L’ingrossarsi della folla – di Mark Adin

Alludere alla folla è utile per richiamare il muoversi della stessa, il suo infittirsi o il suo diradarsi, e soprattutto il suo reagire, come un solo corpo, agli stimoli esterni. downloadChi mastica di psicologia di massa sa che essa si attiva coerentemente, unitariamente, sfruttando un temibile effetto moltiplicatore fornito dal realizzarsi di misteriose quanto potenti attitudini sintoniche. Se mai ci fosse capitato di parlare in pubblico a una platea numerosa fatta di qualche centinaia di persone, ecco che avremmo avuto esperienza del comportamento della folla: è possibile ascoltarla, esortarla, stuzzicarla, blandirla, ottenere da essa amore piuttosto che odio, alzarne la temperatura o raffreddarla. Per fare questo bisogna, però, saper essere empatici, parlare alla pancia e non al cervello, insomma è indispensabile saper “emozionare”, ovvero azionare la più efficace leva della comunicazione. Saper dire ciò che la folla si aspetta è un talento, un’arma micidiale che nella storia è stata impiegata, il più delle volte, drammaticamente: è infatti tipica dei dittatori. Ma non solo.

Oggi ciascuno di noi ha materiale per riflettere, sarebbe facile parlare delle indubbie doti del pifferaio di Arcore, ma con sprezzo del pericolo preferisco riferirmi a un uomo che nel giro di pochi giorni è diventato catalizzatore dell’attenzione (l’uso di questo termine è improprio, e spiegherò perchè) di moltitudini: il nuovo Papa.  Facciamo un passo indietro. Dopo il cruciale pontificato di Giovanni Paolo II, che è stato il primo a sfruttare massmediaticamente il proprio carisma, è arrivato al Soglio di Pietro un Tedesco. Gli Italiani lo hanno subito inquadrato nel luogo comune che ancora resiste nella nostra memoria inconscia: quell’accento così teutonico porta con sé, suo malgrado, i fantasmi  del nostro passato. Pur essendo un intellettuale considerato di grande levatura, pur avendo avuto il coraggio di lasciare che si scoperchiasse il pozzo nero della pedofilia tra gli uomini di Chiesa, pur avendo tentato di ripulire le finanze vaticane, pur avendo segnato la storia con le sue dimissioni, non si può proprio dire che sappia parlare alla folla. E’ un intellettuale che parla alle coscienze, più che alla pancia. Eppure il suo regno è stato ricco di “fatti” più che di parole. Al suo successore è bastato un atteggiamento meno freddo e più empatico, reso attraverso un “non verbale” di accoglienza, un sorriso compassionevole e poche parole giuste pronunciate con serenità e calore, per farlo già santo proclamato in piazza. Si è alzata una “ola” di simpatia da ogni angolo di quel parterre massmediatico di cui ogni spettatore televisivo fa parte. A sentire i commenti di giornalisti e intervistati, questo Papa ha già vinto: è umile, è diretto, guarda ai poveri, è riformatore, ci ascolta. Considerando il fatto che è ben lungi dall’averne dato prova, visto che il suo papato è appena iniziato, ma se mai ha svolto soltanto alcune sommarie dichiarazioni, la cosa fa pensare. Che cosa si sa di lui? Poco, molto poco.

Le notizie sono arrivate frammentarie, e come al solito velocizzate in rete. Ripeto: notizie, non dico verità, se mai informazioni tutte ancora da verificare perché provenienti da fonti diverse, veicolate dai blog, apparse su giornali e pubblicazioni ancora da tradurre, eccetera. Tra le altre, sono venute alla luce anche asserzioni riguardo un suo presunto diretto coinvolgimento in fatti risalenti alla dittatura, che getterebbero un’ombra sul suo operato vescovile nell’Argentina di Videla e dei desaparecidos. Analogamente sono pervenute informazioni di segno opposto, ma mentre queste ultime hanno avuto credito, quelle altre sono subito state bollate come denigratorie. Non meritavano forse tutte, sia quelle positive sia quelle negative, di essere prese in considerazione per poi verificarle?

Non parlo dei portavoce e degli addetti stampa vaticani, che comprensibilmente hanno fatto argine smentendo il male e accreditando il bene, bensì delle persone comuni, che hanno immediatamente attribuito al neo Papa ogni salvifica qualità pastorale. Dicevo che questo pontefice ha saputo catalizzare non l’attenzione, la quale è patrimonio dell’intelletto, ma l’empatia, parente stretta dell’ emotività. Viviamo tempi nei quali diventa sempre più importante e decisivo, nell’acquisizione del consenso, stabilire un piano di comunicazione con la folla basato sull’utilizzo del linguaggio emotivo, attraverso il quale far giungere a destinazione messaggi calcolati sul bisogno del destinatario, e proprio per questo persuasivi. E’ talmente forte, oggi, la riprovazione per una Chiesa immersa negli scandali, che alla prima pronuncia che evochi  una riforma della stessa, la folla reagisce lodando, benedicendo, proteggendo, concedendo illimitato credito al nuovo leader

La folla ha incoronato spesso chi ha saputo rivolgersi alla pancia, e la storia ce ne consegna le conseguenze. Il populismo attecchisce maggiormente quando il popolo è smarrito. La sensazione è che, oggi, questo tipo di smarrimento ci porti a fasi storiche assai pericolose. A coloro che credono alle manifestate intenzioni di ritornare a una Chiesa francescanamente povera, ad esempio, rivolgo l’augurio che il nuovo Papa converta l’ asserito suo progetto in pratica. Nessuno se l’abbia a male se ci credo poco, anche se sarei felicissimo di sbagliarmi.

Intanto la folla ingrossa e non si sta tranquilli, perché potrebbe anche diventare violenta con chi non ne fa parte, come altre volte è accaduto. Pensare con la propria testa, essere dissonanti, rimane attività tuttora temeraria.

Mark Adin

Redazione
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Un commento

  • Non vorrei urtare la sensibilità dei credenti, a cui va tutto il mio rispetto, ma non dimentichiamo che questa chiesa che oggi si presenta con il volto bonario di papa Francesco, è la medesima chiesa delle stragi storiche, dell’antisemitismo (papa Paolo 4°), delle uccisioni “volute da dio”, della misoginia, dell’omofobia, delle crociate in terrasanta e in Europa, dell’inquisizione, dei roghi di chi la pensava diversamente, dei diversi, o addirittura delle streghe. Non dimentichiamo che l’attuale papa è collega di Innocenzo 3° sterminatore degli Albigesi, di Gregorio 7° organizzatore di crociate (dio lo vuole!), Innocenzo 4° e Giovanni 22°, promotori della santa inquisizione (santa!!) che si macchiò di tali delitti che il processo a Galileo fa sorridere. Domenicani e Gesuiti furono i gestori dell’inquisizione e Gesuita lo è anche questo papa. Forse che ne condivida i principi? Si dirà che oggi le cose sono cambiate, ma allora che dire dell’opposizione della chiesa all’uso del preservativo, che favorisce la diffusione di gravi malattie, o la proibizione dell’aborto che condanna molte donne ad aborti a rischio? Le morti che ne conseguono, non sono forse altri delitti ascrivibili alla chiesa? Forse che basti chiedere perdono per i misfatti del passato come parzialmente già è stato fatto? E per quelli attuali?

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