Liberazioni da celebrare e lotte per la liberazione

 1) la Comunità cristiana di base di S. Paolo aderisce al BDS

2) lettera aperta di Moni Ovadia al sindaco di Milano Sala su BDS e 25 aprile

 

Comunità cristiana di base di S. Paolo aderisce al BDS

 

La comunità cristiana di base di S. Paolo è nata e si è formata per riflettere sulle Scritture “con in mano il giornale”, come si diceva al Concilio, per significare il nostro interesse alla vita del mondo, letta secondo la prospettiva di una fede che chiama all’amore nonviolento di tutte le sorelle e i fratelli.

Tentando di camminare sulle orme dell’ebreo Gesù di Nazareth, che invita a imitare il samaritano, essa si è chinata sulle sofferenze degli ultimi e degli abbandonati, senza però dimenticare che i poveri e i senza potere sono vittime di strutture di peccato.

La storia della nostra età mostra che interi popoli sono purtroppo vittime di ingiustizie e di violenze inaudite. La comunità non poteva quindi non lasciarsi commuovere dalle tragedie dei popoli asiatici, latino-americani, africani, mediorientali, e in particolare del popolo palestinese. Dall’eccidio di Sabra e Chatila fino al massacro di Gaza, la comunità ha pianto con il popolo palestinese, che muore errando sulla terra dove abita –la terra è di Dio- oppresso dalla violenta occupazione dello Stato d’Israele, che a causa di un’ideologia nazionalistica e xenofoba sta instaurando un regime di vera e propria apartheid.

È ora di dire: basta! E di dire basta a quanti affermano che se si criticano e condannano le politiche del governo israeliano si è antisemiti! Noi amiamo tutti i popoli, perciò anche il popolo d’Israele, che ci ha trasmesso la Prima Alleanza. In essa troviamo l’antica profezia di Isaia: “Gli oppressi si rallegreranno…il tiranno non sarà più… saranno eliminati quanti tramano iniquità, quanti con la parola rendono altri colpevoli” (Is. 29, 19-21).

Per queste ragioni la nostra comunità aderisce alla campagna BDS (Boicottaggio, Disinvestimenti, Sanzioni) avviata nel 2005 da 171 Organizzazioni Non Governative palestinesi, il cui appello è stato raccolto da moltissime organizzazioni in tutto il mondo di differenti ispirazioni politiche e religiose, comprese alcune ebraiche, come la Jewish Voice for Peace. In Italia BDS si è costituita nel 2009 e ad essa ha aderito in particolare anche Pax Christi.

La campagna BDS – per la promozione dei Diritti Umani Universali e nel rispetto del Diritto Internazionale- persegue tre obiettivi:

_ la fine dell’occupazione e della colonizzazione della terra palestinese.

_ la piena eguaglianza per i cittadini arabo-palestinesi che vivono nello Stato d’Israele.

_ il rispetto del diritto al ritorno dei profughi palestinesi, come sancito dall’ONU.

La nostra comunità invita perciò tutti i credenti nel Dio della Pace e/o nella dignità di ogni essere umano e nella libera autodeterminazione dei popoli, a compiere le azioni di boicottaggio proprie del metodo nonviolento proposte dalla campagna BDS, che pur -secondo alcuni- poco rilevanti, assumono un grande significato simbolico, quale coinvolgimento nella lotta nonviolenta del popolo palestinese.

Roma 10 Aprile 2017    

La Comunità Cristiana di base di S. Paolo

da qui

 

Lettera aperta di Moni Ovadia al Sindaco di Milano Sala su BDS e 25 aprile

 

Alla cortese attenzione del Sindaco di Milano, signor Giuseppe Sala

Egregio signor Sindaco,

le scrivo a seguito della notizia circolata nella rete, che un’associazione di ebrei legata alla Comunità Ebraica milanese, attraverso il suo sito www.linformale.eu, le ha chiesto, non si capisce a quale titolo, di adoperarsi per impedire la partecipazione alla prossima manifestazione del 25 aprile, festa della Liberazione, al movimento BDS (Boicotta Disinvesti Sanziona), calunniandolo con accuse false e infamanti.

Il 25 aprile ricorda e celebra sì la memoria della lotta contro la barbarie nazifascista, ma irradia anche un insegnamento e un monito che cammina di generazione in generazione: il dovere di opporsi a ogni oppressione per liberare ogni popolo oppresso da chiunque ne sia l’oppressore.

Per questa ragione, lo slogan più ripetuto nella manifestazione dell’antifascismo è “Ora e sempre Resistenza!”; pertanto chiunque inalberi simboli che richiamano alla libertà e all’indipendenza dei popoli è legittimo erede dei partigiani.

