Mauro Corona e Franco Arminio: due facce della stessa patacca?

Diciassettesimo appuntamento con l’«Angelo custode» ovvero le riflessioni di ANGELO MADDALENA per il lunedì della bottega

Da un po’ di tempo rifletto su figure mediatiche e letterarie partendo da Mauro Corona, che ho rivisto intervistato a Carta bianca da Bianca Berlinguer. Poi ho letto un appunto su fb di Leando Janni, un architetto di Caltanissetta a cui sono legato affettuosamente per incontri che davano voce a disastri e a possibilità di resistenza in Sicilia e altrove. Leandro ha scritto una doverosa denuncia per la presenza indecente e inopportuna di Mauro Corona a trasmissioni come Carta bianca. Anni fa Alessandro Trocino aveva pubblicato il libro «Le pop star della cultura: la resistibile ascesa di Saviano, Camilleri, Beppe Grillo, Carlo Petrini, Allievi e Corona». Parlando con una coppia di persone che vende la porchetta in Umbria, dove abito, lei un po’ per provocarmi mi ha detto «Ma perché non vai al Maurizio Costanzo show?», poi si è corretta: «Ma forse uno come te lo manderebbe a fanculo al Costanzo, perché lì ti usano come animale da baraccone, ti fanno dire quello che vogliono loro» (oggi queste cose si applicano ai talent condotti spesso, guarda caso, dalla moglie di Costanzo!). Suo marito è stato più tranchant: «Io lo odio Maurizio Costanzo, ha rovinato l’Italia, ha fatto diventare importanti persone truffaldine e di basso livello culturale, ha lanciato personaggi come Valerio Mastandrea, e in più ha lasciato nell’oblìo e quindi non ha valorizzato persone che meritavano davvero visibilità e importanza». Sembrerà strano, ma oltre all’analisi lucida e impietosa di Fabio (così si chiama il porchettaro) che mi ha rallegrato – fino ad ora non mi è capitato spesso di sentire, parlando così per strada, una consapevolezza talmente lucida di certi meccanismi mediatici e dello “shobiss” – , ho ritrovato parole simili proprio all’inizio del libro di Alessandro Trocino. Non so se Corona sia nato anche lui dalla “pancia” di Costanzo, non è questo l’importante. Quando ho risposto a Leandro con un post su fb, ho citato anche Franco Arminio come esempio di personaggio “patacca”, sebbene forse a un altro livello di Corona. Per inciso: Mauro Corona è uno scrittore che a sentirlo parlare ti viene il dubbio che negli ultimi trent’anni le grandi case editrici siano sempre più cloache pronte a pubblicare chiunque purché sia un personaggio che fa vendere (ho letto un libro di racconti di Corona: vomitevole soprattutto per il suo auto citarsi, quindi l’autoreferenzialità).

Di questo parla molto meglio di me Gordiano Lupi nei libri «Nemici miei» e un altro (mi sfugge il titolo) pubblicati da Stampalternativa. Corona è una espressione plateale di tutto ciò: la cosa più penosa e vergognosa è la mancanza di spina dorsale in personaggi come lui che interrogati sulla realtà politica di oggi non solo lasciano intendere di non avere nessuna consapevolezza ma poi fingono di capirci qualcosa, dicono e non dicono: insomma: buffoni patentati. Nel senso antico del termine buffone: narratori compiacenti e interpeti di testi altrui, che non assumono mai la responsabilità politica e individuale.

Poi c’è Franco Arminio, che ho avuto modo di conoscere direttamente, partecipando a un festival che lui organizza e quindi ho vissuto sulla mia pelle la “superficialità, i vagheggiamenti e la carenza di serietà” di questo personaggio. Leggendo una critica di un certo Valentini (che critica un libro di Arminio) vengo a sapere che è stato accostato, da Marco Belpoliti, a Sciascia e a Pasolini! Qua mi potrebbe aiutare Gordiano Lupi che nei suoi libri spiega come ci siano critici letterari prezzolati da case editrici, pronti a riempire di baggianate le pagine di certi giornali per far vendere i libri di alcuni scrittori. Non so se è il caso di Belpoliti ma la cosa più importante è che Valentini invece, criticando il libro Geografia commossa dell’Italia interna di Arminio, si sofferma con molta perplessità su due “vagheggiamenti” di Arminio che basterebbero per smontare gli “elogi” di Belpoliti, Il primo è la teoria di Arminio secondo il quale la “paesologia” (con la quale lui si identifica) sarebbe una “scienza arresa” o una “disciplina indisciplinata”. Il secondo è la “tesi” di Arminio secondo il quale “solo la poesia ci salva”. A parte il fascino di alcune parole (è bello e anche vero dire che la poesia ci salva, ma bisogna vedere cosa rischiamo di nascondere dietro certe tesi) la questione che solleva Valentini – e io con lui – è questa: uno scrittore serio, un intellettuale o uno da cui ti aspetti una certa elaborazione e consapevolezza delle cose che dice e fa, non può dire «io ho inventato la paesologia, che è una scienza arresa, una disciplina indisciplinata». Lo può dire e rimanere nel vago, quasi nel gioco, e quindi nel piano della poesia (e anche lì non dovremmo indulgere troppo nel “giocare con la poesia”) ma se parli di scienza devi chiarire le cose oppure sei un truffaldino, un paraculo, un ciarlatano.

