Narrator in fabula – 16

dove Vincent Spasaro incontra Gian Filippo Pizzo

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E’ un personaggio molto noto in “blottega” e avete letto sicuramente vari articoli a sua firma. Se scorrete la pagina dedicata su Wikipedia, scoprite che nell’ambito della fantascienza e del fantastico, Gian Filippo Pizzo ha pubblicato poesie, recensioni, articoli e saggi guadagnando fra l’altro il «Premio per la Promozione della Fantascienza» della World SF Italia nel 1995 e il Premio Italia per la saggistica di fs nel 1997, nel 2002 e nel 2012, oltre al Premio Vegetti per la saggistica di fantascienza nel 2013.

Se dopo una tale sfilza di premi vi è venuta la curiosità di sapere chi sia e cosa pensi, son qui per soddisfarvi con un’intervista a tutto campo.

Gian Filippo, grazie di aver acconsentito a rispondere a questa intervista. Come ti sei avvicinato alla lettura e come hai scoperto la letteratura fantastica?

«Strana domanda per uno della mia età! Io appartengo alla generazione di quelli “a letto dopo Carosello”. Anzi, per la verità la tv l’ho avuta quando avevo già 10 anni, e allora c’era un solo canale e un solo programma vedibile dai ragazzini (appunto, “La TV dei ragazzi”). Inevitabile che quando non si andava in cortile a tirar calci a un pallone, oppure se c’era brutto tempo in casa a giocare a qualche gioco da tavolo, l’unico passatempo possibile fosse la lettura.

Ho letto tutti i cosiddetti “classici” per l’infanzia, compresi ovviamente Verne e Wells, che però non sapevo scrivessero “fantascienza”: questa parola l’ho appresa per caso quando un signore in treno mi ha prestato un Urania, che mi ha conquistato. Allora, avevo 12 anni e mezzo, ho cominciato a frequentare le bancarelle scoprendo altre pubblicazioni del genere, finendo infine per essere attratto da Galassia, l’unica che poi ho comprato regolarmente in edicola».

Parlaci un po’ della tua infanzia e dell’adolescenza. Che tipo di ragazzo eri? Quanto ti ha influenzato il luogo in cui sei cresciuto?

«Non c’è molto da dire, ho avuto un’infanzia tranquilla e molto convenzionale. Appartenevamo alla piccola borghesia ma vivevamo in un quartiere popolare. Io ero non so se dire introverso, timido o riservato, e lo sono ancora. Sicuramente l’ambiente consuetudinario in cui sono cresciuto ha giocato un ruolo nella mia formazione, spingendomi a evadere almeno con la fantasia verso altri mondi…».

La fantascienza negli anni 70: un periodo di forti ideali. Cosa pensi di quel periodo della tua vita, cos’è rimasto a te, all’Italia e al mondo.

«Come hai detto tu è stato un periodo pieno di ideali e di rivendicazioni sociali, figlio delle istanze del Sessantotto. Per me quegli anni coincidono con gli studi universitari, i primi lavoretti (e il tentativo di trovarne uno fisso) e anche la frequenza delle prime convention di fantascienza. Tutte cose, assieme alla passione per la musica, che hanno contribuito alla mia crescita, al formarmi di una coscienza etica, sociale, politica e culturale. Ripensandoci oggi mi verrebbe da dire che ci hanno rubato il futuro, ma preferisco tenermi quello che mi ha lasciato individualmente e per il resto continuare a guardare avanti».

Gli anni ottanta e i novanta, e poi gli anni duemila: la crisi sempre più forte dell’immaginario fantascientifico. Come vedi in prospettiva questa evoluzione?

«Preferirei parlare di involuzione, non evoluzione! Non so spiegarmela, se non forse con il fatto che, essendo diminuito il divario tra scienza e vita quotidiana – nel senso che i prodotti più tecnologici sono diventati sempre più comuni e a portata di mano (e di tasca), quindi il futuro prima sognato si è quasi realizzato – è rimasto molto meno spazio all’immaginazione, sia da parte degli autori che dei lettori. E’ anche vero però che si sono aperti più spazi per la narrativa a sfondo sociale e politico/economico – l’utopia e la distopia, che sono i miei generi preferiti – anche se mi sembra che questo spazio non sia ben sfruttato».

La tua attività di saggista. Hai pubblicato in lungo e in largo su vari argomenti. A quali sei più legato?

«Non direi argomenti tanto vari, perché mi sono mosso sempre nell’ambito del fantastico e della produzione di genere: fantasy, fantascienza e horror (ma anche il giallo). Come ho appena detto il mio genere preferito è la fantascienza a sfondo sociale, gli altri tipi di fantascienza e gli altri generi sono interessi solo collaterali; così come resto più legato al libro e al cinema, con fumetti e tv in secondo piano. I miei libri che preferisco sono anche i più originali, cioè il Dizionario dei personaggi fantastici (scritto con Roberto Chiavini per Gremese nel 1996), Il grande cinema fantasy (con Chiavini e Michele Tetro, Gremese 2004), Mondi paralleli: la fantascienza dal libro al film (con Chiavini e Tetro, Edizioni della Vigna 2011) e Guida alla letteratura horror (con Chiavini, Tetro e Walter Catalano, Odoya 2014). Tutti e quattro sono unici perché in Italia non erano mai uscite opere che affrontassero gli stessi argomenti e mi pare non ne siano usciti nemmeno successivamente. Comunque anche negli altri libri io e i miei amici abbiamo cercato di utilizzare una impostazione particolare, diversa da opere analoghe».

Sei anche un curatore di antologie. Ce ne vuoi parlare?

«Anche in questo caso cerco di essere il più possibile originale e quindi di affrontare temi che possano interessare un pubblico generalista (e per questo provo a rivolgermi a editori non specializzati), con l’obiettivo di dimostrare che anche con il fantastico si possono trattare argomenti seri e impegnati. Infatti ho curato antologie sulla politica (Ambigue utopie con Walter Catalano per Bietti nel 2010), sulla decrescita felice (Terra promessa, Tabula fati 2014), sull’economia (Il prezzo del futuro con Vittorio Catani, Edizioni La Ponga 2015), sulla cattiveria (La cattiva strada: 18 racconti di crudeltà assortite con Roberto Chiavini, Delmiglio 2015) e sulla religione (di prossima uscita). Per esempio, Sinistre presenze (con Catalano, Bietti 2013) era una antologia di puro horror ma a sfondo sociale: una assoluta novità perché l’horror ha valenze psicologiche e a livello individuale e non è facile coniugarlo con l’impegno e la denuncia (ma noi ci siamo riusciti!)».

Gian Filippo Pizzo e il racconto. Ami questa forma espressiva. Puoi approfondire l’argomento?

«Come ho raccontato prima, ho iniziato a comprare Urania sulle bancarelle e siccome non conoscevo gli autori cercavo le antologie di racconti in modo da familiarizzarmi con i loro nomi e poi eventualmente cercare anche i loro romanzi. Ma, a parte questo, il fatto è che secondo gli studiosi di sociologia della letteratura la fantascienza e il giallo sono generi “spersonalizzati” in quanto conta più la trama dei personaggi, e in questo senso va accettata la definizione di SF come “letteratura di idee”. Per cui se si vuole veicolare una posizione precisa si può farlo in modo più diretto e immediato con un racconto, mentre il romanzo va meglio per situazioni più complesse. E’ anche quello che cerco di fare con le antologie, che rispetto a un romanzo hanno il vantaggio di presentare punti di vista diversi su uno stesso soggetto».

Da quel che so, non hai mai pubblicato romanzi. Come mai?

«Intanto perché non ne ho mai scritti! In realtà non so se ne sarei capace, credo che reggere la lunghezza di un romanzo non sia molto nelle mie possibilità. Ma c’è anche il fatto che non avendo tempo per tutto mi sono concentrato sulla saggistica, che è anche più remunerativa… comunque qualcosa nel cassetto ce l’ho, forse un giorno ci rimetterò mano per finirlo».

