Lettera a Fausto Coppi e a Giulia Occhini

di Maria, «classe 1926» (*)

Egregio signor FAUSTO,

mi permetta di chiamarla amichevolmente per nome talmente Lei è famigliare a casa mia ma non oso il «tu», sarebbe troppo, perché LEI è in alto tra i miti e ai miti si deve portare rispetto.

Io ho sempre seguìto le sue corse e le sue vicende perché mi hanno davvero appassionata.

Però le seguivo da donna, anzi da casalinga, madre e moglie e si sa che le donne non possono perdere tempo perché hanno sempre troppe cose da fare. Rifare i letti, preparare i figli per la scuola, la pulizia, la spesa, il pranzo, i compiti e in un piccolo paese di campagna anche la stalla. Insomma mille faccende. In più in quel dopoguerra non c’erano tutte le comodità che ci sono oggi, per cui si doveva faticare tanto e le assicuro che alla sera davvero eravamo sfinite da cadere dalla stanchezza. Macché frigorifero, lavatrice, lavastoviglie,televisore, aspirapolvere!

Tutto di là da venire.

Ma la radio, quella sì che c’era. Presente in quasi tutte le case nel dopoguerra e allora:

giornale radio, commedie, la santa messa, il festival di Sanremo, le dirette del calcio con Nicolò Carosio, le immancabili e seguitissime cronache dal Giro d’Italia con Mario Ferretti che raccontava di strade malmesse piene di buche e di bici che pesavano come quei sassi che si dovevano schivare, di corridori ancora con le mani callose da contadini, di fatiche e di lacrime. Pura poesia, distillato di immenso, come ascoltare le liriche di un poeta!

Era una festa sentire la descrizione dei suoi attacchi in salita e quel «UN UOMO SOLO E’ AL COMANDO, LA SUA MAGLIA BIANCO-CELESTE, IL SUO NOME FAUSTO COPPI». Un fremito di gioia! Ed io ero con Lei lassù sulle cime del PORDOI o sull’ IZOARD nei giorni di neve o con l’afa che tagliava il respiro. Per me però tutto questo restava in sottofondo; non potevo fermarmi finché ascoltavo la cronaca. Certo sceglievo in quell’oretta di collegamento i lavori che mi consentissero di stare nei paraggi della radio collocata in un angolo della cucina. Cercavo, di non fare troppo rumore e tendevo gli orecchi per bene. Anche le pentole sul fuoco a cucinare facevo in modo che non borbottassero troppo e per questo abbassavo al minimo la fiamma del gas. Per risparmiare mi giustificavo, quasi vergognandomi di ammettere la mia distrazione dai soliti impegni.

E stranamente quando lei ci esaltava e ci faceva orgogliosi di essere italiani anche il nostro asino col suo raglio pareva festeggiare. Allora in fretta dovevo zittirlo.

Ma in quell’Italia povera e disgraziata uscita dalla guerra con le ossa rotte si poteva anche sognare e costava poco. Anzi era il costo di una rivista che io acquistavo risparmiando sulla spesa e vendendo qualche uovo delle mie galline. Compravo «GRAND HOTEL» abbastanza regolarmente, costava 15 lire, era pieno di storie illustrate.

Lo acquistavo, lo leggevo poi lo rileggevo pagina per pagina, quasi carezzandole e annusavo quel profumo di carta e d’inchiostro così diverso dai soliti fastidiosi odori di casa, di minestre sul fuoco, di saponi scadenti e di sacchetti di lavanda per profumare la biancheria.

Gli articoli che la riguardavano signor FAUSTO, credo che se frugassi un po’ nella mia memoria ormai frusta ne ritroverei dei bei pezzi.

Mi appassionavano sicuramente le sue gesta sportive, quell’andare su leggero come un AIRONE, quando gli altri corridori sputavano sangue e la fatica tagliava loro le gambe. Meraviglioso!

Ma prima di tutto ero interessata alla sua vita privata, ai suoi sentimenti, alle sue vicende umane.

La morte di SERSE nel ’51, i vari incidenti, il massaggiatore cieco CAVANNA, e soprattutto la sua vicenda con la signora GIULIA OCCHINI, la «DAMA BIANCA».

Però che fastidio mi dava quel bollo quasi infamante di DAMA BIANCA e quegli articoli scandalistici che frugavano crudelmente nelle vostre intimità! Certo i giornali ne godevano, affondavano il coltello nella piaga e ne traevano giovamento in copie vendute.

