Liliana Segre: un messaggio di oggi…

… e una riflessione su come furono cacciati i docenti ebrei e sui limiti dell’attuale ricerca storica intorno a quelle pagine nere


Le Comunità Cristiane di Base, riunite a Vico Equense per il loro 38° Incontro Nazionale, rivolgono alla senatrice Liliana Segre un caloroso saluto e l’attestazione della loro stima, ammirazione e solidarietà.
Manifestano nel contempo sorpresa e preoccupazione per l’inspiegabile mancato ossequio alla senatrice da parte di alcuni settori dell’Aula del Senato, istituzione preposta alla custodia e all’applicazione dei valori costituzionali che sono stati anch’essi oltraggiati dagli ignobili insulti indirizzati alla senatrice Segre attraverso i social. Insulti che vanno contrastati da tutti e tutte con nettezza e decisione.
Nessuno osi peraltro confondere il sionismo con l’Ebraismo. Le critiche al sionismo e alle politiche israeliane sono cosa ben diversa da posizioni antisemite.
L’antisemitismo è fra le più spregevoli e vili forme di razzismo e non va solo condannato ma combattuto con determinazione, in qualsiasi modalità si manifesti.
Le Comunità Cristiane di Base ribadiscono la propria alta considerazione per l’Ebraismo e la propria amicizia per tutte le donne e tutti gli uomini di religione ebraica.
Comunità Cristiane di Base italiane

Vico Equense,

1931– Negli atenei italiani viene negata la cattedra ai docenti ebrei

Lella Di Marco riflette su quell’infamia e sulle ambiguità successive

Giuro di essere fedele al re , ai suoi reali successori e al regime fascista , di osservare lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato, di esercitare i miei doveri di insegnate e adempiere tutti i doveri accademici, con il proposito di formare cittadini operosi, probi e devoti alla patria e al regime fascista. Giuro che non appartengo e non apparterrò ad associazioni o a partiti la cui attività non si concordi con i doveri del mio ufficio”

Quest’anno è caduto l’ottantesimo anniversario della firma da parte di Vittorio Emanuele III del «Regio decreto numero 1381 – Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri», l’atto ufficiale che il 18 giugno 1931 segnò l’inizio giuridico nell’Italia fascista della persecuzione degli ebrei fortemente voluta da Mussolini ma approvata senza esitazioni dal re. Complessivamente furono espulsi dalle università italiane 96 docenti, il 7 per cento dei professori di ruolo, oltre a circa 200 altri ricercatori e liberi docenti. La cacciata dei docenti ebrei fu anche un «suicidio culturale e scientifico»: si pensi a Emilio Segrè, Salvador Luria e Rita Levi Montalcini che poi vinsero il Premio Nobel in campi scientifici, e come loro Enrico Fermi, che dovettero abbandonare l’Italia. Solo pochi docenti (*) rifiutarono il giuramento. Quella pagina di storia ha ancora trame oscure, antiche e attuali. E gli storici stentano a fare luce. Rimane la grande rimozione. Lasciando così intatte radici mai recise. Tali radici sono intrecciate su filoni diversi e contraddittori: l’eterna questione degli ebrei deicidi. Dunque “pericolosi” per il cristianesimo e infatti la Chiesa cattolica condannò il popolo ebraico e sostenne il fascismo. C’era anche la paura del pensiero, delle capacità scientifiche, del rapporto con la ricerca dei docenti ebrei. Espellerli e non citare le loro ricerche, i loro nomi è un chiaro tentativo di nullificazione.

I docenti ebrei e quegli altri pochi che non vollero giurare furono espulsi nel silenzio, quasi totale, di colleghi e degli intellettuali italiani. Anche la riammissione all’insegnamento, dopo la caduta del fascismo fu difficile e imbarazzante, con meno diritti degli altri docenti. Ambiguità della neonata Repubblica italiana che invece lasciò in cattedra molti docenti fedeli a Mussolini.

Soltanto di recente alcuni atenei si sono posti il problema di fare luce. Così a Bologna (nel periodo 200-2004) l’Ateneo, che fu il più solerte a fornire l’elenco di docenti e studenti ebrei al governo di Mussolini. Il Rettore Pier Ugo Calzolari ha promosso due convegni, con successiva pubblicazione degli atti, sul «Difficile ritorno» e su «La cattedra negata». Un ciclo di riflessioni iniziato con un gesto simbolico altamente significativo; una lapide apposta all’ingresso dell’Università dedicata a docenti e a studenti cacciati nell’indifferenza generale.

