Lo stupro di Parma: accettazione, esclusione, ignoranza

di Chanel 5emezzo

 

Sui quotidiani del 16 luglio è uscita l’intervista alla ragazza stuprata al Raf – un centro sociale di Parma – nove anni fa. “Claudia” ma è un nome di fantasia (*). Gli stupratori sono stati condannati a una pena minore di quella chiesta ma pur condannati. Non è di questioni giuridiche di cui voglio parlare.

Claudia” è stata drogata e fatta ubriacare dal suo ragazzo e violentata da lui e altri due. Alcuni stavano solo a guardare. Fra loro una donna.

Pensare che si possa “guardare” uno stupro mi fa orrore. Parteciparvi vuol dire avere perso totalmente la propria anima, nel caso ne avessimo una.

Per quel che mi riguarda ho perso il rispetto della quasi totalità dei maschi su questo pianeta ma che una donna “assolva” con arroganza e fermezza lo stupratore di un’altra donna è un triste paradosso. Come ha detto Claudia: «loro sono state le peggiori, mi hanno offesa e umiliata sin dall’inizio perché era uscita fuori questa storia ed io ero quella che aveva denunciato e loro li avrebbero sempre e comunque difeso perché amici».

Amico deriva dal latino: “colui che è affine all’amore”. Se questo è amore…. !

Tutto ciò ha a che fare con l’appartenenza a un clan, un gruppo chiuso, una setta. Come la Mafia.

Ho pensato: “non è solo con il pene che si stupra, quindi”. No, evidentemente. Anche con l’ignoranza e la paura.

Perché una donna dovrebbe difendere uno stupratore ? Se io avessi un figlio maschio che violentasse una ragazza lo difenderei o penserei di avere fallito come madre? Non so trovare una risposta sensata al perché una donna debba difendere ciò che potrebbe toccare in sorte (violenta) anche a lei. Forse …. perché certe donne odiano le donne? Gli uomini – mi pare – non odiano gli uomini in quanto tali.

Perché una donna violenta una donna, fiancheggiando gli stupratori? Già, perché alcune lo fanno decidendo di appartenere al “gruppo” per non essere escluse. Ecco: l’esclusione!

Se io (io in senso impersonale) prendo coscienza che affermando il mio diritto di donna e persona corro il forte rischio di essere esclusa dal “gruppo” – cioè dalle regole sessiste e maschiliste, patriarcali dentro cui viviamo – allora mi sento automaticamente esclusa dalla società.

A provocare la solidarietà di alcune donne verso gli stupratori è solo la mancanza di presa di coscienza che a loro potrebbe capitare lo stesso? Sono la paura e l’ignoranza che ci fanno agire così? O cos’altro? Quanto è importante – nel sostegno alla violenza – sapere che gli “amici” (fratelli, padri, amanti) non denuncerebbero mai?

Esclusione e accettazione all’interno di ogni società fanno emergere meccanismi di violenza e ignoranza. Facile e comodo chiudere gli occhi e decidere di NON essere escluse: quindi si decide di dar contro la vittima e salire sul carro del vincitore.

Una ragazza che conosco bene non denunciò il suo stupratore perché “sapeva” che le conveniva non farlo. Molte denunciano, altre non ce la fanno. La famiglia spesso è nemica della giustizia. La famiglia è spesso nemica della donna. A volte mi sembra che alcune donne vogliano far soffrire le altre come vendetta verso uomini contro cui non possono ribellarsi. Sono le stesse che ignorerebbero se accadesse alle loro figlie? E cosa insegnano a figlie e figli? Che il mondo è degli uomini e bisogna darla comunque sia ? O che puoi sempre andare via, reagire perché hai la libertà di scelta?

Quanto alla definizione di “compagni” – per gli stupratori di Parma – non basta qualsiasi appartenenza a sinistra o laica per non essere a rischio di fascismo. Conta quello che fai e che sei. Soprattutto quello che fai.

Decenni di lotte femministe per l’auto-determinazione, la libertà di esprimersi anche attraverso la sessualità… mi sembra ci sia ancora tanta strada da fare. Come disse Einstein: «E’ più facile spezzare un atomo che un pregiudizio». I pregiudizi sono quelli di tanti (e di alcune donne) che continuano a dire: “se l’è cercata” oppure “in fondo cosa vuoi che sia” o persino “se stai ferma non ti succede niente” e ancora “quando ce l’hai dentro ti piace comunque”… “se stavi a casa non succedeva, se non ti vestivi così, e poi chissà tu cosa gli hai detto”…

Se non urli non è stupro: lo ha detto persino qualche giudice.

Abbiamo molta strada da fare. La libertà non è gratis.

(*) in “bottega” questa tragica vicenda è stata raccontata qui: Che  antifascismo è se copre uno stupro? (silenzi e complicità su una violenza: a Parma nel 2010 … ma venuta alla luce con anni di ritardo); cfr anche questo intervento, subito prima della sentenza: Lo stupro di Parma: per «Claudia» e per noi. L’immagine è di Anarkikka.

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