L’uomo che sopravvisse all’impiccagione

Alireza M. il 9 ottobre è rimasto impiccato alla gru in un carcere dell’Iran senza poter respirare per 12 minuti. È stato dichiarato morto ma è ancora vivo. Lo volevano impiccare una seconda volta.

Ripreso dal «Foglio di collegamento» 209 (ottobre 2013) del comitato Paul Rougeau (*)  

Il 22 ottobre una dichiarazione del ministro della Giustizia Mostafa Pour-Mohammadi ha posto fine a un serrato dibattito fra giuristi e chierici iraniani in merito alla necessità di impiccare di nuovo un uomo di 37 anni, identificato come Alireza M., che il 9 ottobre, pur dichiarato morto, sopravvisse alla sua esecuzione.

È stato Pour-Mohammadi ad annunciare che il condannato non sarebbe stato impiccato di nuovo. «Non sarebbe conveniente [all’immagine del Paese]» ha detto. Ma sappiamo che la decisione in merito è stata presa dal capo del potere giudiziario, l’ayatollah Sadeq Larijani, cui erano pervenuti numerosi appelli in favore di Alizera M., sia dall’interno che dall’estero.

In un primo tempo i giudici avevano precisato che Alireza sarebbe salito di nuovo sulla forca «una volta che l’equipe medica avrà confermato che le sue condizioni di salute siano sufficientemente buone».

«L’orrenda prospettiva che quest’uomo affronti una seconda impiccagione, dopo essere passato già una volta per tutto il suo supplizio, sottolinea la crudeltà e l’inumanità della pena di morte» aveva dichiarato Philip Luther, di Amnesty International.

Alizera M., condannato a morte per spaccio di droga, era stato sottoposto ad impiccagione lenta mediante sospensione per 12 minuti a una gru nel carcere di Bojnourd nel nord-est dell’Iran. La sua “salma” chiusa in un sacco di plastica era stata trasportata in una camera refrigerata. Il rapporto sulla sua esecuzione era stato redatto e firmato.

Il giorno dopo, poco prima di restituire Alireza alla due giovanissime figlie, un addetto alla morgue si è accorto che il sacco in cui era rinchiuso risultava appannato e che il condannato respirava.

Portato all’ospedale, Alireza M. è stato sottoposto alle cure del caso.

Alcuni giorni dopo si è diffusa la voce che egli si stava rapidamente riprendendo, seguita da una voce di segno opposto: il condannato era in coma in condizioni quasi disperate. Probabilmente è vera la seconda evenienza ma – fino al momento di chiudere il presente articolo (a fine ottobre) – non è arrivata la notizia del suo decesso.

Per quanto riguarda la situazione iraniana, dobbiamo purtroppo dire che l’Iran procede con velocità impressionante con le esecuzioni: ne sono state contate da Human Rights Watch ben 508 nel corso di quest’anno.

Le speranze che il nuovo presidente della Repubblica islamica dell’Iran, il moderato Hassan Rowhani, potesse intervenire per porre un freno a questo enorme orrendo massacro sono state, almeno fino a ora, del tutto deluse.

In merito alle esecuzioni “mal riuscite” vedi l’articolo del numero 172. L’articolo parla anche del nero Willie Francis, minorenne all’epoca del delitto a lui contestato, che il 9 maggio 1947 subì per la seconda volta a distanza di un anno il supplizio della sedia elettrica.

Ecco l’indice del numero 209

La salvezza per Warren Hill è «proceduralmente sbarrata»

La Florida uccide anche Marshall Lee Gore

Alireza, l’iraniano che sopravvisse alla sua impiccagione lenta

Datagate, gli americani fanno le cose in grande

Privacy, una questione di democrazia planetaria (di Stefano Rodotà)

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Notiziario: California, Florida, Iran, Iraq, Italia, Mississippi, Nevada, Texas, Usa.

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