L’eterno genocidio armeno

una scheda di Sonya Orfalian e Daniele Barbieri (*) A cent’anni dal genocidio degli armeni in Turchia: un percorso di informazione e riflessione, ottavo post (**)

Armeni-Aleppo1915

Nel 2012, su decisione dell’Unesco, Yerevan fu la capitale mondiale del libro. Fu il riconoscimento a una città di grande cultura ma anche l’opportunità di raccontare l’intensa, tragica storia del popolo armeno e, per noi, i legami antichi e persistenti fra questo Paese e l’Italia. Si era appena chiusa a Venezia la mostra «Armenia: impronte di una civiltà» che fra l’altro celebrò il 500° del primo libro in lingua armena, stampato proprio a Venezia. Intanto a Yerevan si inaugurava il nuovo Matenadaran, la biblioteca più importante d’Armenia. In programma mostre, concerti e conferenze anche nei luoghi della diaspora armena, esito diretto del genocidio del 1915, il primo del XX secolo.

Le complesse vicende di questo popolo hanno una lunga storia. Fin dall’inizio del XVI secolo l’Armenia si trovò divisa fra due Stati musulmani nemici: l’Impero ottomano e la Persia. Tre secoli più tardi le armate russe raggiunsero il Caucaso e conquistarono gran parte dell’Armenia persiana. Da allora si è soliti distinguere fra Armenia occidentale (all’interno dell’Impero ottomano) e Armenia orientale (il territorio conquistato dai Russi che coincide a grandi linee con l’attuale Repubblica d’Armenia).

A inizio ‘900 per i nazionalisti turchi gli armeni diventano “un pericolo”: parlano una lingua diversa, sono cristiani e socialmente influenti. Fra il 1915 e il 1917, in piena guerra mondiale, il movimento dei Giovani Turchi decide di deportarli in massa: tra marce forzate, stenti e massacri. Un milione e mezzo di armeni viene sterminato nel corso del Metz Yeghern (il «Grande Male», così gli armeni lo definiscono).

Il destino dell’Armenia orientale si compie invece nel 1936, con la Repubblica socialista sovietica d’Armenia. Dopo il crollo dell’Urss questa “piccola” Armenia, circa tre milioni di abitanti, dichiara l’indipendenza. Ma gli ultimi anni sono senza pace: prima un lungo conflitto con il confinante Azerbaigian, poi governi autoritari che scatenano dispute interne e nuovi profughi.

L’ombra del genocidio turco continua a pesare sulla storia armena: la Turchia non ha ancora riconosciuto le sue responsabilità e ancora oggi chi parla di massacri rischia il carcere e addirittura la vita, come il giornalista armeno Hrant Dink assassinato nel 2007 a Istanbul. Nella Francia che accolse mezzo milione di armeni scampati al genocidio, nel gennaio 2011 è stata votata una legge che, come per l’Olocausto degli ebrei, considera reato la negazione del genocidio del 1915. Ma la Corte Costituzionale francese bocciò quel testo, con grande soddisfazione del governo turco che aveva minacciato ritorsioni. Tuttavia la battaglia civile e culturale per il riconoscimento del genocidio armeno prosegue in tutto il mondo.

Perché l’Unesco scelse Yerevan come capitale mondiale del libro? In primo luogo per la qualità del progetto e del programma che coinvolgeva in particolare i bambini, lettori e autori del futuro. Ma anche per l’importanza storica di questa cultura. Dall’ originalità dell’alfabeto armeno creato nel V secolo al culto del manoscritto e al “virus” culturale che caratterizza questo popolo nei suoi contatti con il mondo: i mercanti armeni prima e la diaspora poi furono mediatori culturali di altissimo livello e il libro a stampa – da Amsterdam a San Pietroburgo, da Madras a Venezia – fiorì grazie alla presenza di queste comunità.