Per me invece la sua donna era semplicemente la signora GIULIA. Una donna sposata con figli che si era innamorata tra l’altro dell’idolo del marito, il dottor LOCATELLI di Varese suo fan appassionato.

Perché signor Fausto in quegli anni nel mio paesetto del profondo Veneto agricolo e ancora arcaico, guai per una donna separarsi, impensabile; guai a sposarsi incinta. E guai a non poter avere figli: «sterpa» (sterile), la marchiavano a fuoco, neanche fosse una vacca. Guai a comportamenti che dessero scandalo. Bastava un’occhiata furtiva o il solo indugiare con un uomo per un attimo a scatenare le malelingue ed essere per sempre una poco di buono e una rovina-famiglie.

Voi invece caro signor FAUSTO e signora GIULIA con la vostra vicenda anche dolorosamente e coraggiosamente vissuta avete dato un senso di libertà e una boccata d’aria nuova a quegli anni bigotti e stantii.

Avete tracciato la strada nuova verso una liberazione che avverrà non senza lotte e dolori negli anni a venire.

Avete vissuto cari GIULIA e FAUSTO il vostro AMORE e la vostra passione alla luce del sole, contro tutto e tutti compresa la Chiesa che con il papa ne aveva fatto pubblica reprimenda, contro i preti che dai pulpiti tuonavano come temporali contro la vostra “scandalosa” passione.

Avete dato un calcio all’ipocrisia, all’italietta delle case chiuse, dei film censurati, degli aborti in casa consumati nelle stalle, dei calendarietti di donnine distribuiti dai barbieri di nascosto, dei preti troppo rigidi, dei matrimoni vissuti nella costrizione, delle donne usate come animali.

Con voi l’Italia ha imboccato la strada del futuro.

E avete pagato tutto troppo caro.

Lei signor FAUSTO se n’è andato troppo in fretta appena compiuti i quarant’anni per una malattia banale e curabile con un po’ di chinino e lei signora GIULIA è finita perfino in carcere sola e desolata e per partorire il figlio vostro avete dovuto scappare in Argentina. Quasi foste delinquenti della peggior specie.

Io in quei giorni andavo a far qualche preghiera davanti al capitello della madonnina che sta poco distante da casa mia; e proprio lì, lei signor Fausto, era stato immortalato da un fotografo durante un Giro. Ne conservo ancora con cura la foto.

Allora FAUSTO e GIULIA dico grazie.

Grazie signor FAUSTO per essere stato un UOMO prima di un campione e grazie signora GIULIA per essere stata una DONNA che ha amato al di là delle convenzioni.

La nostra libertà la dobbiamo sicuramente anche a VOI.

Ancora mi capita, ora che sono in là con il tempo, di sfogliare qualche vecchio «GRAND HOTEL» di quegli anni. Mi fanno compagnia, ora che sono sola. Il profumo non è più quello di un tempo e le mie mani ormai tremano un po’. Li sfoglio lentamente e ancora mi sorprendono e mi commuovono. Le immagini mi appaiono sbiadite, anche gli occhi ormai mi tradiscono, ma lo stesso mi pare di tornare a quegli anni, al profumo di libertà che ci avete insegnato. E quelle pagine diventano ali che mi portano lontano accanto all’AIRONE che con la BIANCHI scalava il mondo e il cuore di tutti.

E mi sa tanto che vi ritroverò presto, tra quelle vette che toccano il cielo. Allora a presto.

(*) da Chiuppano attraverso Maurizio Boschiero, il genero di Maria

 

Giulia Occhini è morta il 6 gennaio 1993; Fausto Coppi era morto molti anni prima, il 2 gennaio 1960.

Del “campionissimo” abbiamo scritto qui : L’ultima fuga di Fausto Coppi

 

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

 

 

 

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Un commento

  • maurizio boschiero

    mia suocera Maria Marioni classe 1926 di Chiuppano Vi aveva vissuto una storia simile a quella di Fausto Coppi e di Giulia. Si era messa con un uomo in quel momento non libero e…nel veneto di quei duri e affamati anni ’50 non era proprio facile. Mi raccontava questa storia e le sarebbe piaciuto scrivere una lettera a Fausto e alla signora Giulia. Il loro esempio le dava coraggio. Mia suocera è mancata nel 2004 e io come le avevo promesso ho scritto questa lettera a suo nome. Quest’anno tra l’altro sono 60 anni dalla morte di Coppi e il 2019 era i centenario della sua nascita.
    Grazie per l’attenzione Maurizio Boschiero Chiuppano Vi

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