Perché personalmente ho interesse a ricordare ?

Alla fine degli anni 50 frequentavo la facoltà di filosofia all’Università di Palermo con due professori di punta di quell’ateneo: Santino Caramella docente di filosofia teoretica e Ferdinando Albeggiani docente di filosofia greca e storia della filosofia. Entrambi si erano rifiutati di giurare per solidarietà con i colleghi ebrei e perché antifascisti: ne subirono le conseguenze rimanendo precari fino alla fine della loro carriera. Docenti che ho seguito per quattro anni, che amavo e che hanno segnato la mia formazione; eppure non riuscivo a capire la loro continua difesa di Giovanni Gentile che per loro era una buon’anima mentre Benedetto Croce era affettuosamente indicato come “Don Benedetto”.

Naturalmente foto con dedica erano in bella mostra nei loro studi privati. Con il filosofo abruzzese avevano firmato il manifesto degli intellettuali antifascisti in contrapposizione a quello degli intellettuali fascisti voluto da Gentile che nel ventennio ricoprì la carica di ministro della Pubblica Istruzione. Dai licei sarebbero usciti, formati accuratamente, i rampolli della futura classe dirigente mentre i subalterni – nei tecnici e alle magistrali – erano appena appena alfabetizzati visto che dovevano avere solo abilità esecutive. Occorre capire cosa era la cultura italiana in quel periodo. Che cosa l’idealismo gentiliano e crociano ha rappresentato e continua a rappresentare: cultura della quale probabilmente non ci è mai liberati.

C’è chi sostiene che Benedetto Croce ha fermato, per decenni, lo sviluppo del pensiero italiano come della produzione artistica e letteraria. E’ possibile. Non c’erano contatti con quanto avveniva in altri Paesi. La scoperta degli scrittori americani è stata avviata in seguito da intellettuali come Vittorini e Calvino.

Altro problema per me urgente – perché ritengo tossica la loro funzione nella società – è quello degli intellettuali e del loro rapporto con le classi popolari, tanto per non dimenticare Antonio Gramsci.

Tale problema da sempre era stato alla base del pensiero gramsciano ehe così si esprime

«L’elemento popolare “sente” ma non sempre comprende o sa; l’elemento intellettuale “sa” ma non sempre comprende e specialmente “sente”… L’errore dell’intellettuale consiste nel credere che si possa sapere senza comprendere e specialmente senza sentire ed esser appassionato (non solo del sapere in sé, ma per l’oggetto del sapere) cioè che l’intellettuale possa essere tale (e non un puro pedante) se distinto e staccato dal popolo-nazione, cioè senza sentire le passioni elementari del popolo, … Non si fa politica-storia senza questa passione, cioè senza questa connessione sentimentale tra intellettuali e popolo-nazione. In assenza di tale nesso i rapporti dell’intellettuale col popolo-nazione sono o si riducono a rapporto di ordine puramente burocratico, formale; gli intellettuali diventano una casta o un sacerdozio». Antonio Gramsci in «Il materialismo storico».

Ritornare a studiare tali fenomeni storici ci aiuterebbe a capire la recrudescenza fascista di oggi e il risveglio di quello che viene chiamato e vissuto come odio non solo razziale e la ricomparsa di un maschilismo aberrante con il disprezzo dell’altro e il rifiuto del sapere, dello s tudio. Usando il corpo solo in modo animalesco, come forza bruta.

(*) cfr Giurare al fascismo? All’università 12 dissero di no

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

2 commenti

  • Commissione contro l’odio, il testo di Liliana Segre

    *

    Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza e razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza.
    Ecco il testo della mozione, con prima firmataria Liliana Segre, approvata in Senato.

