«L’intelligenza è una categoria morale»?

in «Ci manca(va) un Venerdì», puntata 111, Fabrizio – Astrofilosofo – Melodia ci allena a pensare, a digerire, a un buon uso della «Settimana enigmistica», alla noia e a qualche bug

«L’intelligenza è una categoria morale» scrisse il filosofo Theodor W. Adorno, non senza velata polemica verso quei filosofi della logica e della matematica, i quali, nel loro furore rigorosamente vetero aristotelico, riconducono tutto a formalismo, numeri e linguaggi, escludendo qualsiasi categoria ulteriore.

D’altronde anche un filosofo come l’esistenzialista Martin Heidegger se la vede meglio con le cose piuttosto che con l’imperfezione perfetta delle persone: «Arriviamo a capire che cosa significa pensare quando noi stessi pensiamo. Perché un tale tentativo riesca, dobbiamo essere preparati a imparare a pensare. Non appena ci disponiamo a imparare, abbiamo già con questo ammesso che non siamo ancora capaci di pensare. E tuttavia l’uomo è ritenuto quell’essere che può pensare. A giusto titolo, del resto» (lo trovate in “Che cosa significa pensare?”, da qualche parte nei suoi «Saggi e discorsi»).

In effetti dunque più che una categoria morale l’intelligenza è un qualcosa da raggiungere attraverso grande fatica, esattamente come l’atleta che si allena ogni giorno per raggiungere i massimi risultati nelle gare. E l’intelligenza allora come si allena? E in che senso essa diventa una “categoria” morale?

Il filosofo e scrittore francese Fabrice Hadjadj sembra avere le idee chiare sul signor Kant, che molto tempo prima aveva fatto delle categorie (e dell’incondizionato) una norma universale per agire eticamente: «Kant concepisce l’intelligenza alla stregua di un tubo digerente: essa non sarebbe capace di una assimilazione immateriale che le permetta di cogliere l’essenza di una cosa pur rispettandola pienamente, ma funzionerebbe in modo simile ad una assimilazione corporea, che frantuma la cosa sotto i denti di solidi concetti e la riduce alla sua propria sostanza».

L’intelligenza è solo funzione fisiologica? A che scopo allenarla? Forse per mantenerla in buona salute? Ed è sufficiente la lettura e/o «La Settimana Enigmistica», l’uso pratico e una buona dose di manualità spicciola?

D’altro avviso lo scrittore italiano Gesualdo Bufalino: «Com’è facile oggi essere intelligenti, che scialo d’intelligenza si fa! E com’è poco rispettabile, ormai, l’intelligenza, com’è noiosa!». Di fronte a tutta questa noia, che senso ha considerarla una categoria morale? Decisamente per imparare bisogna usare il pensiero, ma bisognerebbe comprendere se tale uso è corretto ma come può nascere tale comprensione se prima bisogna comprendere… di comprendere?

Potrebbe aver visto giusto la scrittrice francese Muriel Barbery quando afferma: «E molte persone hanno una specie di bug: credono che l’intelligenza sia un fine. Hanno un’unica idea in testa: essere intelligenti, e questa è una cosa stupidissima. E quando l’intelligenza crede di essere uno scopo, funziona in modo strano: non dimostra la sua esistenza con l’ingegno e la semplicità dei suoi frutti, bensì con l’oscurità della sua espressione».

I filosofi dunque – piuttosto che essere bravi ragazzi e fornici strumenti per pensare meglio – sono poveri dementi che credono di istruire altri dementi ma in realtà oscuramente iniettano materia oscura nel vuoto cosmico degli altrui crani più vuoti di una soffitta svuotata dai ladri?

L’ultima parola a Rat Man (che tempo addietro ci ha salutati con l’ultimo albo delle sue supereroistiche avventure) a firma del suo creatore Leo Ortolani: «L’intelligenza è una pianta che va curata continuamente. Dovreste vedere com’è bello, il mio bonsai».

L’IMMAGINE è «L’ allegoria dell’intelligenza» (1656) di Cesare Dandini

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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