Nel nome di un dio, padre e maschio

recensione a «In nomine patris: esperienze e riflessioni di un sopravvissuto alla pedofilia clericale» di Salvatore Domolo

di Fabrizio Melodia  

«Nel nome di un dio unico, padre e maschio, si è generata e sviluppata la cultura del Dominio» scrive Salvatore Domolo nell’introduzione, continuando poi per tappe in una preghiera-denuncia che costituirà la sottile linea rossa di tutto il libro, un viaggio interiore verso la liberazione dalle catene della sofferenza, dell’umiliazione e dell’alienazione da se stessi.

In una parola, è un viaggio per lasciarsi alle spalle la prigione della caverna, in cui platonicamente e fisicamente giaciamo incatenati, per assurgere poi a chiara visione del mondo esterno, pur se ancora accecati dallo splendore del sole.

Una riflessione che si esplica all’inizio per punti salienti, per “quaestiones”, quasi rifacendosi allo stile di una delle opere capitali del cristianesimo medioevale, quella «Summa teologica» di Tommaso d’Aquino, che, nell’intenzione del “doctor angelicus”, avrebbe contenuto le risposte sistematiche per ogni questione teologica, etica e scientifica per quietare il cuore di fedeli e non.

Salvatore Domolo si pone inizialmente la domanda sul senso stesso del suo narrare, di uscire allo scoperto con i propri demoni, in un periodo storico in cui le persone vorrebbero sentire solo comicità e storie edificanti, rassicuranti.

E’ invece attraverso la denuncia e la sofferenza che l’essere umano esce dalla burella del proprio inferno per tornare a rivedere le stelle: un cammino di purificazione doloroso ma necessario, per mettere in luce tutto ciò che di storto, sbagliato e inaccettabile permea il mondo ecclesiastico. Una riflessione che non è un lamento ma una sana chiacchierata con un amico, magari appena risvegliatosi da un coma giudicato irreversibile dai medici.

Eccolo qui, Salvatore Domolo: ci racconta con la sua prosa chiara e scorrevole tutta una vita, dalla violenza domestica perpetrata dal padre ai danni della madre, al suo entrare in seminario, “la caserma di Dio”, come la definisce; gli anni degli abusi da parte di ecclesiastici che avevano preso troppo alla lettera quella frase di Cristo; la presa di coscienza della propria omosessualità; alla fine la liberazione.

Nel nome di un dio unico, padre e maschio, si sono compiute le peggiori violenze e atrocità della storia umana… Nel nome di un dio unico, padre e maschio, si sono combattute guerre sante per ottenere il primato ideologico fra le differenti religioni monoteiste… Nel nome di un dio unico, padre e maschio, si sono organizzate le sanguinose crociate contro i cosiddetti infedeli e si è tentata la distruzione di un popolo, quello ebreo, attraverso le indicibili violenze e i feroci massacri compiuti nei lager nazisti e non solo… Nel nome di un dio unico, padre e maschio, si sono legittimate tutte le forme di potere politico, sociale e religioso, generando gerarchie dominanti e repressive… Nel nome di un dio unico, padre e maschio, si sono originate dittature aggressive e sanguinarie…

Ecco come si delinea con pochi tratti la genealogia del male radicale che nei secoli ha perpetrato fraudolentemente il proprio dominio, facendo della pace un battito d’ali fra le guerre “necessarie”.

Un vero e proprio sostrato culturale da cui è impossibile prescindere, ci si nasce insieme, a questa violenza, ogni aspetto del reale trasuda questo modo di pensare, inscritto quasi nel Dna di un popolo che non ha mai avuto un vero processo di liberazione.

«Il bambino vive di interiorità. Fin dalla nascita la piccola creatura, in modo naturale, rielabora interiormente ciò che sperimenta all’esterno. Il piccolo filosofo riesce a sviluppare un senso profondo e naturale della vita, finché non viene manipolato e inquadrato in un sistema di ordine sociale, artificiale e snaturato della Verità».

Figuriamoci dunque quando entra in contatto con modi ben poco naturali di agire, quando il divino che è nel mondo viene completamente snaturato dalle pratiche di coloro che dovrebbero amare il bambino filosofo, la potenza creatrice e armoniosa che vive dentro di noi e che ci permette di essere individui equilibrati e naturali.

«L’individuo inconsapevole, spaventato dagli eventi e dall’imprevedibilità naturale, si rifugia in un contesto sociale e religioso capace di proteggerlo e di animarlo di fronte a ciò che non è controllabile e prevedibile. In una sintesi, che può sembrare semplicistica, la causa principale che genera le strutture culturali della famiglia, della società e della religione, è la paura culturale. Il timore culturale dell’ignoto genera il bisogno di protezione e la conseguente necessità di aiuto. L’individuo inconsapevole della forza, del coraggio e delle potenzialità che risiedono nel proprio Essere, cerca aiuto e protezione nelle strutture sociali e religiose che approfittano di questo suo indebolimento per esercitare il loro dominio. In cambio della protezione, l’individuo è costretto a una sottomissione che svuota della sua personalità. Il bambino, in realtà, nasce con un semplice timore naturale, sono i genitori e tutti i “grandi”, nelle diversificate forme gerarchiche, a proiettare su di lui una paura artificiale generata dalla cultura».

Un libro dunque portato avanti come percorso per liberare dalla nefasta paura culturale di cui ognuno di noi trasuda da ogni poro della pelle; viaggio di liberazione benefico, difficile ma necessario, per affrancarsi dalla crosta dura che impedisce alla persona di vivere davvero serena e felice, un cammino di liberazione dalla sacra “auctoritas” paterna, per essere abbracciati dal formidabile e sereno abbraccio dell’amore materno. Dio non è padre, ma è madre.

Un libro non solo da leggere, ma da vivere.

«IN NOMINE PATRIS – ESPERIENZE E RIFLESSIONI DI UN SOPRAVVISSUTO ALLA PEDOFILIA CLERICALE»

di Salvatore Domolo

Malatempora, novembre 2013

298 pagine

 

Redazione
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2 commenti

  • ma la famiglia può anche non essere veicolo di oppressione

  • Verissimo, Paolo… la famiglia sana è quella famiglia che supera lo schema della famiglia patriarcale, aprendosi all’altro. Purtroppo, fattualmente, troviamo soprattutto famiglie disintegrate, senza alcun tipo di rapporto, o famiglie che vivono ai margini dell’indigenza completamente abbandonate a se stesse. Quando nemmeno la famiglia riceve più tutele, quando l’amore diventa egoismo e menefreghismo e non ci si occupa più dell’educazione della prole, ecco che alla fine il tessuto stesso della Società si sfalda. E questi sono fatti che sono agli occhi di tutti.
    E’ ora di recuperare un senso di amore, di socialità e di “voler stare bene insieme” che si è perso completamente, se mai lo si è avuto…

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