    *

    Premesso che:
    tradizionalmente in Senato l’istituzione della Commissione straordinaria o speciale attesta l’attenzione dell’Istituzione per la tutela e lo sviluppo dei valori costituzionali, come avvenne il 2 agosto 2001 con l’approvazione della mozione 1-00020 della XIV Legislatura, a prima firma Alberti Casellati, sull’istituzione di un organo del Senato per la tutela dei diritti umani. Alla stessa stregua di quel nobile precedente, occorre oggi corrispondere ad istanze fortemente sentite, anche nelle sedi interparlamentari, come dimostra il fatto che il Consiglio d’Europa ha recentemente istituito la “No hate parliamentary alliance”, con lo scopo di prevenire e contrastare l’incitamento all’odio. Di questa rete fanno parte parlamentari di tutti i Paesi, che intendono impegnarsi a livello nazionale e internazionale contro l’odio in tutte le sue forme e in particolare contro l’hate speech;
    negli ultimi anni si sta assistendo ad una crescente spirale dei fenomeni di odio, intolleranza, razzismo, antisemitismo e neofascismo, che pervadono la scena pubblica accompagnandosi sia con atti e manifestazioni di esplicito odio e persecuzione contro singoli e intere comunità, sia con una capillare diffusione attraverso vari mezzi di comunicazione e in particolare sul web. Parole, atti, gesti e comportamenti offensivi e di disprezzo di persone o di gruppi assumono la forma di un incitamento all’odio, in particolare verso le minoranze; essi, anche se non sempre sono perseguibili sul piano penale, comunque costituiscono un pericolo per la democrazia e la convivenza civile. Si pensi solo alla diffusione tra i giovani di certi linguaggi e comportamenti riassumibili nella formula del “cyberbullismo”, ma anche ad altre forme violente di isolamento ed emarginazione di bambini o ragazzi da parte di coetanei;
    è un fatto che non esiste ancora una definizione normativa di hate speech; tuttavia in base alla raccomandazione n. (97) 20 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa del 30 ottobre 1997, il termine copre tutte le forme di incitamento o giustificazione dell’odio razziale, xenofobia, antisemitismo, antislamismo, antigitanismo, discriminazione verso minoranze e immigrati sorrette da etnocentrismo o nazionalismo aggressivo. Per meglio definire il fenomeno si ricorre alle categorie dell’incitamento, dell’istigazione o dell’apologia. Il termine incitamento può comprendere vari tipi di condotte: quelle dirette a commettere atti di violenza, ma anche l’elogio di atti del passato come la “Shoah”; ma incitamento è anche sostenere azioni come l’espulsione di un determinato gruppo di persone dal Paese o la distribuzione di materiale offensivo contro determinati gruppi. Chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale e chi incita a commettere atti di discriminazione o di violenza è incriminato a titolo di pericolo presunto quando il pregiudizio razziale, etnico, nazionale o religioso si trasforma da pensiero intimo del singolo a pensiero da diffondere in qualunque modo, con «argomenti», quali la superiorità della propria razza, etnia, nazione o gruppo, ma anche compiendo o incitando a compiere atti di discriminazione;
    nel 2014 è stata lanciata la campagna nazionale “No hate speech”, con la messa in onda, anche sulle reti della RAI, di spot televisivi e radiofonici che si inseriscono all’interno dell’omonimo progetto internazionale, promosso dal Consiglio d’Europa come forma di tutela dei diritti umani di fronte a fenomeni di odio e di intolleranza espressi attraverso il web, in preoccupante crescita: soltanto in Italia, circa il 41 per cento dei casi di discriminazione segnalati nel 2012 sono da ricondurre al web. Anche un gruppo di editori e di riviste italiani ha promosso recentemente la campagna “Le parole uccidono”, per indicare il pericolo del linguaggio violento e offensivo. Esiste inoltre un tavolo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, a cui partecipano le istituzioni che hanno la possibilità, in base alle loro competenze, di sensibilizzare i giovani a contrastare l’odio diffuso on line;
    considerato che:
    il fenomeno denunciato è purtroppo in crescita in tutte le società più avanzate. La comunità internazionale da anni sta cercando delle strategie di contenimento e di contrasto. La norma fondamentale che vieta ogni forma di odio deve essere considerato il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato a New York il 19 dicembre 1966 e reso esecutivo nel nostro Paese dalla legge 25 ottobre 1977, n. 881, che, ex articolo 20, prevede che vengano espressamente vietati da apposita legge qualsiasi forma di propaganda a favore della guerra, ma anche ogni appello all’odio nazionale, razziale o religioso che possa costituire forma di incitamento alla discriminazione o alla violenza. Insomma l’insieme di quei fenomeni che oggi sono meglio noti come hate speech. La stessa legge prevede le relative misure e sanzioni penali. Il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà d’espressione, Frank La Rue, ha precisato che ci sono differenze tra espressioni che costituiscono un’offesa secondo il diritto internazionale e che andrebbero perseguite penalmente, espressioni dannose, offensive o sgradite, che tuttavia