«L’istruzione ripudia la guerra»

Pax Christi lancia una campagna contro i corsi delle Forze armate nelle scuole

di Luca Kocci (*)  
Una lavagna nera di ardesia – non le ipertecnologiche Lim multimediali della scuola 2.0 dei sogni del ministro Profumo – con la scritta «La scuola ripudia la guerra». È il logo della campagna «scuole smilitarizzate» lanciata ieri durante il congresso di Pax Christi, in corso a Roma fino a domani quando al termine di tre giorni di dibattito verrà eletto il nuovo consiglio nazionale del movimento.
Ormai da diversi anni le scuole italiane – soprattutto quelle superiori ma anche elementari e medie non rimangono indenni – sono diventate terra di conquista da parte delle forze armate a caccia di nuove leve per l’esercito professionale e campo di semina della cultura militarista, in palese violazione dell’articolo 11 della Costituzione («L’Italia ripudia la guerra») e delle Linee guida del ministro dell’Istruzione che invece parlano di «educazione alla pace» e di «nonviolenza».

«La scuola italiana, attraverso molteplici iniziative inserite nei percorsi formativi, apre spesso le porte ad attività presentate come orientamento scolastico e gestite direttamente dalle forze armate» denuncia il collettivo giovani di Pax Christi, promotori della campagna. «È urgente riaffermare che la scuola deve educare studentesse e studenti alla nonviolenza e alla pace» mentre quando nelle aule «entrano le attività promozionali dell’esercito, della marina e dell’aeronautica si promuove un militarismo che educa all’arte della guerra piuttosto che alla formazione di cittadini che costruiscono la pace con mezzi di pace. È grave la contaminazione dell’attività didattica con la promozione di una cultura di guerra in cui il soldato è proposto come colui che diffonde la pace e sacrifica la sua vita, sorvolando sul fatto che lo fa armi in pugno, imparando ad eliminare l’altro» considerato come «nemico».


Le tappe dell’avanzata dei militari nelle scuole sono numerose. A livello nazionale – prima esistevano «solo» numerosi accordi territoriali fra uffici scolastici periferici, enti locali e distretti militari – ha cominciato il centrosinistra nel 2006, con il programma «La pace si fa a scuola» promosso dalla coppia di alfieri Fioroni (ministro dell’Istruzione) e Parisi (Difesa), che prevedeva la realizzazione di un forum online per mettere in contatto gli studenti con i militari italiani in «missione di pace» in Libano. Poi nella Lombardia formigoniana è arrivato il programma «Allenati per la vita», brevi corsi di formazione, benedetti dai ministri dell’Istruzione Gelmini e della Difesa La Russa, per insegnare la vita militare agli studenti delle superiori: docenti gli stessi militari, materie come armi e tiro, sopravvivenza in ambienti ostili, difesa nucleare, chimica e batteriologica, esame finale una gara tra «pattuglie di studenti». Sempre Gelmini nel 2009 firma un protocollo d’intesa con Finmeccanica perché le lezioni le tengano direttamente i tecnici della principale industria armiera italiana. «Cosa avranno insegnato agli studenti?» si chiede Antonio Lombardi, uno dei referenti della campagna «Che la guerra è un affare».

Ci sono anche le «visite guidate»: i bambini delle elementari di Pisa vanno in tour nelle caserme della Folgore e gli studenti delle superiori di Giugliano al centro radar Nato di Licola, uno degli centri vitali delle guerre nel Mediterraneo. Fino all’invenzione, ancora di La Russa, della mini-naja estiva per i giovani di 18-25 anni: tre settimane di esercitazioni, in omaggio la divisa e gli accessori per la guerra simulata.
«Proponiamo alle scuole non progetti aggiuntivi ma di inserire nella didattica degli approfondimenti sui temi della pace e della risoluzione nonviolenta dei conflitti» spiega Eleonora Gallo, del collettivo giovani di Pax Christi. Ma anche «di rinunciare a esporre manifesti pubblicitari e a ospitare e a partecipare ad attività delle forze armate finalizzate a propagandare l’arruolamento o a far sperimentare la vita militare agli studenti».
La sintesi sarà la sottoscrizione del «Manifesto della scuola smilitarizzata», una sorta di «bollino arcobaleno»: «L’istituto si impegna a rafforzare il suo impegno nell’educazione alla pace e alla nonviolenza» si legge nel manifesto, ad «escludere dal proprio piano formativo le attività proposte dalle Forze armate» e a «non organizzare visite che comportino l’accesso degli alunni a caserme, poligoni di tiro, portaerei e ogni altra struttura riferibile all’attività di guerra, anche nei casi in cui questa attività venga presentata con l’ambigua espressione di missione di pace». Si comincia da subito in tre scuole pilota a Venezia, Caserta e Catania. Poi, a settembre, la campagna verrà estesa al resto d’Italia.

(*) Questo articolo è uscito il 27 aprile sul quotidiano «il manifesto». (db)

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