Muri che ci imprigionano, intervista a Susan George

di Achille Rossi (da www.altrapagina.it)

La crisi economica è cominciata molto prima del 2007, perché gli ultimi trent’anni sono stati impiegati a trasferire denaro dal lavoro al capitale». Non usa giri di parole Susan George, la studiosa americana che dirige il Transnational Institute di Amsterdam, per definire il significato della crisi economica che sta scuotendo l’Europa in queste settimane.

«Sono state sistematicamente svuotate le tasche dei lavoratori, costretti per vivere a chiedere mutui e a garantirli col valore delle loro case, data la stagnazione dei salari. Il fenomeno si è verificato in maniera drammatica negli Stati Uniti». Questa per la studiosa americana è la prima causa della crisi, ma ce ne sono altre: «Quando è scoppiata la bolla dell’informatica e sono saltate tutte le piccole imprese di Silicon Valley, il governatore della Banca centrale americana, Alan Greenspan, per scongiurare la recessione ha tenuto molto basso il costo del denaro, a un tasso dell’1-1,5%. Dunque era molto facile e a buon mercato prendere mutui». A queste agevolazioni, che hanno stimolato la corsa al credito, si deve aggiungere la politica delle banche: «Le istituzioni bancarie hanno fatto di tutto per abbattere le regole che impedivano loro di diventare molto grandi. Negli Stati Uniti sono state abolite una dozzina di leggi che vietavano le concentrazioni. Inoltre le banche hanno fatto prestiti enormi e hanno venduto molti subprimes».

Secondo Susan George la crisi è stata scatenata da questi tre grandi fattori che agivano da molto tempo nelle economie occidentali. Perché, però, ora ha colpito proprio l’Europa? «Perché l’Europa è molto indebolita. I governi si sono indebitati fino al collo per rimettere a galla le banche e hanno dovuto sopportare spese enormi. Siccome non potevano chiedere mutui alla Banca centrale europea, sono stati costretti a ricorrere ai mercati finanziari dove hanno pagato il 4-5% in più».

L’economista statunitense ci spiega che quando un governo non ha entrate sufficienti il suo debito cresce velocemente: «I governi europei si sono molto impegnati per detassare i ricchi. In Grecia, per esempio, non è stata tassata la Chiesa ortodossa che è il maggior proprietario immobiliare del paese. Anche in Francia la fascia della popolazione più ricca paga molto poco. Tutti questi privilegi fanno ridurre gli introiti; se poi aumentano le spese per salvare le banche o per gli armamenti, come è accaduto in Francia o in Grecia, il bilancio dello Stato va in sofferenza». Susan George chiarisce che il budget di uno Stato non è come quello di una famiglia: «Un governo può sopravvivere benissimo chiedendo mutui, lo si fa quasi sempre e non è un peccato. È necessario però che i mercati pensino che i debiti possano essere rimborsati, altrimenti, giunti a una certa soglia, dicono di no e ti negano la fiducia».

I governi europei si trovano di fronte a una scelta: «Possono continuare a seguire la politica attuale oppure possono decidere di tassare le transazioni finanziarie e far pagare agli speculatori tutti i disastri che hanno provocato. In questo modo ridurrebbero subito il loro debito e avrebbero delle entrate per i pagamenti e per i mutui futuri».

Ma l’economista americana teme che non accadrà: «La Merkel ha provato a farlo proibendo ai mercati di vendere certi tipi di prodotti e annunciando che proporrà al G20 di tassare le transazioni, ma gli altri Paesi non sono d’accordo e ci sarà battaglia. Nel frattempo i mercati sono inquieti, perché la Francia segue una politica, la Germania un’altra, l’Italia e la Spagna un’altra ancora. Manca un governo europeo e inoltre la Bce, la Banca centrale europea non fa prestiti agli Stati che sono costretti a rivolgersi ai mercati finanziari». E questo per Susan George è uno scandalo: «Abbiamo una Banca centrale completamente anomala rispetto a tutte le altre banche del mondo, perché non aiuta né gli Stati né le persone. Bisogna sperare che un giorno immetta sul mercato dei Buoni del Tesoro europei. Comunque, se l’Europa non si deciderà a mettere i mercati sotto tutela, sarà costretta a prendere soldi al popolo, che ha già pagato una volta con l’aumento delle tasse per salvare le banche. Ora la gente pagherà una seconda volta con la riduzione dei salari, delle pensioni, della spesa sanitaria, del numero degli insegnanti, dei servizi pubblici. La scelta è molto chiara, solo che i governi ci raccontano la metà della storia, quando ci dicono che questi provvedimenti sono richiesti dai mercati». Susan George è molto esplicita: «I mercati vogliono che sia sempre il popolo a pagare. Bisognerebbe metterli sotto tutela perché per loro natura sono insaziabili».

Nel suo ultimo libro Leurs crises, nos solutions (Albin Michel, Parigi 2010), lei parla di muri che ci imprigionano e provocano la sofferenza di milioni di persone. Potrebbe descriverceli? «Il primo è quello della finanza, che governa l’economia e quindi la società, e non si preoccupa affatto delle sorti del pianeta. Il secondo muro è quello dell’illegalità e della povertà, che sono in aumento da una trentina d’anni perché c’è stato un massiccio trasferimento di valore (il 10% circa) dai salari al capitale. Un tempo i salari percepivano il 70% del reddito e il capitale il 30%, ora i salari sono scesi al 60% e il capitale è salito al 40%. Così sono cresciute le disuguaglianze: negli Usa negli anni ’60 il primo 1% della popolazione si accaparrava l’8% del reddito, oggi la stessa fascia di popolazione arriva al 23-24%».