gli Stati non sono tenuti a proibire penalmente, ma che possono giustificare una sanzione civile, e, invece, espressioni che non danno luogo a sanzioni penali o civili, ma che comunque causano preoccupazione in merito alla tolleranza e al rispetto altrui. Anche il Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione razziale (CERD), seppur non ricorrendo esplicitamente all’uso dell’espressione hate speech, ne ha comunque identificato le varie manifestazioni: si tratti di discorsi orali o scritti, veicolati nei mass media o su internet, attraverso simboli o immagini. Resta vero che una precisa definizione di hate speech è resa difficile dal fatto che la Convenzione ha stabilito vari standard di protezione, definendo la discriminazione come qualsiasi distinzione basata sull’etnia, sul colore o sulla nazionalità, che abbia lo scopo o l’effetto di annullare o indebolire il godimento di qualsiasi diritto umano o libertà fondamentale. È stabilito altresì che gli Stati considereranno reato punibile per legge le seguenti categorie di attività: ogni diffusione di idee basate sulla superiorità o sull’odio razziale, ogni incitamento alla discriminazione razziale, nonché ogni atto di violenza o incitamento a tali atti, rivolti contro qualsiasi gruppo di individui di diverso colore o origine etnica; andrà inoltre punita ogni assistenza ad attività razziste compreso il loro finanziamento;
    l’espressione hate speech, nonostante non sia indicata nella Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), è stata usata dalla Corte per la prima volta l’8 luglio 1999. La Corte ha però evitato una definizione precisa del fenomeno (nel timore che ciò limitasse il proprio futuro raggio d’azione), ricorrendo di volta in volta ad un approccio mirato, che tenesse conto delle varie circostanze del caso concreto: l’intento dello speaker, l’intensità e la severità dell’espressione, il fatto che essa fosse diretta o indiretta, esplicita o velata, singola o ripetuta. Un approccio articolato di estrema importanza e utilità nella ricerca di più adeguate e incisive politiche di risposta e contrasto al problema. La CEDU differenzia i discorsi di odio per categorie (razziali, sessuali, religiosi, etnici o politici). Gli hate speech, stando alla definizione del dizionario Oxford, consistono in un intenso ed estremo sentimento di avversione, rifiuto, ripugnanza, livore, astio e malanimo verso qualcuno. Diversamente dall’hate speech, i crimini di odio (hate crimes) costituiscono un’offesa penale diretta intenzionalmente contro una vittima predeterminata e pertanto possono rendersi necessarie restrizioni di carattere repressivo;
    gli hate speech sono difficili da definire e suscettibili di applicazioni arbitrarie, i codici penali di molti Stati membri, infatti, con riferimento all’incitamento alla violenza o all’odio, utilizzano svariate terminologie e di conseguenza vari criteri di applicazione. Gli aspetti più divergenti fra le varie legislazioni dipendono per lo più dai seguenti fattori: il peso attribuito all’intento, alla motivazione, allo strumento di comunicazione prescelto, al contesto e alle conseguenze prevedibili in date circostanze. Il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa definisce gli hate speech come le forme di espressioni che diffondono, incitano, promuovono o giustificano l’odio razziale, la xenofobia, l’antisemitismo o più in generale l’intolleranza, ma anche i nazionalismi e gli etnocentrismi, gli abusi e le molestie, gli epiteti, i pregiudizi, gli stereotipi e le ingiurie che stigmatizzano e insultano;
    al riguardo è intervenuta anche l’Unione europea con l’adozione della decisione quadro 2008/913/GAI del Consiglio del 28 novembre 2008, che, nella lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia, ricorre al diritto penale. Secondo questa decisione gli Stati membri devono garantire che siano punibili i discorsi di incitamento all’odio, intenzionali e diretti contro un gruppo di persone o un membro di essi, in riferimento alla razza, al colore, alla religione o all’etnia. Deve risultare, altresì, punibile l’istigazione pubblica alla violenza o all’odio, quale che sia la forma di diffusione: scritti, immagini o altro materiale. Lo stesso dicasi per l’apologia o la negazione dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e di quelli di guerra e, infine, quanto ai comportamenti atti a turbare l’ordine pubblico o minacciosi, offensivi e ingiuriosi. La stessa Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione europea (OSCE) si è impegnata, con la decisione 9/2009 “Combating hate crimes”, a riconoscere e sanzionare i crimini dell’odio in quanto tali, cioè basati su motivi razzisti o xenofobi;
