L’establishment contro Corbyn

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ecco un articolo di Nicola Melloni (tratto da Micromega) su cosa sta dietro la sfiducia dei deputati laburisti a Jeremy Corbyn

 

Il primo effetto del referendum inglese è stato il tentativo di colpo di palazzo portato avanti dalla stragrande maggioranza dei deputati laburisti contro Jeremy Corbyn. In realtà, parlare di primo effetto è un poco fuorviante: la rivolta era stata organizzata nei minimi dettagli ben prima del referendum, e la consultazione popolare è stata usata come un puro pretesto per cercare di far fuori un leader inviso all’establishment.

Cerchiamo di fare chiarezza, distinguendo fatti e propaganda che, sapientemente orchestrata, rimbalza sugli organi di stampa anche nostrani. La vulgata che va per la maggiore è che Corbyn non si sia speso per il referendumche abbia addirittura sabotato il campo del Remain e che, dunque, la Brexit sia avvenuta per colpa soprattutto della dirigenza Labour. La grancassa è iniziata con agguati mediatici e la compiacenza di varie testate, da sempre intente a contrastare la svolta a sinistra del Labour.

I fatti dicono altro: è vero che Corbyn ha offerto un sostegno critico alla campagna del Remain, sottolineando come la UE abbia un bisogno inderogabile di riforme, ma è altrettanto vero che due elettori laburisti su tre hanno votato Remain, esattamente la stessa percentuale degli elettori dello Scottish National Party, la cui leader, Nicola Sturgeon, viene ora acclamata come campione dell’europeismo.

Certo, in larga parte del Nord post-industriale dell’Inghilterra, in quelle che una volta erano roccaforti del Labour, i lavoratori hanno votato per lasciare l’Europa. Difficile però incolpare Corbyn, come provano a fare i complottisti. E’, anzi, vero il contrario: il voto anti-europeista e il divorzio tra la working class e il partito laburista vengono da molto lontano: dagli anni ’80, quando i lavoratori britannici sono stati marginalizzati, ignorati ed impoveriti; e da quando il New Labour di Blair ha deciso di privilegiare gli interessi del Capitale, soprattutto finanziario, a scapito della classe operaia. E’ chiaro che il problema non è certo l’immigrazione ma la mancanza di ammortizzatori sociali, ma dato che tanto i Tories quanto il Labour pre-Corbyn nulla hanno fatto per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori e dei più poveri, questi hanno scelto il nemico più facilmente eliminabile: l’immigrato. Non a caso già alle scorse elezioni furono in molti a lasciare il Labour per lo UKIP di Farage.

A questa ondata xenofoba si sono ora uniti molti esponenti della fronda anti-Corbyn che pur dichiarandosi, per l’appunto, europeisti, se la prendono con la libera circolazione dei lavoratori, scavalcando a destra l’ala moderata dei Conservatori. Corbyn sembra invece l’unico a parlare un linguaggio radicale, a cercare di riconnettere il Partito con una base tradita e in libera uscita, criticando la UE e rompendo col neoliberismo senza cedere al razzismo e alla guerra tra poveri.

Non è dunque la Brexit il motivo della rivolta dei deputati laburisti…

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redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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