Morire di fiume?

Ricordiamo i due giovani rumeni annegati nel Simeto (*)

di Domenico Stimolo  

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    Sono passati otto giorni dalla morte di due giovani romeni, Madalin Lupoc Ion e Julian Ghorghel, di 19 e 29 anni, annegati nel fiume Simeto, presso l’area di Ponte Barca, territorio del comune di Paternò (Catania). I corpi, trascinati dalla corrente, successivamente sono stati recuperati dai vigili del fuoco

La notizia, divulgata da molti organi di informazione locali e nazionali, è rapidamente scomparsa dalla pubblica attenzione.

Chi erano questi due giovani immigrati? Che lavoro facevano? Da quanto tempo erano in Sicilia? Come soggiornavano? Conoscevano le infide caratteristiche del Simeto? L’area in oggetto e il percorso del fiume in generale sono vigilati? E i pericoli incombenti vengono segnalati in modo chiaro?

Tutto scorre, lento e inesorabile, come l’acqua del fiume che ha coperto i corpi dei giovani annegati, nell’indifferenza generale.

Erano migranti della “speranza di vita”. Un percorso già intrapreso da milioni di siciliani che nel corso degli ultimi centotrent’anni si sono sparsi nel mondo; e da centinaia di migliaia di giovani isolani, nell’oggi, dispersi nelle località più lontane alla ricerca del lavoro. E’ il dettame perverso che guida l’odierno contesto sociale sottoposto alle dinamiche della cosiddetta “imperscrutabile” globalizzazione.

E’ facile supporre che i due giovani romeni svolgessero attività di manovalanza bracciantile, senza regole e diritti – lavoro nero – con irrilevanti retribuzioni, nelle campagne vicino al corso del fiume. Così come avviene per decine di migliaia di migranti utilizzati nelle aree agricole siciliane e nelle zone interne della provincia di Catania. E’ noto che nel paese di Paternò, come molte volte denunziato da strutture sindacali e sociali, sono in opera da anni illecite organizzazioni di “chiamata”, vero e proprio caporalato, dedite al reclutamento di migranti provenienti dalla Romania e da Paesi del Nord Africa, uomini e donne, fuori dalle regole contrattuali e dalle leggi. Nel marzo dello scorso anno sette persone sono state arrestate per sfruttamento di cittadini romeni.

Uomini e donne, abbrutiti dallo sfruttamento nei campi, costrette a vivere in pessime condizioni. Non conoscono in maniera appropriata il territorio. In quanto esterni non hanno “ereditato” la mappa generale dei rischi delle zone (a conoscenza dei nativi) e specie del fiume.

La domenica dell’annegamento era giorno di pausa, dopo una settimana di intenso lavoro, quindi di gita alla ricerca di distensione. In agguato c’era la morte. Triste fatalità? Il Simeto, lungo i suoi 130 Km di percorso, non è proprio un fiume tranquillo. In molti punti – compreso l’area del Ponte Barca – per gli eventuali bagnanti, il pericolo, l’insidia, il trabocchetto sono sempre potenzialmente presenti: mulinelli, improvvisi dislivelli delle acque, fondali fangosi simili a sabbie mobili, correnti non percettibili che si sviluppano improvvisamente attorno a grandi massi, con conseguente risucchio della persona. Rischi subdoli e mortali. In luoghi fra l’altro, date le consistenti estensioni, scarsamente frequentati. La ricerca di aiuto è vana.

Già nel settembre 2013 un altro giovane romeno di 32 anni è morto annegato.

Il drammatico avvenimento impone a tutte le strutture istituzionali (Comuni, Regione, Asl…. e corpi di vigilanza correlati) preposte alla gestione, al controllo, alla prevenzione dei rischi nei territori interessati al percorso del Simeto, l’assunzione di articolate e incisive misure idonee a scongiurare ulteriori affogamenti nelle acque del fiume.

E’ necessario quindi concretizzare con la massima urgenza tutte le iniziative informative e di formazione per sensibilizzare i cittadini e gli immigrati dei grandi rischi in essere, con la resa operativa di tutti gli strumenti di divulgazione: manifesti nelle aree abitative dove lavorano e risiedono gli immigrati e nelle zone limitrofe al fiume, posizionamento di ben visibili cartelli e segnalazioni di vario genere all’inizio delle vie d’accesso per richiamare l’attenzione, in diverse lingue. Si deve tracciare una vera e propria mappa dei rischi del fiume Simeto, attuando una pressante “catena informativa”, coinvolgendo le strutture associative degli immigrati presenti nella provincia di Catania e le associazioni che operano a supporto dei migranti, contro il loro sfruttamento.

Mai più vite perdute, annegate nel Simeto!

(*) qui in “bottega” ne aveva scritto Vito Totire: cfr Due giovanissimi annegati in un fiume: sarà…

 

Redazione
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Un commento

  • domenico stimolo

    In questi ultimi giorni altri migranti sono annegati nelle “acque interne” siciliane.

    Nel pomeriggio di giorno 2 giugno un giovane diciannovenne nigeriano, Frank Omohova, è morto annegato a Catania nell’area di mare antistante la spiaggetta di S. Giovanni Li Cuti ubicata nell’area cittadina, a ridosso del porticciolo dei pescatori. Non sapeva nuotare. Si era recato nel borgo marino assieme ad altri giovani migranti. Era arrivato in Sicilia il 30 settembre dello scorso anno a bordo di un barcone proveniente dalla Libia. Era alloggiato in uno Sprar di Catania. Per chi non conosce l’area marina Li Cuti, dato l’improvviso innalzamento del livello dell’acqua, il bagno può risultare infido. Con l’inizio dell’estate la zona in oggetto è ampiamente frequentata. E’ fondamentale il posizionamento di cartelli di allertamento multilingue, considerato altresì che in città sono presenti numerosi immigrati.

    Giorno 2 giugno due giovani ghanesi, Isaka Drameni di 28 anni e George Aminou di 26 anni, sono annegati in un invaso artificiale destinato alla raccolta di acqua per l’irrigazione, sito ad Acate ( Ragusa) in contrada Chiappa. Dato il giorno di festa assieme ad altri ghanesi si erano recati nell’invaso per pescare. Scivolati, nel tardo pomeriggio, sono stati trattenuti dalla melma del fondale, annegando. E’ facile presumere che lavorassero nelle campagne del ragusano.

    Alla fine di maggio, nel pomeriggio di giorno 22 – domenica – un rumeno di 36 anni Andrej Mihai Marius è morto annegato nello spazio marino antistante la spiaggia di Scoglitti ( Vittoria/Ragusa). Era entrato in acqua per cercare di salvare una ragazzina che si trovava in forte difficoltà.

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