    anche in Italia ovviamente esiste un’ampia produzione normativa in materia e importanti iniziative legislative sono state incardinate la scorsa Legislatura e annunciate di recente. Basti ricordare la legge 13 ottobre 1975, n. 654, di recepimento della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale del 1966 e il decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, “decreto Mancino”, che reprime l’incitamento alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Nel corso della XVII Legislatura è stata approvata invece la legge 16 giugno 2016, n. 115, che recepisce la già ricordata decisione quadro europea 2008/913 GAI, ed attribuisce rilevanza penale alle affermazioni negazioniste della Shoah, ma in genere di tutti gli atti di genocidio e di crimini di guerra e contro l’umanità. L’interruzione della legislatura ha invece impedito l’approvazione definitiva della “legge Fiano”, che colpisce con strumenti aggiornati ogni forma di apologia del fascismo. Sempre nella XVII Legislatura la Camera dei deputati ha istituito una Commissione sui fenomeni di odio, intolleranza, xenofobia e razzismo intitolata alla parlamentare del Regno Unito, Jo Cox, uccisa nel 2016 per motivi di odio e intolleranza. Con l’istituzione della Commissione, composta da parlamentari e non, si intese corrispondere all’invito del Consiglio d’Europa ad una sempre maggiore sensibilizzazione dei Parlamenti nazionali in fatto di conoscenza e contrasto di tutte le forme di intolleranza e razzismo;
    rilevata, pertanto, l’esigenza di provvedere all’immediata istituzione di un organismo ad hoc, in modo tale da permettere al Senato della Repubblica di onorare la sua tradizione e l’impegno per la salvaguardia dei diritti fondamentali delle persone,
    delibera di istituire una Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza, costituita da 25 componenti in ragione della consistenza dei gruppi stessi; la Commissione elegge tra i suoi membri l’Ufficio di Presidenza composto dal Presidente, da due vice presidenti e da due segretari; la Commissione ha compiti di osservazione, studio e iniziativa per l’indirizzo e controllo sui fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza nei confronti di persone o gruppi sociali sulla base di alcune caratteristiche quali l’etnia, la religione, la provenienza, l’orientamento sessuale, l’identità di genere o di altre particolari condizioni fisiche o psichiche. Essa controlla e indirizza la concreta attuazione delle convenzioni e degli accordi sovranazionali e internazionali e della legislazione nazionale relativi ai fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e di istigazione all’odio e alla violenza, nelle loro diverse manifestazioni di tipo razziale, etnico-nazionale, religioso, politico e sessuale. La Commissione svolge anche una funzione propositiva, di stimolo e di impulso, nell’elaborazione e nell’attuazione delle proposte legislative, ma promuove anche ogni altra iniziativa utile a livello nazionale, sovranazionale e internazionale. A tal fine la Commissione: a) raccoglie, ordina e rende pubblici, con cadenza annuale: 1) normative statali, sovranazionali e internazionali; 2) ricerche e pubblicazioni scientifiche, anche periodiche; 3) dati statistici, nonché informazioni, dati e documenti sui risultati delle attività svolte da istituzioni, organismi o associazioni che si occupano di questioni attinenti ai fenomeni di intolleranza, razzismo e antisemitismo, sia nella forma dei crimini d’odio, sia dei fenomeni di cosiddetto hate speech; b) effettua, anche in collegamento con analoghe iniziative in ambito sovranazionale e internazionale, ricerche, studi e osservazioni concernenti tutte le manifestazioni di odio nei confronti di singoli o comunità. A tale fine la Commissione può prendere contatto con istituzioni di altri Paesi, nonché con organismi sovranazionali e internazionali ed effettuare missioni in Italia o all’estero, in particolare presso Parlamenti stranieri, anche, ove necessario, allo scopo di stabilire intese per il contrasto all’intolleranza, al razzismo e all’antisemitismo, sia nella forma dei crimini d’odio, sia dei fenomeni di hate speech; c) formula osservazioni e proposte sugli effetti, sui limiti e sull’eventuale necessità di adeguamento della legislazione vigente al fine di assicurarne la rispondenza alla normativa dell’Unione europea e ai diritti previsti dalle convenzioni internazionali in materia di prevenzione e di lotta contro ogni forma di odio, intolleranza, razzismo e antisemitismo; la Commissione, quando necessario, può svolgere procedure informative ai sensi degli articoli 46, 47 48 e 48-bis del Regolamento; formulare proposte e relazioni all’Assemblea, ai sensi dell’articolo 50, comma 1, del Regolamento; votare risoluzioni alla conclusione dell’esame di affari ad essa assegnati, ai sensi dell’articolo 50, comma 2, del Regolamento; formulare pareri su disegni di legge e affari deferiti ad altre Commissioni, anche chiedendone la stampa in allegato al documento prodotto dalla Commissione competente, ai sensi dell’articolo 39, comma 4, del Regolamento; entro il 30 giugno di ogni anno, la Commissione trasmette al Governo e alle Camere una relazione sull’attività svolta, recante in allegato i risultati delle indagini svolte, le conclusioni raggiunte e le proposte formulate; la Commissione può segnalare agli organi di stampa ed ai gestori dei siti internet casi di fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza nei confronti di persone o gruppi sociali sulla base di alcune caratteristiche, quali l’etnia, la religione, la provenienza, l’orientamento sessuale, l’identità di genere o di altre particolari condizioni fisiche o psichiche, richiedendo la rimozione dal web dei relativi contenuti ovvero la loro deindicizzazione dai motori di ricerca.

