«Libera stampa in libero Stato»: il caso italiano in…

un documentario (guardatelo qui sotto) di Daniele Ceccarini e Paola Settimini. A seguire una noticina di db con invito a discuterne.

Nel 2016 in “bottega” abbiamo presentato il documentario «Libera Stampa in Libero Stato» di Daniele Ceccarini e Paola Settimini, già autori di «Tirreno Power, l’inchiesta giudiziaria e gli impatti del carbone» (vincitore del premio miglior documentario professionista al Video Festival di Imperia 2016). Questa la scheda; rileggetela tenendo in un angolo della mente la domanda: «tre anni dopo (circa) va meglio o peggio?».

La libertà di stampa è una delle garanzie che ogni Stato di diritto, assieme agli organi d’informazione dovrebbe garantire ai cittadini. Il documentario “Libera Stampa in Libero Stato” analizza la libertà di stampa in Italia, le difficoltà per blogger e giornalisti di fornire un’informazione libera e indipendente, far circolare le informazioni necessarie per capire e difendersi dai soprusi del potere. In un ritmo serrato, le drammatiche vicende di molti giornalisti, di piccole e grandi testate confermano l’allarmante situazione dell’informazione in Italia oggi. Non a caso, la classifica di “Reporter senza frontiere” colloca l’Italia al 77° posto nel mondo e all’ultimo posto in Europa.

Daniele Ceccarini, regista filmaker, e Paola Settimini, editrice, sono anche fondatori e autori di informazioneindipendente.com

In questi giorni Daniele Ceccarini e Paola Settimini hanno deciso di rendere visibile a tutti il loro documentario. Perciò prendetevi 45 minuti e guardatelo… sempre con una domandina in testa: «tre anni dopo (circa) va meglio o peggio?».

https://m.youtube.com/watch?v=ANRTgnbcJBA&feature=youtu.be&fbclid=IwAR3yRMvsbBogZL5ca8-SCqHHChHb6aDU43-0KcRbikmkA5-9sz83a-cELRM

UNA NOTICINA DI DB

La domanda: era «tre anni dopo (circa) va meglio o peggio?». Secondo me va molto peggio. Voi che dite?

Qui in “bottega” abbiamo raccontato del pazzesco processo di Conad (vuole un milione di euro) contro Davide Fabbri che ora è nel mirino anche di Amadori.

Fra i commenti al post Lavoro e sicurezza: Amadori querela c’era un comunicato che vale riprendere per intero.

Rifondazione comunista a fianco di Alessia Candito e di chi non si fa intimidire

Alessia Candito è una giornalista d’inchiesta che da anni scrive, sempre in maniera rigorosa, del malaffare che prolifera tanto nella sua Calabria che nel resto del Paese. Da rileggere soprattutto oggi un libro che ha pubblicato nel 2012 sugli affari illeciti attorno all’Expo di Milano. Nei giorni scorsi un documentato articolo della giornalista, in cui si ricostruisce nei dettagli, una galassia affaristica poco trasparente, ha fatto infuriare il deputato salviniano Domenico Furgiuele, che ne ha chiesto la rimozione. Il parlamentare ha affidato ad un avvocato tale intimazione perché nell’articolo incriminato ci si riferisce a responsabilità sue e di suoi familiari. Da notare che prima dell’emergenza covid 19 il parlamento stava lavorando attorno ad una legge sulle “querele temerarie”, quelle intimidazioni in carta bollata che si fanno pervenire a giornalisti per farli desistere da una inchiesta. Alessia Candito nella sua carriera ha più volte denunciato collusioni fra criminalità organizzata e potere economico o politico ed è considerata fra le croniste “a rischio”. Cosa ha da dire il Salvini che tuonava in campagna elettorale in difesa della legalità e che ha affidato la gestione del suo partito in Calabria ad un esponente lombardo ignorando il suo eletto locale? Rifondazione Comunista è al fianco di Alessia come di tutte/i coloro che oggi restano capaci di denunciare l’illegalità che si annida in tanti potentati, a Bergamo come in Calabria. Di questo giornalismo abbiamo tutte/i bisogno

Maurizio Acerbo Segretario nazionale

Stefano Galieni, responsabile comunicazione, PRC-S.E.

Bene hanno fatto Acerbo e Galieni a schierarsi con Alessia Candito e più in generale contro le «querele temerarie»; probabilmente non conoscono la vicenda Conad-Fabbri se no l’avrebbero citata.

Ma alla domanda «va meglio o va peggio?» non devono rispondere solo le forze politiche della sinistra ma in qualche modo tutte/i noi.

E se «va peggio» sarebbe il caso di aprire una discussione e organizzare una “controffensiva politica” non caso per caso ma su tutta la questione della libertà di informare ed essere informate/i.

Chi ha altre storie da raccontare? O proposte da fare?

LA VIGNETTA è di Mauro Biani. Vecchia ma purtroppo resta attuale… Cambiano i nomi, i luoghi e i modi però in Italia la repressione contro le libertà fondamentali (fra le prime ci sono informare e manifestare) non conosce pause.

 

Redazione
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