Faccio un esempio pratico (ce ne sarebbero anche di più significativi e ne sono stato testimone direttamente): su youtube c’è un video in cui io ero presente, sul festival La luna e i calanchi 2014: «Arminio parla davanti a 500 persone e dice che i napoletani non hanno fatto l’esperienza dell’emigrazione ma hanno saputo commercializzare anche l’emigrazione scrivendo una canzone epica di cui si stava parlando in quel momento». Una signora ha provato a chiedere se questa era una cosa “documentata” (in codice stava dicendo: ‘a Frà, ma ti rendi conto di che minchiata stai dicendo? I napoletani non hanno conosciuto l’esperienza dell’emigrazione?!). E lui, anziché dire – davanti a 500 persone, non quattro amici al bar! – “hai ragione, scusa, ho preso una cantonata” rusoonde: «Ma la realtà è relativa, posso dire una cosa e non pensarla». Insomma, come direbbero a Roma: “Ha fatto il vago, l’ha buttata in caciara”.

Io credo esistano responsabilità minime da assumersi. Credo che Corona e Arminio, abbiano in comune questa “debolezza teorica”, questo paraculismo indegno e inaccettabile per chi pubblica libri con case editrici di un certo livello ed è presente nella scena mediatica. Fino a un certo punto la “debolezza teorica” fa personaggio ma poi si diventa pagliacci. L’abisso tra Arminio e Cioran (qualcuno ha accostato i due) è che Cioran scriveva libri «pericolosi, che aprono o frugano nelle ferite». Poi ci sono le pratiche di vita: qualcuno ha accostato Arminio a Danilo Dolci. Ma sia Cioran che Dolci vivevano di stenti, come dovrebbe fare un vero artista o filosofo (o semplicemente una persona coerente con le idee che predica). Cioran si rifiutava di fare il professore; per quello che scriveva pagava a caro prezzo in termini di libertà e povertà, Danilo Dolci si faceva dare qualche soldo da comitati di amici perché lui viveva “da missionario laico”, Arminio insegna a scuola e prende finanziamenti per il festival che organizza e per altre piccole “testimonianze e letture”. La cosa più importante è che Arminio è stato capace di dirmi (con una sufficienza che neanche la persona più ottusa di un bar di provincia tirerebbe fuori): «ma lascia perder Maddalè, tanto non riesci a campare facendo l’artista». La beffa più insopportabile è che me lo disse dopo avemi fatto correre e penare per darmi i quattro soldi che mi aveva promesso. E meno male che io ci vivo dei miei spettacoli e quindi non ho mollato: altri artisti – che magari non ci vivono (o forse sì) ma comunque andavano rispettati e pagati – ancora dopo anni lo “inseguono” per farsi pagare.

Ecco: Arminio e Corona mi sembrano due interpreti della cultura del nostro tempo, o meglio, di una cultura di “regime”, come la chiamerebbe Marcello Baraghini, cioè che mantiene a un livello di “retorica dell’emozione” chi usufruisce di questo tipo di cultura, compiacente e conveniente a un sistema di Potere che gode di questa ambiguità, superficialità e “debolezza”.

https://quattrocentoquattro.com/2013/10/30/la-retorica-dellemozione-una-critica-a-geografia-commossa-dellitalia-interna/

Questo testo lo dedico anche alla redazione del quotidiano «il manifesto» che spesso, dedicato pagine al Festival della paesologia con un’intervista a Franco Arminio, in cui non c’erano domande “critiche.

L’IMMAGINE – scelta dalla “bottega” – è di Roland Topor.

QUESTO APPUNTAMENTO

Mi piace il torrente – di idee, contraddizioni, pensieri, persone, incontri di viaggio, dubbi, autopromozioni, storie, provocazioni – che attraversa gli scritti di Angelo Maddalena. Così gli ho proposto un “lunedì… dell’Angelo” per aprire la settimana bottegarda. Siccome una congiura famiglia-anagrafe-fato gli ha imposto il nome di Angelo mi piace pensare che in qualche modo possa fare l’angelo custode della nuova (laica) settimana. Perciò ci rivediamo qui – scsp: salvo catastrofi sempre possibili – fra 168 ore circa che poi sarebbero 7 giorni. [db]

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

7 commenti

  • gian marco martignoni

    Non intendo contraddire l’intervento senz’altro meditato di Angelo, ma credo che un distinguo tra Corona ed Arminio sia qualcosa di obbligato. Che mi risulti Arminio non è l’ospite di qualche programma televisivo, e d’accordo con Marco Belpoliti – tutt’altro che l’ultimo arrivato, ed autore di libri controcorrente di un certo valore – è indubbiamente una felice sorpresa sul piano letterario, giacchè tra l’altro ha pubblicato le sue opere prevalentemente per piccole case editrici. Comunque, che da Bisaccia sia emerso un compagno con un certo carisma, io lo vedo un fatto positivo, altrimenti evviva l’omologazione culturale….. In quanto a Corona, confesso di aver letto solo il libro che tratta della sua vita spericolata, apparso a suo tempo per ChiareLettere, ma per mia fortuna non ho mai seguito le sue apparizioni televisive, che a detta dei miei compagni della Cgil varesina sono tutt’altro che esaltanti. Condivido però il commento di Daniele.

