Ma che sapore avrà il biodiesel?

di Alessio Adamiano – fedorpavlovic@yahoo.it

Non aveva tutti i torti Fidel Castro quando, durante una conferenza stampa, per rispondere ad una giornalista che lo incalzava sulla politica energetica cubana, disse che i biocarburanti “affamano i paesi poveri del mondo, riferendosi soprattutto ai paesi sud americani che utilizzano ogni anno centinaia di migliaia di ettari di terreno per la produzione di biodiesel e bioetanolo. Ma cosa sono questi bio-carburanti, e che tipo di conseguenze ha la loro produzione? Il problema in se stesso è facilmente inquadrabile in termini generali, ma diventa più complesso man mano che l’analisi si sposta su scala locale. Non è difficile stabilire gli effetti a breve termine della produzione di biodiesel sull’economia o sulla popolazione di un paese, mentre è molto più difficile effettuare un bilancio costi/benefici su lungo periodo per le singole aree di una regione geografica, all’interno di un mosaico “economico-sociale e ambientale”.

Prima di cominciare, è meglio chiarire quali sono e che cosa sono i “bio-carburanti” ed i  “bio-combustibili”. Innanzitutto, questi due termini non sono sinonimi. Il primo si riferisce a miscele, solitamente liquide, ottenute per via indiretta da piante o altri organismi (come le alghe ad esempio) per l’alimentazione di motori a combustione interna (macchine, autobus, moto, e tutti quei motori che possono essere accesi girando una chiave o spingendo un interruttore). I bio-combustibili, provengono dalla stessa fonte, ma hanno una funzione diversa: vengono “bruciati” o “combusti” per la generazione di calore, come succede ad esempio in una centrale termoelettrica o in una stufa a olio. Tecnicamente, il legno o la carbonella che mettiamo nel caminetto funzionano da bio-combustibili; avete mai avuto la malsana idea di metterli nella vostra macchina? Credo di no.

Se invece avete in mente le immagini dei treni nel vecchio west, con il vapore che sbuffa dalla sommità della caldaia alimentata a carbone e legna, fermatevi un secondo. Quelli non erano motori a combustione interna o a scoppio, ma semplicemente motori a vapore; quindi il legno ed il carbone servivano solo per produrre il calore necessario alla generazione del vapore.

La domanda principale adesso è: tutti questi biocarburanti o biocombustibili (ma chi se ne frega di come li chiamiamo) vengono prodotti tutti alla stessa maniera?

La risposta è “no”

Esistono diversi bio-carburanti che si distinguono, in base alla materia prima da cui vengono prodotti, in bio-carburanti di prima, seconda, terza e addirittura quarta generazione. Sulle definizioni specifiche non è stata ancora raggiunta univocità nella comunità scientifica ma, in linea di massima, possiamo catalogarli come segue:

Bio-carburanti di prima generazione: prodotti da materie prime che potrebbero essere utilizzate per l’alimentazione umana o come foraggio in zootecnia.

Bio-carburanti di seconda generazione: prodotti da piante (pioppo, miscanto, panico verga) o parti di esse (come i residui agroindustriali) costituite principalmente da materiali ligno-cellulosici non commestibili per l’uomo.

Bio-carburanti di terza generazione: principalmente biodiesel, idrocarburi e idrogeno prodotti dalle alghe.

Bio-carburanti di quarta generazione:prodotti da organismi modificati geneticamente (sia piante che microorganismi).

E’ chiaro come per i bio-carburanti di prima generazione (la cui tecnologia produttiva è da tempo “matura”) sorga il problema della competizione con il mercato destinato all’alimentazione umana, mentre per gli altri si profilano altre difficoltà nel campo economico (come sempre), ambientale, gestionale e tecnico.

Ad esempio, i problemi dei bio-carburanti di seconda generazione sono relativi alla scarsa qualità dei combustibili (problema tecnico), alla competizione con altre industrie (come ad esempio la produzione della carta da coltivazioni di pioppo) ed alla individuazione di zone adatte sotto il profilo economico ed ambientale alla coltivazione di piante “che non si mangiano” dal basso valore commerciale (problema gestionale). Per contro, i vantaggi sono molteplici, in quanto questa tecnologia permette di utilizzare scarti agricoli per la produzione di calore ed energia elettrica. Inoltre le coltivazioni di piante ad hoc, come il Panicum virgatum, potrebbero avere un effetto benefico per l’erosione (non c’è bisogno di arare il campo) e la fertilità dei suoli (grazie alle sue radici rizomatose). Problemi analoghi, ma di natura diversa, sono connessi alla produzione di biocombustibili di terza e quarta generazione, il cui sviluppo in tempi più o meno brevi dipenderà esclusivamente da quante risorse verranno investite in questo campo per la ricerca.

Adesso che c’è una base comune di conoscenze da cui partire, ritorniamo a Cuba.

Quando Fidel parlava di “affamare i paesi poveri”, non intendeva certo riferirsi alle alghe per la produzione di idrogeno, ma c’è un altro passo da fare.
Il pensiero che, in una nazione afflitta dal problema della malnutrizione, parte delle risorse alimentari vengano utilizzate per la produzione di carburanti fa drizzare i capelli; ma perché non avviene la stessa cosa quando si parla dell’allevamento di animali?

L’associazione d’idee può sembrare bizzarra, ma analizzando il problema nel dettaglio, qualcuno potrebbe ricredersi. Gli animali allevati si mangiano, è vero, ma quanti ettari di terreno servono per sfamare una mucca che poi darà da mangiare solo a poche famiglie? E se questi ettari di terreno fossero coltivati a patate e mais, quante famiglie riuscirebbero a sfamarsi, mantenendo comunque una dieta bilanciata in proteine? E quanto gravano le diete iperproteiche dei paesi industrializzati sui paesi in via di sviluppo? Guardando la carta di uso dei suoli, qual’è la percentuale delle terre utili all’agricoltura coltivate per l’industria zootecnica e la produzione di bio-etanolo? Quanta della carne consumata in Europa viene dall’Argentina, o dall’Uruguay? Quanto stiamo ingrassando sulle spalle del mondo?
Che sapore avrà il biodiesel?

A venerdì prossimo la seconda parte del post, sempre su questo Blog-gest!

 

Alessio

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