Lo sport è il fanta-oppio dei popoli?

Riflessioni su un vecchio romanzo di Roberta Rambelli, «Il ministero della felicità», pubblicato da Galassia nel lontanissimo 1972.

Cucine con «persuasore incorporato», frigorifero che augura «buon appetito», modelli di bellezza imposti dalla tv, un «distintivo nero del lutto» da esibire quando perde la squadra di calcio della città. Certo qualche sacrificio bisogna farlo «in nome della felicità collettiva»: per esempio avere un’auto sempre più piccola onde non intasare il traffico (però che strano, pensa Nino: «le grosse cilindrate diventavano sempre più grandi»).

Questo è il quadro, chiaro sin dalle prime righe. Essendo lunedì, Nino va in ufficio dove per due ore si discuterà obbligatoriamente dell’ingiustizia subita (gli arbitri hanno favorito la Spal, vergogna). Però… Nino si addormenta. Colpevole disinteresse o esaurimento? Nel dubbio viene mandato dal medico aziendale. Ma il «dottor Gialli» non c’è e Nino incontra lo strano, irridente «dottor Franco» che è lì per una ricerca ma da oltre 10 anni lavora «in un ospedale-missione in Africa», cioè «fra i cannibali» pensa il protagonista. Da qui parte una vicenda che, come d’abitudine, non racconterò nei dettagli. Dubito che troverete in biblioteca questo romanzo breve (io l’ho adocchiato su una bancarella e subito preso) ma se vi capitasse potete gustarlo a due livelli. Il primo punto d’osservazione è la scrittura: buon ritmo, invenzioni notevoli, con l’unico difetto – a mio avviso – di un finale troppo prevedibile. Il secondo livello è valutare se quanto di quello che nel 1972 la Rambelli intravedeva come “felicità obbligatoria” sia oggi parte delle nostre vite, soprattutto rispetto allo sport, al mondo dei cosiddetti Vip oppure alle finte trattative sindacali e ai partiti tutti uguali.

A completare il volume «Ma i fior del prato», altro racconto della Rambelli che nella presentazione viene giustamente definito «stile Simak». Meriterebbero entrambi una ristampa, magari fra due anni in un auspicabile «Il meglio di Roberta Rambelli», per degnamente ricordarla a 20 anni dalla morte.

 

Redazione
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