    (30 ottobre 2019)

  • Lettera da una maestra elementare

    “Daniele Martinelli (ex responsabile comunicazione per il Movimento 5 stelle alla Camera dei Deputati…), non ci siamo. Ti avevo dato un tema libero sperando che tu lo svolgessi abbastanza bene da rimediare una sufficienza ed essere promosso, anche se per il rotto della cuffia.

    Guarda qua quel che hai scritto il 9 novembre 2019, in calce all’immagine dell’On. Liliana Segre:

    – Che buffonata esibire la scorta personale in Galleria Vittorio Emanuele a Milano, il salotto della città. –

    Danielino, i due uomini della scorta sono in borghese, quindi non riconoscibili e non “esibiti”.

    Inoltre: a) come scorta, non possono stare a venti metri di distanza dalla persona che devono proteggere; b) per percorrere la citata Galleria milanese non è obbligatorio esibire il 740 o avere un titolo nobiliare: infatti, ci passa chiunque.

    – Tutto questo presunto odio per la vecchina Liliana Segre, mi dà tanto di pantomima. –

    Primo, l’odio non è “presunto”, è documentato al punto tale che Liliana Segre ha appunto una scorta e non gliel’hanno data ne’ il Parlamento ne’ tuo zio, ma il Prefetto.

    Secondo, si dice “mi sa tanto di…”, oppure bisogna riformulare la frase attorno all’espressione “se tanto mi dà tanto”. Errore da matita rossa.

    Terzo, “vecchina” (nonostante la tua età) sembra essere la tua materia cerebrale e certamente lo è la tua attitudine superficiale e complottista.

    – Gli ebrei sono stati i creatori delle banche e gl’inventori dell’usura. –

    Balle, Danielino. Se la pratica di prestare denaro dietro interesse può essere fatta risalire ai Babilonesi, il concetto moderno di banca è nato nelle città italiane del Rinascimento e l’istituto del genere più antico è il Monte dei Paschi di Siena. O mi vuoi dire, ad esempio, che Giovanni “di Bicci” de’ Medici (Firenze, 1360 – 1429), fondatore del Banco Medici, era ebreo?

    “Gl’inventori” come italiano fa proprio pena, anche se turandosi il naso l’Accademia della Crusca lo accetta. Errore da matita blu, più di forma che di sostanza.

    – Riconoscere i propri lati opachi, come quando si ammette un errore, può contribuire a migliorarne l’immagine. Soprattutto agli occhi della povertà mostruosa che popola il mondo. –

    Figliolo, il soggetto della prima frase qual è e dov’è? Chi ha i “lati opachi” e “migliorarne” a chi si riferisce? Di nuovo un errore da matita rossa.

    La seconda frase ha come soggetto “la povertà”: che essendo la condizione di chi è povero non può avere occhi. E qui devo usare ambo i lati della matita, perché è un errore sia di forma sia di sostanza.

    Capisci bene che non ti posso promuovere, vero? Tu hai dormito o giocato a battaglia navale non solo durante le lezioni di italiano, ma anche durante quelle di educazione civica. E se a casa hanno cercato di insegnarti la normale educazione, quella che prevede il rispetto per gli altri, tu hai dormito pure là.

    Come dite acidi voi teorici dei complotti… svegliati, tesoro!

    La tua maestra delle elementari.”

    Maria G. Di Rienzo

Rispondi a sergio falcone Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *