L’Honduras sull’orlo della guerra civile

Gli hondureñi chiedono alla comunità internazionale di non riconoscere la frode elettorale

di Leonel Ayala (*)

Non era un segreto per nessuno che il Tribunal Supremo Electoral (TSE) dell’Honduras avrebbe proclamato vincitore il candidato illegale e attuale presidente Juan Orlando Hernández (JOH), nonostante la richiesta del Segretario Generale dell’OEA (Organizzazione degli Stati americani) di astenersi da una dichiarazione del genere fino a quando la commissione di questo organismo non avesse presentato il suo rapporto sul processo elettorale del 26 novembre 2017.

Non era un segreto nemmeno che tale proclamazione significava accendere la miccia di un’esplosione di dimensione inaspettata; perfino i giornali controllati dal regime hanno pubblicato titoli e presentato immagini di un paese in fiamme per la protesta popolare contro la frode. Si sono contati 30 morti, 1.600 feriti, vari desaparecidos, banche e negozi incendiati e 95 blocchi stradali. Il combustibile scarseggia, sono apparsi squadroni della morte o gruppi paramilitari in stile colombiano, varie stazioni di polizia sono state incendiate e molti voci civili gridano di essere stanche di sopportare le atrocità della polizia e dell’esercito; l’ingovernabilità aumenta in tutto il paese.

San Pedro Sula, la “capitale industriale” della zona nord, è semiparalizzata da tre giorni: voli sospesi, compagnie di trasporto interurbano in sciopero, trasporto di merci a metà e chiusura delle zone di maggiore attività commerciale.

I rapporti dell’OEA e della commissione dell’Unione Europea hanno messo in evidenza la frode, mentre l’ambasciata degli Stati Uniti usa un linguaggio ambiguo e pare accettare il candidato scelto dallo screditato TSE.

Luis Almagro, Segretario dell’OEA, ha proposto l’annullamento delle elezioni; più di 250 accademici del continente e personaggi dalla riconosciuta autorità morale sostengono questa proposta, come unica via d’uscita dal conflitto e unico modo di evitare le gravi conseguenze di una guerra civile sempre più vicina, in risposta alla brutale repressione della protesta contro la frode elettorale. La Costituzione della Repubblica dell’Honduras prevede il diritto all’insurrezione se un governo usurpa la volontà popolare.

Gli hondureñi chiedono alla comunità internazionale e ai popoli fratelli di fare pressione su chi decide nei loro paesi perché non riconoscano JOH; queste azioni di solidarietà sono oggi più necessarie che mai, per  evitare il consolidamento di una dittatura che sta dissanguando terribilmente questa nazione impoverita e  causando grande dolore e sofferenza a un popolo che ha stoicamente sopportato tante ingiustizie.

Annullamento completo del processo, nuove elezioni precedute da un referendum in cui il popolo si pronunci a favore o contro la rielezione; in caso di vittoria del no, il Partido Nacional dovrà cercare un altro  candidato per elezioni da tenersi entro sei mesi, con un nuovo TSE e la sorveglianza di organismi internazionali.

(*) tratto da Pressenza

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