Signor Sindaco, io non mi permetto di chiederle di prendere posizione sul BDS, voglio solo sottoporle un’accorata sollecitazione a non prestarsi a legittimare un uso scellerato e strumentale dall’accusa di antisemitismo o di terrorismo contro BDS. L’unico scopo di tali falsità e quello di tappare la bocca, imbavagliare il pensiero e criminalizzare una militanza sacrosanta, che si batte per i diritti di un popolo oppresso, i cui territori sono occupati, colonizzati da cinquant’anni, le cui topografie esistenziali sono devastate, ai cui figli è negato il presente e il futuro, la cui gente è sottoposta a punizioni collettive e a un autentico apartheid a causa del quale i palestinesi subiscono un diuturno ed incessante stillicidio di vessazioni e patiscono la negazione sistematica della dignità sociale e personale.

Signor Sindaco, questa situazione tragica, violenta e ingiusta è denunciata con forza anche dalle voci più coraggiose della stampa e della società israeliana. A titolo di esempio riporto qui alcuni brani del discorso pronunciato davanti all’assemblea delle Nazioni Unite il 16 ottobre 2016 da Hagai El-Ad, direttore esecutivo del gruppo israeliano per i diritti umani Bet’Tselem: “Ho parlato alle Nazioni Unite contro l’occupazione perché sono israeliano. Non ho un altro paese. Non ho un’altra cittadinanza, né un altro futuro. Sono nato e cresciuto qui e qui sarò sepolto: mi sta a cuore il destino di questo luogo, il destino del suo popolo e il suo destino politico, che è anche il mio. E alla luce di tutti questi legami, l’occupazione è un disastro.

[…] Ho parlato alle Nazioni Unite contro l’occupazione perché i miei colleghi di B’Tselem ed io, dopo così tanti anni di lavoro, siamo arrivati a una serie di conclusioni. Eccone una: la situazione non cambierà se il mondo non interviene. Sospetto che anche il nostro arrogante governo lo sappia, per cui è impegnato a seminare la paura contro un simile intervento.

[…] Non ci sono possibilità che la società israeliana, di sua spontanea volontà e senza alcun aiuto, metta fine all’incubo. Troppi meccanismi nascondono la violenza che mettiamo in atto per controllare i palestinesi.

[…] Non capisco cosa il governo voglia che facciano i palestinesi. Abbiamo dominato la loro vita per circa 50 anni, abbiamo fatto a pezzi la loro terra. Noi esercitiamo il potere militare e burocratico con grande successo e stiamo bene con noi stessi e con il mondo.

Cosa dovrebbero fare i palestinesi? Se osano fare manifestazioni, è terrorismo di massa. Se chiedono sanzioni, è terrorismo economico. Se usano mezzi legali, è terrorismo giudiziario. Se si rivolgono alle Nazioni Unite, è terrorismo diplomatico.

Risulta che qualunque cosa faccia un palestinese, a parte alzarsi la mattina e dire “Grazie, Raiss” – “Grazie, padrone” – è terrorismo. Cosa vuole il governo, una lettera di resa o che i palestinesi spariscano? Non possono sparire”.

L’antisemitismo, signor Sindaco, è stato ed è uno dei crimini più odiosi; farne uso di vergognosa propaganda al fine di legittimare politiche di oppressione contrarie a ogni principio del diritto internazionale è infame.

Proprio in occasione delle recenti polemiche, la comunità ebraica romana in una sua nota, ne ha rispolverato a pappagallo una versione inventata dal talento di Bibi Netanyahu: “L’Anpi sceglie di cancellare la Storia e far sfilare gli eredi del Gran Muftì di Gerusalemme che si alleò con Hitler con le proprie bandiere…” (la Repubblica 20/04/2016). Ovvero, chi inalbera la bandiera palestinese, simbolo dell’identità e della dignità di un popolo oppresso, sarebbe erede del Gran Mufti di Gerusalemme del tempo della Seconda Guerra Mondiale, noto per le sue simpatie filonaziste. Questo argomento se non fosse una vigliaccata sarebbe ridicolo e patetico, tanto più se serve come scusa alle istituzioni della Comunità Ebraica romana per non partecipare alla manifestazione a cui ha pieno titolo ad esserci, ma non contro l’aspirazione alla libertà e all’indipendenza del popolo palestinese.

Da ultimo, signor Sindaco, mi permetto di rivolgermi a lei a titolo personale. Se lei desse legittimità a chi vuole criminalizzare BDS, metterebbe anche su di me, che ne sostengo il diritto, la libertà e la piena legittimità, lo stigma del terrorista antisemita. Mi permetto orgogliosamente di ricordarle che sono ebreo per nascita, cittadino milanese da 68 anni, militante antifascista dall’età della ragione e che ho dedicato oltre quarant’anni a far conoscere e a celebrare i valori specifici e universali della cultura ebraica, rappresentandoli in teatro, scrivendone e parlandone.

In questi ultimi anni per aver sostenuto i diritti del popolo palestinese ho ricevuto ogni sorta di spietati insulti e maledizioni; ci ho un po’ fatto il callo, ma se, ancorché indirettamente, l’istituzione della mia città si unisse al coro, il vulnus colpirebbe non me, ma i valori della tradizione antifascista e democratica della nostra Milano.

La ringrazio anticipatamente per l’attenzione che vorrà rivolgermi

Moni Ovadia

da qui

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