May Day …every day

di Giorgio Chelidonio

Come in tutte le date celebrative la forma rischia di prevalere sulla sostanza, cioè: ricordare perché? Per nostalgia (finta o vera)? E di cosa possono aver nostalgia generazioni che non hanno neppure vissuto l’ormai antico «lavorare meno, lavorare tutti», peraltro rapidamente sepolto e dimenticato dalle stesse generazioni che l’avevano in qualche modo vissuto?

«Perché produrre, cosa produrre, quanto produrre?» e non viceversa: chi l’avrà mai detto?

«Si lavora per vivere o si vive per lavorare?».
Ridurre il May Day a intrattenimento più o meno comiziale, è improduttivo anzi negativo come ogni “anniversarismo” celebrato per dimenticarsene il giorno dopo.
Invocare «più soldi (o meno tasse)» ai lavoratori solo pensandoli come consumatori, riavvita la spirale che ci ha portato a una crisi forse più epocale della Grande depressione che l’economia capitalista causò dal 1929 fino… alla Seconda guerra mondiale, cioè alla sua soluzione bellico-darwinista (nel senso del darwinismo sociale, versione razzista dell’evoluzione).

 

Vi allego il link di questa riflessione in corso in Europa (http://www.linkiesta.it/tempo-lavoro-vita) mentre la nostra Italietta ancora si contorce fra berlusconismo e non, per poi continuare ad avallarlo nei fatti.

Ma anche il link di una tremendamente splendida foto (http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/5/54/Lange-MigrantMother02.jpg/461px-Lange-MigrantMother02.jpg) di una madre americana (http://en.wikipedia.org/wiki/Florence_Owens_Thompson) la cui immagine ha incarnato quell’idea di depressione.

Se li trovate utili …condivideteli con altri, affinché la memoria continui anche nel “giorno dopo”.

Auguriamoci che (ma anche attiviamoci perché) il 1 maggio risvegli la memoria sociale – cioé umana – dei troppi intontiti dal consumismo e dalle sue sirene individualiste.

Redazione
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