepiamo, a cui non abbiamo contribuito in nessun modo: città, strade, boschi, sistemi industriali e agricoli ecc. Eppure ne fruiamo gratuitamente da sempre. Consiglio a questo proposito la lettura di «Il capitale quotidiano, Un manifesto per l’economia fondamentale» (https://www.donzelli.it/libro/9788868434861).

IL DEBITO
Un altro principio di realtà ci mostra, che “l’economia di strada” – quella secondo cui uno Stato, come un’impresa e una famiglia, può disporre solo di ciò che ha messo da parte e se ha un debito prima o poi lo deve pagare – è una invenzione retorica per mettere al proprio posto gli Stati e i gruppi sociali recalcitranti alle politiche economiche dominanti.

Perché? Intanto perché il debito non è mai un problema esclusivo del debitore: se il debitore non è in grado oggettivamente di far fronte al debito, se il creditore ha prestato incautamente il suo denaro eccetera. Anche per la legge italiana un prestito dato a usura non ha piena validità giuridica.
Ma la situazione cambia ancor di più quando guardiamo agli Stati: qui entrano in campo altre variabili, ad esempio elementi di interesse politico e strategico: l’FMI ha recentemente deciso di sostenere uno Stato con inflazione alle stelle – come l’Argentina – o con un’economia disastrata, come l’Ucraina, per interessi geopolitici evidenti). Se c’è qualcuno che non ha mai pagato e non ha nessuna intenzione di pagare il proprio debito, questi sono proprio gli Stati egemoni, come gli USA, il cui motto è “il denaro non conta” e lo hanno dimostrato almeno dagli anni ’60, quando hanno risposto alle pretese di De Gaulle di restituire in oro le valute in dollari possedute dalla Banca centrale francese mettendo fine alla convertibilità oro/dollaro.

DAGLI USA A CASA NOSTRA
Tornando alle cose concrete, cioè pensioni e sanità. Si può dire che un sistema sanitario come quello USA è «efficace»? Certamente no, perché non presta le dovute cure ai suoi cittadini, anche se il sistema economico avrebbe ampiamente le risorse per farlo. Anche il sistema sanitario italiano – incredibilmente meno costoso e decisamente più efficace in questo senso di quello USA – è stato ripetutamente manomesso in questi anni, ha perso capacità ed efficacia in modo inversamente proporzionale alla crescita della sanità privata: ma questo processo ha portato a un miglioramento complessivo della salute degli italiani? Non lo so ma sono molti gli indicatori che ci dicono di no.

Idem per il sistema del lavoro e quello pensionistico: la fine dello Stato imprenditore praticata a partire dagli anni ’70, la privatizzazione delle aziende pubbliche, le liberalizzazioni iniziate negli anni ’90, la trasformazione in senso liberista del mercato del lavoro e del sistema pensionistico ha migliorato la situazione delle famiglie e delle persone? Fosse così non avremmo il governo che abbiamo adesso; comunque la risposta è un no deciso.

Provvisoria conclusione: se la SINISTRA non sarà in grado di trovare risposte EFFICACI a queste necessità lo farà (o non lo farà) qualcun altro, nel bene o nel male.

Bibliografia minima
Massimo Amato, Luca Fantacci
«FINE DELLA FINANZA»
Donzelli

Federico Caffè
«IN DIFESA DEL WELFARE STATE»
Rosenberg & Sellier

 

Redazione
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3 commenti

  • Sintetico e diretto. Complimenti Andrea Mattarollo.

  • UN post che cerca di stare aderente alla realtà, senza peccare di realismo ideologico. Il passaggio alla richiesta politica alle sinistre è un po’ brusco, ma pertinente. Non so se sarà ascoltato. Pensioni e sanità certo ormai sono i noccioli duri della nostra vita, e ogni persona di buon senso dovrebbe essersene accorta. Non dimenticherei l’istruzione, tema sul quale basta leggere roars o meglio ancora RETE29APRILE.IT
    Il problema però è anche nei significati: cosa considera la gente “stare bene”, “essere curato”? a volte la gente è così indottrinata dalla pubblicità e dalle retoriche che preferisce ospedalizzarsi che prevenire, o curarsi “meglio” di come si fa. Vale anche per la scuola: cosa è una buona educazione? a volte la gente preferisce una pessima scuola basta che non ci siano extracomunitari piuttosto che una scuola attiva e di ricerca….. la quale a sua volta ormai è difficile da trovare. Bravo Andrea Mattarollo, che riflette da uomo libero.

  • Andrea Mattarollo

    Care amiche (che coincidenza: 2 persone coinvolte nello studio delle culture altre), grazie.
    E’ vero Nadia Breda: il problema è nei significati. E quindi nell’autorità, quella che decide cosa significa una cosa. C’è un bellissimo pezzo in Alice allo specchio di Carrol dove si comprende bene la confusione che nasce nelle persone quando si rendono conto improvvisamente che non c’è niente di scontato nelle parole.
    Oggi siamo completamente immersi in questa questione: penso alle cosiddette fake news, ai discorsi sulla scienza e sulla medicina e così via.
    Ma rimaniamo al welfare: pochi si rendono conto oggi cosa sta dietro a questa parola.
    Non è una questione solo linguistica: ad esempio per Caffè il welfare non era solo un sistema etico di redistribuzione delle risorse, e nemmeno un lusso che possono concedersi solo le società del primo mondo, ma il sistema più efficace – proprio perché funziona!- per garantire che una società si mantenga aperta, democratica, assicurando ai propri cittadini una libertà che nessuna società ha mai potuto permettersi nel passato.

    Non è una “concessione” (proprio come il cosiddetto “reddito di cittadinanza”), ma un requisito da costruire attraverso un processo politico e culturale di emancipazione dei cittadini: un processo attivo e non calato dall’alto.

    Tutto il contrario di quello che oggi viene proposto oggi dal pensiero economico: modelli statistici fondati su un’idea di equilibrio omeostatico da 40 anni alla continua ricerca degli elementi che impediscono di raggiungere l’equilibrio per liquidarli (con la complicità dei governi e del sistema politico) : sindacati, partiti fuori dal coro, ma anche denigrazione di tutto quanto è “pubblico” per convincere la massa delle popolazioni che è inefficiente, corrotto e insostenibile “per natura”, al contempo demolendolo e rendendolo sempre più inefficace, producendo i presupposti economici e culturali per renderlo sempre più corrotto e odioso.

    Questo pensiero economico (neoclassico, neoliberista, monetarista, del “nuovo consenso” neoglobalista) oggi ha visibilmente fallito su tutti i fronti, tranne quello fondamentale che lo mette al sicuro da ogni possibile caduta: non esiste un pensiero alternativo che possa contrastarlo.

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