L’esordio di Paolo Zucca

di Ignazio Sanna (*)

«L’arbitro» (2013: http://www.youtube.com/watch?v=B5wbwJUty7w), lungometraggio d’esordio del regista oristanese Paolo Zucca, presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, è un film dalle diverse peculiarità.

La prima è che è girato interamente in bianco e nero (per cui non si vede che l’Atletico Pabarile sfoggia una sciccosissima ‘camiseta brasileira’ verde-oro). Il regista spiega questa scelta come un modo per rendere meno scontata l’ambientazione agro-pastorale sarda: l’assenza del colore rende l’angolo di Sardegna in cui è ambientato, l’oristanese, un territorio aspecifico, genericamente sardo, e dunque tanto più universale quanto meno locale.

La seconda è che è stato tratto dall’omonimo cortometraggio del 2009, vincitore di diversi premi fra cui un David di Donatello. Mentre quest’ultimo era stato firmato dal solo regista, la sceneggiatura del film attualmente nelle sale è frutto della collaborazione dello stesso Zucca con la scrittrice Barbara Alberti. Il corto (15 minuti) si differenzia dal fratellastro per la totale sostituzione del cast: nel lungometraggio spicca fra gli altri attori la stella Stefano Accorsi, nella parte che dà il titolo al film.

La terza è la sua struttura narrativa, che potremmo definire “a convergenza parallela”, per citare un famoso neologismo concettuale della politica italiana di qualche decennio fa. Si parte infatti con le vicende di un arbitro di calcio in rampa di lancio verso le più alte vette della sua carriera, alternate a quelle di un campionato sardo di terza divisione, in cui lo scalcinato Pabarile perde partite a ripetizione. Nel finale il percorso dell’arbitro Cruciani incrocerà, senza mai intersecarlo veramente, quello del Pabarile e del Montecrastu, la squadra sempre vincente dell’arcigno proprietario terriero nonché calciatore Brai, nella partita decisiva del campionato. Costui, interpretato da un eccellente Alessio Di Clemente, capace di sembrare un sardo autentico, è un cattivo/cattivissimo degno del miglior spaghetti western, che nonostante tutto ci tiene a rispettare le regole.

Uno dei punti di forza del film è il cast, veramente di grande livello. E non solo per la presenza di Accorsi, che fa la sua parte egregiamente, o di Francesco Pannofino, uno dei migliori doppiatori italiani riscoperto tardivamente come attore (e che attore!) grazie alla serie televisiva «Boris» (http://www.youtube.com/watch?v=doOSEmfj7CI), una delle poche produzioni televisive capaci di non far venire il latte alle ginocchia al malcapitato spettatore. Ma soprattutto per un anziano outsider come Benito Urgu (http://www.youtube.com/watch?v=2XpiEc8mVrI) – allenatore del Pabarile e padre di Miranda – che purtroppo è stato sfruttato poco e male dal cinema e dalla tv, forse anche per colpa sua, nonostante abbia la rara fortuna di essere nato comico: vale a dire, non uno dei tanti mestieranti più o meno accettabili, ma un grande comico, nel solco della tradizione di un Petrolini o un De Curtis, e scusate se è poco. Che dire poi di Geppi Cucciari (Miranda) da Macomer, già vista in «Grande, grosso e Verdone» (2012) e Jacopo Cullin (il campione sardo-argentino Matzutzi) da Cagliari? Tutto il bene possibile, e anche qualcosina di più. In particolare quest’ultimo dà una ennesima dimostrazione del suo versatile talento. Si mettano a confronto a questo proposito due video molto diversi tra loro, con il nostro eroe come protagonista: http://www.youtube.com/watch?v=tp3iqy7EwLwhttp://www.youtube.com/watch?v=omm9psOKC6s.

Meritano comunque una citazione anche Marco Messeri, uno dei migliori attori non protagonisti degli ultimi decenni, nella parte del dirigente arbitrale che sostiene Cruciani, e la sorpresa Quirico Manunza, che interpreta ottimamente il ruolo dell’allenatore prestanome, che si chiama come lui, intrigante e un po’ vigliacchetto, del Montecrastu.

Il lato più debole della storia, se vogliamo, è il ricorso allo stereotipo del trasferimento punitivo in Sardegna, che se poteva avere un senso fin quasi alla metà del secolo scorso, quando la malaria imperversava e i trasporti erano complicati, oggi non ne ha più alcuno. Tutti sanno infatti come attualmente il cagliaritano e altre zone della Sardegna ospitino un numero sempre crescente di immigrati dall’Italia e dall’estero, e non mi riferisco solo ai calciatori del Cagliari che conclusa la carriera decidono di restare e tantomeno a certi cosiddetti VIP, che se andassero altrove sarebbe certamente meglio.

In conclusione, un film più che dignitoso che, se paragonato a certa spazzatura pseudo-cinematografica italiana (alla «Notte prima degli esami») può sembrare addirittura un capolavoro.

(*) Ottavo appuntamento con la rubrica «L’isola del giovedì: cinemanonsolo» dove Ignazio Sanna racconta e racconterà cosa accade sulla scena sarda con un occhio agli altri universi. Settimanale o magari quattordicinale ma sempre di giovedì; ovviamente sono gradite le segnalazioni, potete inviarle qui o direttamente a Ignazio.

Del film di Paolo Zucca si è già parlato qui in blog – inaugurando la rubrica «il cinema di Ismaele» –  pochi giorni fa. (db)

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Un commento

  • Concordo in piedo sull’apprezzamento sia su Francesco Pannofino (che ho potuto apprezzare anche nel mai distribuito forse “L’uomo fiammifero” di Marco Chiarini) sia sul talento dei sardi Benito Urgu e Geppi Gucciari, a prescindere dal film “L’arbitro” che ancora non ho avuto modo di vedere… Senza dubbio questo articolo ha aumentato la mia curiosità! Geppi Gucciari ho avuto modo di vederla per anni anche nella sitcom (ambientata nel carcere di San Vittore) “Belli dentro” oltre che seguirla su Zelig e ammirarne le copertine create per “Le invasioni barbariche” di Daria Bignardi.
    In merito al “ti mando al confino in Sardegna” anacronistico, purtroppo permane… In tanti sono convinti di precipitare nel bel mezzo dell’arretratezza culturale e in quasi totale assenza di connessioni internet, se non proprio in mezzo a uno stazzo con le pecore brucanti…
    E’ una questione di…fossilizzazione di pregiudizi storici. Più o meno equivalente al mito del ricco e super-efficiente Nord-Est: laddove in realtà l’industria muore( vittima della dislocazione opportunistica delle aziende laddove si può pagar meno manodopera e filiera), la disoccupazione giovanile e di ritorno è altissima con il 70% del lavoro in nero, progetti di riqualificazione pressocché inesistenti e scarse o totalmente inesistenti tutele per i senza reddito tipo: sostegni economici mensili ai disoccupati, internet point gratuiti, sportelli di orientamento per il lavoro… La verità è una faccenda complicata… In molti casi poi, va addirittura in conflitto con le manovre di plagio ideologico politico atte a fuorviare e a sedare le coscienze dei cittadini assolutamente NON propensi a pensarsi in una realtà NON territoriale chiusa.

Rispondi a Rossana Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *