«Martin Eden»: bel film ma…

… il coro degli elogi è sospetto

di Fabio Troncarelli

Il due settembre scorso è stato proiettato a Venezia «Martin Eden» di Pietro Marcello. Il pubblico presente è stato entusiasta. Ancora più entusiasti i critici cinematografici. Ha scritto per esempio Cristina Battocletti su Il sole 24 ore del due settembre: «Jack London sarebbe contento di questa versione cinematografica del suo Martin Eden per la regia di Pietro Marcello… Nove minuti di applausi hanno salutato la proiezione ufficiale in Sala Grande del film italiano in corsa per il Leone d’oro. Quello di Marcello è un racconto spettinato, anarchico, sperimentale e pieno di poesia, molto coerente con il personaggio del libro, che di fatto è la trasposizione su carta dell’intellettuale americano».

Troppa grazia Sant’Antonio! Da quanto è che non leggiamo sui giornali parole simili? E non basta. Tutti si sono precipitati nelle sale, decretando senza appelli che questo film è destinato a un successo travolgente. E poi, ciliegina sulla torta (un po’ piccoletta a dire il vero) è venuta anche la Coppa Volpi per il miglior attore protagonista che i giurati del festival di Venezia hanno elargito, bontà loro, al bravissimo Luca Marinelli che ha interpretato il personaggio principale, il mitico Jack London che hanno amato e ammirato tanti adolescenti di un tempo (oggi un po’ meno).

Un po’ stupefacente in questo successo è il fatto che una volta tanto tutti siano d’accordo e soprattutto sembrino afferrare al volo perfino le allusioni più segrete dell’opera, con una perspicacia e una disponibilità intellettuale che in Italia è veramente rara. Ascoltiamo l’articolo già citato: «Pietro Marcello ambienta la sua personalissima versione dell’autobiografia dello scrittore californiano in Campania. Usa registri differenti … utilizza molte immagini di archivio e strizza l’occhio a tanti generi, perfino ai melò napoletani, in cui Nino D’angelo correva sulla spiaggia. La locandina è ricalcata sul genere di film in cui era protagonista Amedeo Nazzari… Il risultato è un film pieno di poesia con un grande Luca Marinelli. “Martin Eden è un essere umano – ha spiegato Marinelli riferendosi al suo personaggio -. Era un avventuriero come è lo stesso Jack London”. Marcello ha invece contestato l’identificazione da parte sua con Martin Eden: “Non credo sia la mia storia. È solo un’evoluzione del mio cinema. Quella di Jack London è la storia di tanti personaggi del Novecento, da Michael Jackson a Fassbinder: sono esseri umani che perdono il contatto con la vita quotidiana. Martin Eden tradisce la sua classe di appartenenza, e viene travolto dall’industria culturale. Io non ho mai avuto i mezzi per fare il mio cinema e non rinnego quel periodo, anzi tornerei a fare i piccoli documentari. Ora il film non è più nelle mie mani, però posso dire che lo abbiamo realizzato in uno stato di grazia”».

Benissimo. Non possiamo che rallegrarci se un regista sperimentale e originale come Marcello, che non aveva riscosso lo stesso consenso con film struggenti e coraggiosi come Bella e perduta, adesso invece venga amato da tutti, anche se ci viene spontaneo fare la stessa osservazione che fa Martin Eden alla fine del film parlando dei suoi libri rivolgendosi al pubblico adorante e cioè (più o meno): «Le mie opere prima le odiavate e dopo invece le amate. Ma sono sempre le stesse. Perché fate così?».

In ogni modo non vogliamo guastare la festa a nessuno, meno che mai al superlativo Luca Marinelli e ci riteniamo paghi e soddisfatti di quello che è successo e sta succedendo. Quanto al film, se volete sapere di che cosa parla avete solo l’imbarazzo della scelta perché su ogni giornale che si rispetti e perfino nei bollettini parrocchiali riciclati su internet c’è un riassunto della storia amara e commovente del giovane proletario e/o marinaio inventato da London, che si innamora di una ragazza bella e ricchissima e per amore di questa Beatrice ridisegnata da Henry James si mette a leggere e a studiare diventando – lui che era quasi analfabeta – un intellettuale e soprattutto un grande scrittore, fermo restando che prima di avere il successo deve sudare sette camicie e subire il disprezzo di tutti, compreso quella della bella Beatrice di provincia che in fondo è solo una snobetta yankee molto sensibile ai muscoli del suo spasimante ma terrorizzata dal fatto che abbia una mente.

