Lumpen Italia. Il trionfo del sottoproletariato cognitivo – Davide Miccione 

analisi dell’ignorante ipermoderno (un libro dell’orrore letto da Francesco Masala)

Davide Miccione, professore universitario, fa un’analisi dell’ignorante ipermoderno.

a partire dalla sua esperienza con gli studenti, ascoltando qualche castroneria, generalizza la figura dell’ignorante ipermoderno.

chi non l’ha mai incontrato?

non sono solo i giovani, ma anche gli adulti, che ormai senza vergogna si vantano di non sapere (povero Socrate, lui sapeva di non sapere).

i nostri rappresentanti politici rispecchiano gli elettori, ogni volta che parlano è un dramma, sia per la lingua italiana, sia per i contenuti.

Miccione cerca di capire quando questa ignoranza è stata sdoganata, ormai è strabordante, la tv la mostra ogni momento, è la regina della tv.

anche la scuola fa la sua parte, nella diffusione dell’ignoranza, e i danni si vedono e si vedranno una generazione dopo; un tempo bisognava sapere e avere una cultura generale, utile per ogni sbocco lavorativo, adesso importa saper fare, e l’addestramento al lavoro, ogni studente dovrà lavorare 43 anni almeno per uno straccio di pensione, togliamolo dai banchi un po’ di mesi per assaggiare l’impresa, e in più lasciamolo un anno in meno a scuola, che evidentemente serve a poco.

l’ignorante ipermoderno si forma da giovane, noi siamo avanti nella formazione.

 

 

L’estraneità ai libri, vissuta un tempo come umiliazione sociale, oltre che come discriminazione culturale, si trasforma in un vanto. “Chi non ha letto un libro negli ultimi anni?” è una domanda che una volta avrebbe messo a disagio. Oggi fanno a gara per alzare la mano. Spesso le loro facce sono un avallo, autorevole quanto convincente, delle loro scelte. Se devono spiegarsi, possono arrivare fino a tre errori in una sola frase, farfugliata con una ostinazione degna di miglior causa. Ma non è un problema di istruzione. Ho sentito neolaureati giulivi, in una indagine settoriale, dichiarare con fierezza di non leggere mai nessun classico, di nessuna epoca.

(Giuseppe Pontiggia)  (p.22)

 

Vi è anche l’esorbitante tendenza a esportare, senza alcuna riflessività epistemologica, idee e luoghi comuni di ordine tecnico, economico, manageriale, di psicologia applicata in ambiti che rispondono (rispondevano, risponderebbero) ad altri criteri e altri valori. Non è solo italiana, ad esempio, l’idea che le abilità tecniche e le competenze immediatamente spendibili siano ormai  immensamente più importanti ella cultura generale. Con ciò, oltre a non porsi la domanda su quali enormi costi per la nostra civiltà possa avere la scomparsa di un’idea di formazione culturale sostituita dalla ricerca di mere competenze, si postula tragicamente e inconsapevolmente (giacché la consapevolezza appartiene a quel mondo ormai obsoleto)come unica valida un’idea di società in quanto macchina produttiva e di individui come mezzi, il cui senso è dato dall’essere idonei a portarla avanti. (p.62)

 

In senso estensivo gli intellettuali sono coloro che mantengono in vita la civiltà umana occidentale come siamo abituati a pensarla da secoli, cioè un luogo dove si crea e si fruisce arte visiva e musicale, letteratura…questa società di “intellettuali” nel senso esteso che stiamo adottando, dovrebbe ormai coincidere con l’uomo contemporaneo occidentale. Al contrario essa appare in Italia assai ristretta. (p.115)

 

QUI il primo capitolo del libro

 

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

4 commenti

  • Una conferma e un ampliamento della constatazione del declino culturale dell’occidente, parte di quel declino generale della civiltà che l’incessante lotta di classe delle classi dominanti va producendo. In questa fase, nel corso di questo secondo episodio dello scontro tra capitale e lavoro ha vinto il capitale. Il prezzo lo paga l’umanità con l’incipiente barbarie e la minaccia di estinzione. C:è un solo modo per invertire la tendenza. Impariamo dai nostri nemici. Come Renzi è dalla parte di Marchionne senza se e senza ma, pure noi dobbiamo imparare a essere dalla parte dei lavoratori, senza se e senza ma. Per far sì che questo nuovo scontro secolare si risolva con la vittoria del lavoro. A questa condizione è solo a questa condizione il crollo dell’impero può essere evitato. E il principio di civiltà costituito dalla pace e dalla fratellanza tornare a regolare i rapporti tra i popoli.

  • Ancora una volta le sollecitazioni di Francesco aprono uno squarcio su una realtà, volutamente, ignorata. Pagheremo tutti il prezzo di questo sfacelo. E non sarà indolore.

  • gian marco martignoni

    Ringraziando Francesco per l’interessante segnalazione, credo che l’intervista all’ indimenticabile Tullio De Mauro “La cultura degli Italiani”, pubblicata dagli Editori Laterza a metà degli anni duemila, abbia largamente anticipato la tendenza “sottoculturale” ora messa a fuoco dal professore Davide Miccione. Se a tutto ciò sommiamo la scomparsa nel nostro paese di una combattiva sinistra di classe, altro che sfacelo…..

  • Francesco Masala

    a Martignoni: dal 2004, anno del libro di De Mauro, le cose sono solo
    peggiorate, e non si vede come invertire la tendenza. alla fine del suo
    libro Miccione fa qualche proposta per intervenire e cambiare registro,
    ma non pare che la realtà abbia letto il suo libro e provato ad
    applicare le sue proposte 🙁
    a “doloreseii”: e pagheremo caro
    a Miglieruolo: il ragionamento non fa una piega

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