  • angelo maddalena

    grazie Gian Marco, forse il distinguo tra Corona e Arminio andrebbe fatto, però io volevo dire che sia Corona pompato dalla Mondadori sia Arminio pompato anche lui dalla Mondadori, Laterza e recentemente da Bompiani (non mi sembrano piccole case editrici) sono facce di una stessa patacca travestita da poeta o da scrittore montanaro ecc. (avrei qualcosa da dire anche su Mesner a proposito) con una cornice di fuffa, e per questo ti rimando all’articolo di Valerio Valentini nella seconda parte (link al mio testo), poi la mancanza di serietà teorica, di umiltà e di rispetto per gli artisti che lavorano per il suo festival che io ho visto da vicino e ho subito, la dice lunga sulla “novità” non molto incoraggiante di un personaggio come Arminio. Per quanto riguarda il Sud…io credo che ci bastano Sciascia, Buttitta e altri giganti della poesia e della letteratura vera e seria che il Sud ha prodotto nei secoli e nel secolo scorso, mica dobbiamo a tutti costi dimostrare, anche se non è autentico, che qualche poeta ce lo abbiamo a Sud anche oggi, che ne dici? ma tu dove abiti? ios arò in tour a Milano a inizio ottobre. Ma quando dici “condivido il commento di Daniele” a cosa ti riferisci? ma tu sei di Varese?

  • gian marco martignoni.

    Forse il mio amico Pierluigi potrebbe meglio di me argomentare cosa significa al sud – non a Napoli, Palermo o Bari – riuscire ad emergere con proposte culturali in grado di catturare l’attenzione di chi non si è accodato alla logica del pensiero unico .Per quanto ho letto di Arminio – seppure a distanza, poichè non ho partecipato alle sue iniziative – gli riconosco una certa inventiva, nel vuoto che ho cercato di sottolinare, giacchè il sud l ‘ho conosciuto per tante ragioni e soprattutto per tante vicende. Sono d’accordo con Daniele soprattutto quando felicemente scrive ” mi piace il torrente che attraversa i tuoi scritti…… “. Si sono della provincia di Varese e nel pomeriggio, insieme a molti compagni e compagne, ho partecipato alla libreria Ubik in centro Varese alla presentazione del libro dello storico Franco Giannantoni “La Shoah, Delitto Italiano. Varese 1938 -1945 “. Un sasso nello stagno in una provincia storicamente di destra.

  • angelo maddalena

    grazie Gian Marco, a questo punto mi farebbe piacere incontrarti, io sarò con i miei libri, cd e chitarra il 5 ottobre a Como per uno spettacolo con chitarra, il 7 alla Fiera delle autoproduzioni a Milano tutto il giorno, al Cox 18, via Conchetta, 18, se vuoi vieni, comunque dal 2 al 7 ottobre sarò a Milano, così potremo parlare de visu

  • angelo maddalena

    ho visto su internet che il tuo nome è associato alla Casa di Nando di Gazzada Schianno, tra l’altro ho parenti a Gazzada anzi ad Azzate, ci andavo tanti anni fa quando studiavo all’Università a Milano. Se pensate si possa organizzare la presentazione di un mio libro alla Casa di Nando tra il 2 e il 9 ottobre…mi farebbe piacere, a presto

  • “Che le grandi case editrici siano sempre più cloache pronte a pubblicare chiunque purché sia un personaggio che fa vendere”.
    Questo articolo che ho letto con grande attenzione, è perfettamente esplicativo dello stile dell’intellettuale e critico moderno. Incapace di restituirci i frammenti,esaltare le piccole piccolissime strettoie del buono che c’è nel superfluo. Pronti e preparati sempre ad una globale, stucchevole grande perizia nel “vomitare contro”, anche parzialmente a ragione certo. Ma questo, “contro”, noi gente comune, questo rischio lo sappiamo già e, pensate un po’, lo sappiamo già mentre lo viviamo. Quello che nessuna di queste altissime menti analitiche fa è l’essenziale vitale di quest’epoca…illuminare, rendere visibile, visibilissima la buona speranza e la strettoia da cui passare in mezzo al nero. Cosa dobbiamo salvare? Diteci. Dove è cosa? Non persone, non libri. Non tutto a pacchetti, neppure Pasolini. Ma piccole parti senza appartenenza che sappiano di bene, di buono.
    Invece nulla. Cecchinaggio ovunque. Tutto fatto a brandelli. In questo modo, personalmente, trovo questo impegno “inutile”.

    • angelo maddalena

      è passato un pò di tempo ma leggo solo adesso questo commento: non capisco a chi si riferisce quando dice “cecchinaggio”, ad Arminio e Corona o a chi li critica? questo “impegno inutile” a chi si riferisce? vorrei capire per rispondere meglio

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