Detto questo, ci sembra inevitabile fare un commento. Visto che gli italiani di oggi sono tanto prodighi di lodi ai registi sperimentali e pronti ad andare in estasi per la favola anticapitalista del povero straccione che tutti i ricchi disprezzano e perfino i suoi amici proletari commiserano, ma che alla fine è migliore di tutti e resta disperatamente solo anche e soprattutto dopo aver raggiunto il successo, perché come l’Albatros di Baudelaire vola troppo in alto per i comuni mortali… visto tutto questo e vista l’incredibile attenzione riservata a un regista che usa il metodo del cosidetto “montaggio a contrappunto”, che è antinaturalista e astratto, che mescola generi e situazioni a piene mai e gode nello spiazzare lo spettatore, non rispettando neppure la più elementare cronologia… ecco visto che il pubblico è così maturo dimostrando tanta intelligenza e tanta capacità di capire, allora come mai il sullodato pubblico non scende in piazza compatto, bruciando gli studi televisivi che proiettano per l’ennesima sera Abbronzatissimi e Piedone lo sbirro a intontire lo spettatore con un’overdose di pubblicità demenziale che manco il metadone a manetta la caccerebbe mai via dalle vene? E come mai non si gridano slogan come “Prima serata libera!”,“Aridatece Bergman e Fellini!” oppure “Siate realisti: chiedete l’impossibile”? E anche senza sognare eccessivamente, perché tutti questi saccenti critici che sbavano di fronte ai giovani disprezzati dai potenti e schiacciati dalle “magnifiche sorti e progressive” degli opposti neoliberismi non esigono, con minacce di sciopero della vista, la proiezione del Giovane meraviglioso di Martone ogni sera che Dio comanda? Già, perché, senza dovere andare peregrinando per i sette mari come Martin Eden, la Napoli adottiva di questo eroe yankee è la stessa che ha adottato l’ altro giovane meraviglioso scrittore che tutti rifiutavano, quel Leopardi che Martone ha portato sulla scena e in particolare nei vicoli dei Quartieri Spagnoli con un’audacia, una fermezza, una bravura superlativa, da far impallidire ogni teoria del “montaggio a contrappunto” e ogni critico filisteo che prima chiagne e fotte mattina e sera ma dopo una onorata carriera di leccapiedi si mette le penne del pavone e diventa improvvisamente un collega di Truffaut sui Cahiers du cinéma che stravede per il cinema sperimentale. Cosa dire poi del meraviglioso Vincere di Bellocchio, che mette a fuoco così bene che Mussolini era un Mostro peggio del Mostro di Dusseldorf e viene per questo sonoramente snobbato da un volgo disperso che nome non ha, che però si ringalluzzisce subito quando il primo pennivendolo mediocre e ignorante sulla piazza sforna un volumone bric-à-brac, un mattone pieno di errori, smarronate, confusioni e scemenze sullo stesso tristo «Pirgopolinice (di Plauto) con le gambe a squadra», facendolo passare per una specie di Harrison Ford alla ricerca dell’arca perduta, un avventuriero un po’ ribaldo ma in fondo tanto simpatico, come tutti i malandrini del nostro adorabile strapaese?

Ecco se queste domande trovano ricetto nei miei sempre più scarsi lettori, allora potremo vederci in pace Martin Eden che è senza dubbio un bel film (anche se la fine è un po’ incasinata e confusa) e dare i giusti onori a un regista molto bravo come Pietro Marcello, senza paura che troppe lodi e troppa carità pelosa lo possano trasformare in un genio compreso, una figura tanto cara al nostro inossidabile, piccoloborghese, neodannunzianesimo straccione, il quale pensa ossessivamente che l’eroe sia solo il bel tene-o-broncio e non sa nulla dell’eroico eroe per caso che per caso sorride con un triste sorriso a chi è come lui, a chi non ha niente da perdere, neppure le sue catene, come la leopardiana Teresa Fattorini «assai contenta di quel vago avvenir che in mente aveva» .

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Un commento

Rispondi a Francesco Masala Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *