LETTERA DI DIMISSIONI (dal genere maschile)

di Marco Cinque
Caro uomo, tu
che esprimi indignazione
per ogni sopruso consumato
contro una donna, una madre
una sorella, una bambina.
Tu, caro maschio
che ti vergogni degli orrori
inflitti dagli altri maschi.
Tu mio fedele amico

che con le tue parole
vorresti cancellare ogni
violenza, ogni abuso

dove ti nascondi, dove sei?
Non ti sento, davvero.
Dov’è il tuo corpo, la tua carne
che dice “adesso basta”?
Tu mio inestimabile compagno
io non ti vedo se non
nel mondo delle tue intenzioni
ma il tuo atto di volontà
è come una carezza di pietà
un gesto senza profondità

un’onda mai arrivata
e sembra solo un altro modo
per lavartene le mani
come uno startene dentro
chiamandoti fuori.
Tu, caro uomo
mi deludi profondamente
mi costringi a non avere
alcuna fiducia in te.
Caro maschio, tu
che mi fai desiderare di
rifiutare il genere maschile
di ripudiare persino il giorno

della mia stessa nascita.
Tu caro amico, caro compagno
che credevo così diverso dagli altri
ma che in fondo stai sempre
così comodo nel tuo ruolo
e non sei disposto a rinunciarci
non vuoi ammettere responsabilità
in questa sconfitta umana
che sembra aver deciso
di lasciarci mostri cavernicoli
con le nostre pietre e le nostre clave
che hanno solo cambiato nome e forma.

Caro uomo, maschio, amico, compagno

tu che ti ritieni un essere intelligente
ma che continui ad accettare
l’ineluttabilità della bestia che è in te
non posso continuare a parlare
ancora con la tua ombra

a chiederti le ragioni
delle tue colpevoli assenze
e rifiuto quel buio in cui hai
scelto ostinatamente di abitare.
Non sai quanto dolore provo
a scriverti questo, ma tu
non mi lasci scelta ed io
non posso fare altro
che dimettermi

da te.

(*) Ricordo che qui, il sabato sera da molto tempo regna “cicala” con un suo spazio di poesie: ma è ancora in vacanza e quindi la sostituisco io [db]

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