Messico: Mujeres de Pacto per i diritti delle donne

di David Lifodi

Por qué no me la regresaron?, por qué hacerle eso?, si chiedono ogni giorno le tante, troppe madri di Ciudad Juárez che perdono le loro figlie per scoprire poi che sono state torturate e uccise dal narcotraffico, dalla violenza machista e dai padroni delle maquiladoras. È a causa di queste domande rimaste senza risposta che è nata l’associazione Mujeres de Pacto, gruppo di donne legate per parentela o amicizia alle desaparecidas di Ciudad Juárez.

In occasione della recente visita di papa Francesco in Messico, le donne di Mujeres de Pacto speravano di poter incontrare il Pontefice, ma non sono riuscite ad ottenere un’udienza con Bergoglio, tuttavia la loro lettera desde el epicentro del dolor y la resistencia ha fatto comunque il giro del mondo. Nel loro accorato appello al Papa, le donne hanno scritto che Ciudad Juárez è una città lacerata dalla morte, dalla violenza e dal dolore delle vittime e dei loro familiari. Nonostante tutto, quotidianamente, Mujeres de Pacto si adopera per aiutare le donne, gli uomini, i migranti e tutti coloro che vivono in condizioni di povertà, violenza e che hanno sperimentato il lutto dovuto al femminicidio in una città abbandonata a se stessa dalle sue stesse autorità, dalle istituzioni alla polizia, legate a doppio filo con i narcos. La tratta delle persone, la discriminazione della popolazione indigena, i casi di violenza sessuale e di tortura sistematica rappresentano la triste quotidianità di una città trasformatasi in una gigantesca maquiladora. L’appello delle donne di Mujeres de Pacto a conclusione della loro missiva a Bergoglio, Primero la Justicia! Nada en Ciudad Juárez sin Justicia, si scontra ogni giorno con una realtà quotidiana caratterizzata da abusi di ogni tipo. È per contrastare tutto ciò che è sorta l’associazione Mujeres de Pacto, che fa parte, insieme ad altre realtà, della Red Mesa de Mujeres de Ciudad Juárez, una rete di organizzazioni sociali impegnate a garantire diritti umani, sanità, istruzione, lavoro e sviluppo comunitario per le donne che si trovano in situazioni di vulnerabilità. L’obiettivo della rete è quello di creare le condizioni per una cultura di equità di genere in una delle città più violente del pianeta. Del resto, Ciudad Juárez è nota non solo per essere la città più drammaticamente colpita dal fenomeno del femminicidio, ma anche per detenere il poco invidiabile primato del luogo dove la maggior parte delle madri sono in realtà nubili. Da oltre 40 anni la città dello stato di Chihuahua rappresenta il principale polo di attrazione di manodopera femminile a basso costo per le maquiladoras, senza contare che vi sostano migliaia e migliaia di disperati che aspettano l’occasione giusta nel tentativo di passare il confine ed entrare negli Stati Uniti. È in questo contesto che è cresciuto costantemente l’indice dei figli nati da madri abbandonate dai loro uomini. La crescente disoccupazione che ha portato molti uomini a stabilirsi a Ciudad Juárez nel tentativo di raggiungere gli Usa o di trovare un impiego per pochi pesos nelle maquiladoras ha favorito una situazione di crescente degrado in cui le donne, soprattutto giovani e giovanissime, hanno finito per essere schiave e costrette a prostituirsi in un contesto di crescente degrado. Le donne di Mujeres de Pacto avrebbero voluto incontrare papa Francesco per chiedergli di sottolineare il dramma del femminicidio, oltre alla altrettanto importante questione migratoria. Dai primi otto cadaveri di donne ritrovati a Ciudad Juárez nel 1993 con segni di violenza, tortura e strangolamento, il femminicidio è proseguito ogni giorno. Per questo, Mujeres de Pacto voleva approfittare della presenza del Papa per evitare che bastasse una sua visita per dichiarare risolto il problema del femminicidio senza però agire in alcun modo a livello istituzionale. Da anni Mujeres de Pacto lavora per garantire alle donne di Ciudad Juárez una vita libera dalla violenza, come recita la Ley Estatal del Derecho de las Mujeres de Chihuahua, purtroppo rimasta in gran parte disattesa. Mujeres de Pacto e la Red Mesa de Mujeres de Ciudad Juárez lavorano in case di accoglienza per le donne vittime di violenza, promuovono attività di sostegno psicologico alle madri che hanno perso le proprie figlie, cercano di fornire un supporto psicosociale. Tuttavia si tratta di un lavoro non semplice, in primo luogo perché per le madri il dolore è incolmabile e, in secondo luogo, perché spesso non si recano nemmeno a denunciare la scomparsa delle loro famiglie. Del resto, sono pochissime le indagini sulle giovani scomparse che sono arrivate a termine ed è noto il coinvolgimento e la corruzione della stessa polizia in buona parte dei casi di femminicidio. Inoltre, molte madri non si rassegnano di fronte al lavoro degli antropologi forensi argentini, chiamati ad indagare sul femminicidio, e proseguono da sole nella loro ricerca delle figlie, imbattendosi a loro volta nel crimine organizzato.

Ser bonita es un pecado, ripetono le madri che hanno perso le loro giovani figlie attirate da finte agenzie di modelle gestite in realtà da prestanome dei narcos, ma al tempo stesso è una “colpa” anche lavorare nelle maquiladoras, avere conoscenze sbagliate, o, più semplicemente, camminare da sole per strada, come ricordano le croci rosa divenute ormai un simbolo del femminicidio di Ciudad Juárez.  Più in generale, è una colpa essere donna in uno dei paesi più violenti del mondo e non basta una visita papale, per quanto ricca di significati, per restituire verità e giustizia ai familiari, agli amici e alle desparecidas non solo di Ciudad Juárez, ma di tutto il Messico.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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