«L’uomo stocastico», frullato di tempi e universi

Un buon esempio di fantascienza filosofica, non però il migliore dei romanzi di Robert Silverberg.

A 35 anni dalla pubblicazione, ritorna – è ancora in edicola [nella Collezione Urania] per qualche giorno – «L’uomo stocastico» che sin dal titolo turbò l’ala più tradizionalista della science fiction. E infatti la prudente Urania spiegò subito in quarta di copertina che «stocastico [è] voce dotta, dal greco: congetturale, dovuto al caso, aleatorio».

Le prime righe del romanzo potrebbero davvero essere prese da un testo di filosofia. Ma subito scivoliamo nel quotidiano: ecco Lew Nichols, «capelli biondo rossicci, occhi scuri», alle prese con gli insegnamenti – e i soldi – dell’«onniveggente Martin Carvajal». E’ un breve flashforward; solo il passare delle pagine – e degli anni –  potrà farci capire quale lotta tremenda abbia ingaggiato il nostro Lew.

Senza troppo svelare diciamo che il fulcro è se Paul Quinn sarà presidente degli Stati Uniti. Ma anche i privati affari di Lew sono assai interessanti, compresi i suoi rapporti erotici con la bella Sundara [c’è persino una citazione del Kama Sutra che all’epoca deve essere apparsa piuttosto scandalosa] e i suoi rapporti quasi erotici con New York che cresce, muta, invecchia, sembra moribonda ma poi ringiovanisce e  comunque  resta sempre nel suo cuore.

Come libertario Silverberg non è privo di ombre eppure la sua analisi di quanto il potere sia tossico resta esemplare, qui come in altri romanzi. Resta impareggiabile come sintetizzatore di complesse questioni filosofiche e scientifiche con al centro diverse idee del tempo, anzi «un’infinità di universi» per dirla con Giordano Bruno. Lo schema che il misterioso Caevajal disegna su una tovaglia non fa solo sobbalzare Lew e il cameriere che lo sbircia ma turba … chiunque si trovi a leggerlo.

Molte le frasi memorabili e/o citabili. Interessante il ragionamento sui possibili sbocchi per chi «assume simultaneamente due posizioni opposte e tenta di conciliarle». E forse Robert Silverberg senza neppure accorgersene stava parlando delle ultime righe del suo libro quando mette a confronto le idee opposte [su Dio, l’universo e dintorni] di Jacques Monod e di Albert Einstein.

Se volete approfondire la conoscenza con Silverberg trovate su questo blog la recensione del romanzo «Morire dentro» e di due splendidi racconti lunghi [o romanzi brevi, fate voi] del 1971 e 1974 che l’editore Fazi nel 2008 ha assemblato – con il titolo «L’amore al tempo dei morti» – perché accomunati dall’incrocio fra Eros e Thanàtos ma anche dall’idea che il morire possa essere sconfitto dal desiderio.

Ovviamente il Quinn di «L’uomo stocastico» non è l’unico fanta-presidente degno di interesse. Anzi. Non per “auto-spot” ma per doverosa informazione: se vi interessa approfondire come la fantascienza abbia affrontato il paradigma del presidente degli Stati Uniti – anche come simbolo del massimo potere- al tema è dedicato l’ultimo capitolo nel saggio [un po’ insolito] «Di futuri ce n’è tanti» che ho scritto con Riccardo Mancini e pubblicato [nel 2006] da Avverbi.

Avviso finale per distratti. Fra pochi giorni. sempre in edicola cioè in Collezione Urania, potrete mettere le vostre zampacce sull’introvabile «Norstrilia» di Cordwainer Smith. Come direbbe il disneyano Pippo… «yuk yuk, troppo gusto per me».

Questa recensione sarà in voce (in versione leggermente diversa) su Radio Città Fujiko di Bologna dove consiglio di ascoltare l’eccellente trasmissione scientifica «Caccia al fotone» curata ogni settimana da Fabio De Sicot. Altre (mie) recensioni di fantascienza si possono ascoltare nell’archivio o leggere su www.carta.org (nella sezione “ozio” digitare “futuri”, una rubrica dedicata alla memoria di Riccardo Mancini).

Redazione
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