Livorno: due omicidi sul lavoro per…

… per il mancato rispetto della normativa sulle “atmosfere esplosive”

comunicato di MEDICINA DEMOCRATICA, sezione di Livorno e della val di Cecina

Poteva esserci un effetto domino, il sindacato indica uno sciopero

Oggi al porto di Livorno si è verificata un’esplosione in un serbatoio della zona in cui vengono stoccati vari materiali combustibili o esplosivi. Due sono gli operai rimasti uccisi nell’esplosione: Nunzio Viola, e Lorenzo Mazzoni, dipendenti della Labromare, una ditta specializzata nelle bonifiche, che lavorava in appalto alla ditta società Neri.
La Repubblica, edizione di Firenze, fornisce una prima ipotesi di quanto accaduto:“Secondo una prima ricostruzione i due operai stavano effettuando lavori di manutenzione. Il serbatoio interessato dallo scoppio si trova all’interno del deposito costiero della società Neri e conteneva acetato di etile, una sostanza molto infiammabile. […] Forse l’esplosione può essere stata causata da una sacca di gas formatasi all’interno della cisterna stessa”.

Oltre al dolore e alla rabbia non si può che rimanere sgomenti dall’accaduto.

Come è possibile che in Italia ogni giorno muoiano 4 lavoratori a causa di quelli che di fatto sono omicidi sul lavoro?
Eppure in Italia esistono norme ben precise per la sicurezza in generale e per le lavorazioni all’interno di serbatoi in particolare.
Il D.Lgs. 81/08 (legge penale) definisce obblighi sanzionabili ben precisi sulla gestione delle attività lavorative e impone al datore di lavoro di definire procedure di lavoro in sicurezza.

Il committente deve informare la ditta appaltata dei rischi che incontrerà nei luoghi di lavoro in cui andrà ad operare.
Per attività all’interno dei cosiddetti “spazi confinati”, come quello in cui è avvenuto l’incidente devono essere adottate specifiche accortezze tecniche per evitare infortuni per intossicazione o asfissia o incendi ed esplosioni.

Inoltre il D.P.R. 177/11, che richiama il D.Lgs. 81/08, impone norme procedurali per le attività all’interno degli spazi confinati, specifiche abilitazioni per le ditte incaricate di tali attività e specifica formazione e addestramento per i loro lavoratori.

In attesa degli accertamenti che verranno eseguiti dalle autorità competenti, bisogna chiedersi allora:

– la ditta Labromare era regolarmente abilitata all’esecuzione di lavori all’interno degli spazi confinati?
– i lavoratori della ditta Labromare erano stati adeguatamente formati e addestrati per questo tipo di lavoro?
– sono state eseguite tutte le procedure per lavori in spazi confinati (in questo caso, in particolare, la verifica con idonea strumentazione dell’avvenuta bonifica da sostanze pericolose del serbatoio?
– è stata fatta una valutazione specifica dei rischi da atmosfere esplosive all’interno del serbatoio?
– i lavoratori della ditta Labromare erano dotati di attrezzature e di dispositivi di protezione individuali adeguati ai rischi presenti del serbatoio?
– la ditta Neri ha verificato in maniera adeguata l’idoneità tecnico professionale della ditta Labromare?
– la ditta Neri ha fornito informazioni specifiche e dettagliate dei rischi presenti negli ambienti di lavoro in cui la ditta Labromare doveva eseguire le proprie lavorazioni?

A una o più di queste domande la risposta sarà sicuramente negativa.

Ancora una volta non si può parlare di tragica fatalità.
In ogni infortunio sul lavoro esiste sempre un nesso causale tra omissione di obblighi legislativi sulla sicurezza e infortunio stesso.
Ma la domanda fondamentale è: perché tutti i giorni abbiamo a che fare con omissioni di questi obblighi e quindi con infortuni mortali?
Le leggi e le norme tecniche ci sono e se applicate regolarmente ridurrebbero a livelli bassissimi le possibilità di infortunio. Allora perché non si applicano?
Per il semplice motivo che questi adempimenti hanno un costo e il profitto dei padroni è enormemente più importante della vita dei lavoratori.
Ma ricordiamoci anche, al di là della rilevanza mediatica che viene data alla notizia, che quella di oggi è una realtà che si ripete tutti i giorni.
Inoltre, dato il contesto (molti altri serbatoi accanto a quello coinvolto) poteva esserci un effetto domino, magari un’esplosione a catena, causando altre vittime: il sindacato indica uno sciopero di protesta, a sottolineare l’estrema necessità di mettere molta più attenzione agli aspetti della sicurezza e alla diminuzione strutturale del rischio del porto e delle aziende livornesi (ricordiamo i precedenti disastri alla raffineria ENI nel 1986 e nel 1995 e all’Italso), anche costringendo aziende ed istituzioni a muoversi.

Marco Spezia (ingegnere della prevenzione) e Maurizio Marchi

L’AMARA VIGNETTA – scelta dalla redazione della “bottega” – di MAURO BIANI era oggi sulla prima pagina del quotidiano “il manifesto”.

 

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