L’ora legale…il film di Ficarra e Picone: niente lieto fine e affilata ironia antiretorica

di Angelo Maddalena

Da Ficarra e Picone non  mi aspettavo chissà quale spessore, lo ammetto: ho dei pregiudizi, anche fondati e sani, su Ficarra e Picone come su Checco Zalone e altri comici del genere: il tipo di comicità facile e superficiale, che utilizza alcuni luoghi comuni per far ridere non mi invita ad andare a vedere i loro film. Ne ho visti uno o due di Checco Zalone e un paio di Ficarra e Picone, ma sempre in Tv o al cinema dopo molto tempo della loro uscita, un po’ come i film di Aldo Giovanni e Giacomo: sono tutti prodotti di Zelig che poi vanno a riempire le tasche di produttori cinematografici che intercettano il gusto del momento e sfruttano il periodo di “fama” di un certo tipo di comici. A Milano negli anni ’90 ho conosciuto un po’ di comici che poi sono arrivati a Zelig (I pali e dispali e altri) e li ho visti al centro culturale di Via Scaldasole. (Alcuni di loro li vedo ogni tanto in qualche filmetto o telefilmetto di area RAI. E pensare che allora lo avevo anche invidiati) Già allora in Via Scaldasole non c’era più la qualità e l’energia degli anni ’80, io sono arrivato tardi, ormai era la fine di un’epoca: niente a che vedere con i grandi comici “tragici” dei tempi del Derby di Milano, dove c’erano Jannacci e altri mostri sacri, ma di questo ne ho solo sentito parlare, recentemente ho trovato un libro di Beppe Viola, che me lo ricordavo come giornalista sportivo con i suoi occhi azzurri chiarissimi, solo da poco ho scoperto che scriveva testi meravigliosi anche per Enzo Jannacci, sia di cabaret sia testi di canzoni. Detto ciò, il film L’ora legale mi ha spiazzato. Non posso dire che sia un capolavoro di docufiction, come qualcuno ha voluto velleitariamente insinuare nel periodo in cui è uscito il film (dicembre 2016 mi pare). Di Checco Zalone ho detto molto sul fatto che non è autore dei suoi testi e che il suo film Quo Vado l’ho visto e mi sono fatto due risate: cabaret fatto a forma di film, non mi è rimasto niente, questo potrei dirlo anche di Albanese e Cetto Laqualunque: ha un certo spessore Albanese, l’ho conosciuto ai tempi di Epifanio e Frenco, ha perso smalto e si è adagiato a certi film di comicità facile, anche se ha fatto film importanti non solo comici, e questo gli fa onore. Di Checco Zalone ho apprezzato (ma non so se ha scritto lui i testi o se le idee erano sue e non di un suo produttore o autore dei suoi testi) la canzone in cui sfotte Jovanotti, e il pezzo di un suo spettacolo in cui fa una parodia di Saviano, cose di almeno 4 anni fa.  Ciò detto, L’ora legale mi è piaciuto, intanto perché non ha un lieto fine, e questo è un segno di grande maturità e coraggio. Poi perché fa una satira (non so fino a che punto consapevole) dell’esasperazione della legalità che diventa legalitarismo applicato soprattutto alla raccolta differenziata. Anni fa avevo scritto un racconto di una passeggiata sull’Etna con Vito, un mio amico di Pedara che è “costretto” a vivere in campagna perché affetto da un’allergia al benzene, Sindrome chimica multipla credo si chiami. Se ne parla molto poco, migliaia di italiani ne soffrono. Vito mi aiutava a smascherare tanti falsi miti e facili alternative, tra cui la raccolta differenziata, che è sì importante ma è anche un palliativo, una forma di controllo sociale e psicologico per evitare di vedere e di affrontare i veri problemi di una civiltà industriale in cui è dominante l’industria atomica e l’industria militare: fino a trent’anni fa si parlava e si agiva contro l’industria militare e nucleare, e non si parlava né si praticava la raccolta differenziata: ma già Gaber in una sua canzone degli anni ’70 o ’80 profetizzava che la raccolta differenziata sarebbe finita “nella merda”. E’ un capolavoro la scena del film L’ora legale in cui un bambino dice che non mangia più lo yogurt perché non sa dove buttare il vasetto di plastica, se lavarlo prima di buttarlo nella plastica e come lavarlo ecc., così come la scena di Salvo (Picone) che mangia la buccia dell’anguria per non sapere dove buttarla. Sono scene che fanno una parodia, ovviamente, ma quanti di noi non hanno avuto difficoltà a capire dove mettere certi rifiuti, e soprattutto, come in una scena del film L’ora legale, quanti di noi non si sono fatti la domanda: “ma il piatto di plastica lo devo lavare prima di buttarlo? Lavare e asciugare o solo lavare?” (ovvio che c’è parodia anche qui); quanti di noi si beano di fare la raccolta differenziata con tutti i crismi ma poi utilizzano l’automobile in forma privata che provoca molto più inquinamento dei rifiuti non differenziati? (io ho conosciuto una ragazza di Torino fanatica della raccolta differenziata e una mia amica che mi chiedeva: “Ma lei usa la macchina ogni giorno? E allora che cazzo rompe le balle con la raccolta differenziata?”). E’ chiaro che si tratta di una “caramellina”: se andiamo a vedere nei raccoglitori di differenziata, quante volte ci sono rifiuti mischiati o anche mal lavati e comunque chi ci garantisce che poi alla ricicleria non se fottano e si rompano le balle di lavare milioni di barattoli dal tonno incrostato e dal pomodoro marcio? Ma non scherziamo! Il cambiamento, come ci dice il film L’ora legale, non può passare dal egalitarismo esasperante, che poi porta a preferire il “vecchio”, anche se poco onesto, ma efficace e meno paranoico e delirante. Il cambiamento, in generale, viene da un’analisi della realtà e da un’azione diretta anche individuale, non facile e non “palliativa”, che poi viene comunicata, per renderla partecipata: se questo non avviene, tutto diventa dittatura, eco fascismo, alternativa facile che comunque arricchisce i pochi: Vito nella passeggiata mi parlava di una lobby di chi fa raccolta differenziata, ditte e società che hanno ammanicamenti per prendere appalti ecc. E mi raccontava anche di una normativa assurda, e cioè dell’obbligo di buttare nella spazzatura il fogliame secco, per evitare incendi, attenzione: in zone di campagna, non in città! Cioè una cosa innaturale e abominevole: tutto ciò per le norme antincendio. E mentre scrivo la Sicilia sta andando in fumo, o buona parte di essa, certamente non a causa di mucchietti di fogliame secco sparsi per le campagne!

 

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