Marco Peressi: «Madonna di Comerzo»

«Matta intelligenza» quella di Mario che scappa dalla «città della muffa», «Tristo Capoluogo», senza sapere che sarà il suo ultimo viaggio.

Le prime righe del romanzo «Madonna di Comerzo» ci dicono che Mario è morto. Chi legge capisce subito che l’autore, Marco Peressi, non risparmierà ingegno e fatica per cercare la verità che è così difficile da trovare pure quando la «v» è minuscola.

Prima di andarsene, Mario ha affidato all’amico Soriano «due scatole di cartone rosse». Dentro c’è soprattutto il materiale che riguarda Beppo, il padre di Mario, verace friulano e pugile (anzi: «lavoratore del ring»).

Niente boxe invece per Mario ma esperienze variegate:

«tipografo, attore, impiegato statale, venditore, regista, fotografo, rapinatore, sindacalista, agente di viaggio», in ognuna di quelle attività Mario «si era generosamente speso». Un iper-attivo; o quanto-frenico come avrebbe detto il mio amico Riccardo Mancini che di parole fu – come Peressi – giocoliere, riciclatore, geografo, pescatore e artefice.

Per squarciare «le circostanze poco chiare» della morte dell’amico – così il gergo della Farnesina – non resta a Soriano che partire. Una traccia lo porta verso un imprevisto, travolgente amore di Mario in Romania, ma dovrà prima passare dall’ambasciata italiana di Budapest che gli ha recapitato l’ultima lettera dell’amico.

Non è un investigatore Soriano ma dispone di qualche asso (atout, se giocate a bridge). Un amico psicoanalista gli dà ottimi consigli. Un’insonnia creativa lo affatica ma spesso lo illumina. Soprattutto può contare sulla «antenna», una misterosa capacità (passatagli da mamma Albina detta Binùte) per cui più osserva e tocca le immagini, più esse gli “parlano”. Ma a volte basta sapere il dialetto friulano o interpretare una cattiva grafia per farla in barba agli sbirri. Un portiere d’albergo veneto o un prete di paesello sono positivi imprevisti. Il resto lo fa la pioggia.

Il recensore dovrà tacere molti passaggi della storia. Chi si farà prendere dal ritmo resti però attento alle immagini fugaci, specie se azzurre; all’improvviso «odore acre di sudore»; a «scalpiccii, scricchiolii, colpi sordi, fruscii»; e nel finale a quello che Soriano si lascia alle spalle.

La trama è fitta nel reale come nella dozzina fra sogni e visioni che accompagnano il protagonista.

«Cinque pezzi facili» era il titolo (ambiguo) di un vecchio, bel film. Sono almeno 5 i pezzi difficili ma bellissimi che Peressi suona dentro questo denso, galoppante libro. La corsa in macchina (pagine 47-48). Il mistero dei graffi profondi. L’auto-ironico riassunto (125-126). Gli incontri con il Merda nei sogni. La frase «ma Soriano non si voltò». Oltre alla soluzione (o no?) dei misteri.

E’ la piccola casa editrice Aljon (sta per Alto Jonio e infatti ha sede in Calabria) a proporre – 12 euri per 168 pagine – questo romanzo che, mi si dice, ha accumulato rifiuti (o probabilmente non letture) da molti editori, a dimostrare o confermare che non sanno fare il loro mestiere.

La quarta di copertina definisce Peressi «narratore ctonio» (sul vocabolario sta fra ctenefori e cubanizzare ma mi guarderò bene dall’impedirvi un po’ di ginnastica verso gli scaffali del sapere). Sempre la quarta lo colloca a Novara e sottolinea la sua «non appartenenza» come il gusto «per registri stilistici diversi» (vero) e la ricerca di «sapide fragranze lessicali» (idem). Io so di lui moooolto più di quanto dica la quarta ma: 1) i segreti, fossero pure di Pulcinella, non si svelano senza una ragione; 2) essere amico di Peressi non mi costringe a parlar bene dei suoi scritti (lo faccio invece con consapevolezza mista a invidia).

E in virtù del suddetto punto 2 posso sbilanciarmi ulteriormente. Se a Natale usate fare doni e vi troverete qualche soldo in tasca vi consiglio di regalare «Madonna di Comerzo» e/o una borraccia. Tornerò presto sulla borraccia (ma se fate mente locale agli ultimi referendum…) intanto – se mi darete retta – potete già ordinare il romanzo.

Redazione
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2 commenti

  • Ho letto il libro tutto d’un fiato. Originale lo stile, bella la storia. Ho conosciuto i protagonisti ed ho dato con entusiasmo la voce a Beppo sapendo che il nostro Mark avrebbe usato quelle frasi per la presentazione del libro. Lo spettacolo “Il Match” che Peressi ha utilizzato per presentare il libro mi ha molto colpito per originalità ed attualità del messaaggio. Spero che Marco voglia scrivere ancora molto sul personaggio di Beppo e sappia trarre molte ispirazione dai due scatoloni rossi. Jacum

  • c’ero anch’io, a bordo ring, la sera in cui mp è tornato, complice la madonna di comerzo, a fare a pugni sul quadrato.
    bella guardia, non c’è che dire, bassa e guascona, che assieme al gioco di gambe, ricordava i tempi in cui mohammed alì era ancora cassius clay.
    poi è stata pioggia di jab, uppercut, ganci, montanti, sommommoli, giambi, epodi e ditirambi.
    l’avversario (che qui vorrebbe la maiuscola di cui sono obiettore) vacillava, groggy come dopo una prima comunione.
    perchè – in quanto scrittore ctonio – mp è pure esorcista di strada, come di
    strada fu boxeur, avvezzo a concludere prima del limite, con un fulmineo uno-due scatenato dalla fifa dell’intelligenza e dal coraggio della volontà.

    giacché di ordito animale e di trama etica è proprio tessuta quella sua umanità che talvolta si fa narrazione.
    e in quel narrato – che sempre vuol prevalere sul narrante – trasparenti e incorrotte entità celesti si rispecchiano in acque torbide d’acheronte così come accade nel cuore di chiunque abbia degnato di una minima attenzione la propria esistenza.

    che mp avesse in mente una sua strada da fare mi è chiaro sin dai tempi in cui frequentò, da antagonista, la prima liceo, così come mi fu subito evidente che avrebbe evitato la banalità del rettilineo.
    strada ce n’è ancor tanta, e tornanti, e salite – da sfiancarsi, ma la svolta di comerzo è stata fondamentale.

    fai un fischio se ti serve la borraccia.

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