Ultimamente sei stato coautore di varie guide dedicate alla letteratura e alla cinematografia di genere. Cosa ti ha spinto a questa attività difficile e certosina?

«Ho sempre sostenuto di scrivere i libri che avrei voluto leggere, visto che non li scriveva nessuno e non potevo leggerli ho dovuto pensarci io. Come dicevo prima, la maggior parte dei miei saggi non hanno equivalenti nell’editoria italiana e a volte in quella mondiale, come succede per Mondi paralleli: non esiste nessuna opera che faccia il raffronto tra un film e la sua origine letteraria, e anche su Internet si trova molto poco, quindi… Poi ovviamente capita che un editore ti chieda qualcosa di specifico; se conosci l’argomento e vieni pagato, perché no? Vorrei anche aggiungere che lavoro in collaborazione perché ovviamente non posso aver letto o visto tutto e quindi le mie conoscenze si integrano con quelle dei miei soci, e in questo modo garantiamo al lettore che scriviamo per diretta conoscenza e non rimasticando scritti di altri».

A parte la tua attività in ambito fantascientifico, quali sono i tuoi hobby?

«Niente di particolare. Una volta giocavo a scacchi ma ho smesso. Ora leggo tutti i tipi di narrativa, vado al cinema e a teatro ma non molto, non guardo la tv eccetto i notiziari e qualche programma tipo Ulisse e Report, ascolto molta musica, passo molto tempo al pc a studiare programmi (ma fuori rete), sono tifoso del Palermo e mi piace cucinare».

I progetti per il futuro di Gian Filippo Pizzo.

«Al momento sono particolarmente impegnato con la promozione – cioè presentazioni e simili – delle mie ultime opere, vale a dire per i saggi la Guida al cinema horror (Odoya 2015) e per le antologie Le variazioni Gernsback: storie di fantamusica (Della Vigna 2015) entrambe in collaborazione con i soliti amici. Inoltre voglio ricordare, visto che non se ne è parlato, la curatela con Catalano, Chiavini e Luca Ortino della collana Mellonta Tauta per Fratini Editore, di cui è recentissimamente uscita la raccolta Terrore nero di Henry S. Whitehead che comprende i suoi racconti di horror caraibico con il personaggio di Gerald Canevin. Per lo stesso editore e per mia cura è imminente l’uscita del primo volume di una nuova collana dedicata a romanzi brevi, Corti Pop, che partirà con Tempospirale di Donato Altomare.

Per il futuro immediato non ho al momento progetti di altri saggi, anche perché dopo averne fatti uscire tre in due anni sento il bisogno di una pausa, mentre continuo con le antologie: è in corso la selezione di racconti fantastici dedicati alle arti figurative, e altre seguiranno. Quanto a scadenze più lunghe, posso solo dire che non ho certo intenzione di fermarmi…».

(*) Per 14 settimane Vincent Spasaro ha intervistato per codesto blog-bottega autori-autrici, editor, traduttori, editori del fantastico, della fantascienza, dell’orrore e di tutto quel che si trova in “qualche altra realtà”… alla ricerca dei misteri, se possibile anche del loro mondo interiore. Una breve pausa e super-Spasaro è ripartito, 7 giorni fa, intervistando Angelo Marenzana e toccando quota 15. Dopo Gian Filippo Pizzo toccherà – forse, chissà, chi può dirlo?, in via ipotetica… – a Edoardo Rosati, Sergio Altieri, Sabina Guidotti, Alberto Panicucci, Silvio Sosio, Stefano Di Marino, Michele Tetro, Luca Barbieri, Francesco Troccoli… ma anche giovanissim* e “mostri sacri”. Altre 14 puntate? Chi può dirlo? Quando parte Vincent Stakanov non lo fermano neanche Hulk e Mazinga. (db)

 

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