Piccola bibliografia
Janine e Vahram Altounian, «Ricordare per dimenticare (Il genocidio armeno nel diario di un padre e nella memoria di una figlia)» Donzelli, 2007
Antonia Arslan, «La masseria delle allodole», Rizzoli, 2007
Fethiye Cetin, «Heranush, mia nonna», Alet, 2007
Gérard Chaliand, «Memoria della mia memoria», Argo, 2003
Hrant Dink, «L’inquietudine della colomba», Guerini e Associati, 2008

Marcello Flores, Il genocidio degli armeni, Il Mulino, 2006
Mark Mustian, «La memoria del vento», Piemme, 2011
Sonya Orfalian, «La cucina d’Armenia (Viaggio nella cultura culinaria di un popolo)» Ponte alle Grazie, 2009

Gilbert Sinoué, «Armenia», Neri Pozza, 2011

Yves Ternon, «Gli armeni:1915-1916» (Il genocidio dimenticato) Rizzoli, 2003
Marco Tosatti e Flavia Amabile, «I baroni di Aleppo», La Lepre, 2009

Daniel Varujan, «Il canto del pane», Guerini e Associati, 199

RICORDO CHE STASERA (ore 21) su Radiotre c’è «L’Eclisse»: un “melologo” di Sonya Orfalian. Nel giorno della commemorazione internazionale del centenario del Genocidio degli Armeni, Radiotre manderà in onda, in prima assoluta e in diretta dalla Sala A di via Asiago a Roma, un melologo di Sonya Orfalian, scrittrice e figlia della diaspora armena, nell’interpretazione di Maria Paiato e dell’Anahit Ensemble. A seguire, riflessioni e testimonianze con la partecipazione di Sargis Ghazaryan, Gianni Bonvicini e Manuela Fraire. Conduce Annamaria Giordano.
diretta in streaming:
http://www.radio3.rai.it/dl/portaleRadio/media/ContentItem-34d375c0-fa49-4fcc-a098-cf951b49d99e.html
«Ho scritto L’Eclisse avendo in mente e nel cuore la ricorrenza del centenario del genocidio del mio popolo. E’ un testo pensato per una voce sola – quella dell’attrice Maria Paiato – ma che al tempo stesso evoca e sovrappone una moltitudine di voci: sono le voci dimenticate, quelle di chi è dovuto soccombere, e le voci della testimonianza, i sussurri di chi è riuscito a sopravvivere all’orrore senza fine e ha cercato di opporsi al silenzio crudele della Storia. L’Eclisse ripercorre, assieme alla storia degli Armeni e del loro olocausto, le intermittenze espressive di una tradizione antica e i miti di creazione del cosmo culturale armeno, componendo in un affresco comune la storia e la mitologia, la memoria e il sogno, il linguaggio della fiaba e quello della realtà più cruda. Le musiche che attraversano il testo – eseguite dall’Anahit Ensemble – sono opera del compositore e musicologo armeno più venerato in patria e nella diaspora, Soghomon Soghomonian, più conosciuto come Komitas. E la storia stessa di Komitas si identifica con il genocidio degli Armeni: era il 24 aprile del 1915 quando il governo dei Giovani Turchi diede ordine di arrestare e in seguito eliminare tutti i circa duecentocinquanta intellettuali e notabili armeni di Istanbul, cancellando in tal modo i referenti civili e religiosi degli armeni della città e dando così il segnale d’avvio dello sterminio di massa. Komitas fu tra questi martiri».(Sonya Orfalian)

(*) Questo articolo è stato pubblicato il 7 luglio 20212 sul supplemento libri del quotidiano «L’unione sarda». Qui in blog trovate anche la mia recensione a «La memoria del vento», romanzo di Mark Mustian citato nella bibliografia. (db)

(**) Dal 17 aprile ogni giorno (alle 16) troverete qui in “bottega” un post sulla storia armena, sul genocidio del 1914, sulla diaspora, sui nodi storici che pesano sull’oggi. E’ il contributo della nostra piccola redazione per far sì che il ricordo non duri un giorno o una settimana… come spesso accade nelle commemorazioni ufficiali. Abbiamo disegnato, attraverso una dozzina di post, un affresco che pensiamo possa essere utile. Se qualcuna/o vuole aiutarci ad allargarlo, a proseguirlo… benissimo, si faccia sentire.

 

Redazione
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