Come si è potuto creare un simile dislivello? «Le leggi sono state organizzate per raggiungere questo scopo. I ricchi sono stati tassati molto meno, si è privatizzato molto di più. In Francia, a esempio, i socialisti hanno privatizzato più della destra». L’altra barriera su cui si è concentrata l’attenzione della studiosa americana è la questione della fame nel mondo: «È sempre più difficile assicurare cibo e acqua a milioni di persone, perché la finanza ha cominciato a speculare sui prodotti alimentari come il grano, il riso, la soia, il mais. L’ultimo muro è rappresentato dalla crisi ambientale, che io però preferisco leggere in un’altra prospettiva». E quale? «Mostrando come i nuovi conflitti, di cui poco si parla, sono in relazione con il degrado del clima, dell’acqua, della biodiversità».

Perché governanti ed esperti non riescono a proporre vie d’uscita dalla crisi? «Non generalizzerei. Attac, ad esempio, ha dato molte indicazioni. Nell’ultimo capitolo del mio libro suggerisco che le banche che hanno ricevuto fondi pubblici debbano essere socializzate, parzialmente o interamente, in modo da obbligarle a concedere prestiti alle piccole e medie imprese. Oggi le banche sono come paralizzate dalla paura e non fanno più credito». Susan George illustra ulteriormente la sua prospettiva: «I governi debbono mettere i mercati sotto tutela, chiudere i paradisi fiscali, democratizzare l’economia. Non vedo perché la democrazia debba essere applicata alla politica e non all’economia. Bisogna condonare il debito del Sud del mondo, chiedendo come contropartita ai Paesi del Sud di ripiantare le foreste in modo da contrastare il cambiamento climatico. E infine si dovrebbero fare massicci investimenti in direzione di un’economia verde, per uscire dal carbonio prima possibile».

Cosa manca a tutti quelli che vorrebbero lottare per cambiare le cose? «L’organizzazione. I gesti individuali sono insufficienti. È necessario federarsi, cercare alleanze, perché nessuno può vincere da solo. Ho scritto nel mio libro che noi abbiamo il numero, le idee, i progetti, ma ci manca un’organizzazione che permetta di fare pressione in maniera più forte. Scontiamo anche un deficit di democrazia, sia a livello europeo che internazionale. Anche qui è questione di alleanze tra persone di Paesi differenti che si coalizzano per protestare e per esprimere le proprie idee. È un processo iniziato da una decina d’anni che ha già dato buoni risultati».

Susan George è molto preoccupata per il degrado del clima che le sembra più rapido di quanto non si pensi: «Dato che abbiamo avuto un pessimo inverno, la gente crede che il cambiamento climatico non esista e si concentra sulla crisi finanziaria. Io invece vorrei utilizzare la crisi finanziaria per risolvere il problema climatico e per progettare una economia verde».

SUSAN GEORGE IN ITALIA

Ringrazio Altra pagina per avermi concesso di riportare questa intervista. Susan George l’11 settembre sarà a Città di Castello (vedi il post qui accanto) al convegno “Il grido della terra e la lezione della crisi”. Vale davvero la pena di ascoltarla, come pure Gianni Mattioli e Gianni Tamino (lo stesso giorno) e il brasiliano Marcelo Barros la mattina successiva.

Susan George è molto nota come economista e quasi tutti i suoi scritti, a partire da “Come muore l’altra metà del mondo”,  “Fermiamo il Wto”, “Un altro mondo è possibile se…” sono pubblicati in italiano (perlopiù da Feltrinelli). Ma io consiglio soprattutto, anche se nel frattempo Bush junior è stato tolto di mezzo, il suo “L’America in pugno” (Feltrinelli 2008) ovvero “Come la destra si è impadronita di istituzioni, cultura, economia”. La lunga marcia per conquistare l’egemonia culturale e la marcia (qui lo uso come aggettivo invece che per sostantivo) destra religiosa statunitense con conseguente assalto all’Illuminismo, all’istruzione pubblica e alla ricerca scientifica sono questioni importanti – non per caso quasi sempre taciute dai nostri (presunti grandi) media – per capire cosa davvero accade negli Stati Uniti ma io credo anche che, mutatis mutandis, abbiano molto da dirci sul Paese nel quale abbiamo la ventura di vivere e in particolare sulle alleanze fra il berluscon-gangsterismo e quei settori del Vaticano che di recente hanno eletto il papa.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

3 commenti

  • Ottima l’intervista. E ahi fatto bene a inserire – finalmente – qualtcosa “di sinistra” che critica e nello stesso tempo propone. Penso che il Partito Democratico (e tutti gli alleati) dovrebbe imparare a memoria l’intervista.

  • grazieenrico,
    la domanda (banale NON cattiva)resta sempre quella: ma i dirigenti del Pd vivono nello stesso mondo, nello stesso tempo di Susan George (di Enrico Pili, di db, eccetera)oppure abitano in una dimnsione tutta loro dove vedono solo Casini(maiuscolo), Marchionne, Fini e compagnia cantante?
    (db)

  • ginodicostanzo

    No, no… quei dirigenti vivono in questo mondo qui, è che sono semplicemente complici. I migliori tra loro potrebbero essere definiti invece banalmente insipienti, ma il fatto è che i migliori tra loro non esistono…
    Ottimo articolo lo ruberò presto…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *