Noi violenti? «Guerrilla» e «Descrizione di un quadro» alla triennale Teatro

 

di Susanna Sinigaglia

 

La nuova stagione della Triennale Teatro si è inaugurata il 14 settembre con due lavori che, malgrado i linguaggi completamente diversi, hanno però in comune l’interrogazione sulla violenza e, quindi, sulla natura dell’essere umano: Guerrilla, della compagnia El Conde de Torrefiel, fondata a Barcellona nel 2010 dalla svizzera Tanya Beyeler e lo spagnolo Pablo Gisbert, e Descrizione di un quadro, performance breve di Silvia Costa rappresentata ogni 15 minuti.

Guerrilla

Nel dizionario spagnolo, il termine “guerrilla” non indica solo la “guerriglia” nel significato che si attribuisce correntemente alla parola; infatti suoi sinonimi sono anche “conflagración (conflagrazione)”, “conflicto (conflitto)”, “guerra (guerra, la grafia spagnola è uguale alla nostra)”. E sembra che in questo lavoro di El Conde de Torrefiel, compagnia fondata a Barcellona nel 2010, la parola si articoli in tutti e tre i significati, e forse oltre.

Costruita attraverso l’arruolamento di 80 interpreti scelti attraverso una selezione cui hanno partecipato, compilando un apposito questionario, 200 persone, la performance si snoda attraverso tre quadri. Nel primo, su una serie di sedie disposte sul palco come in una platea che fronteggia quella del teatro prendono posto, comparendo a uno a uno o in coppie, gli 80 interpreti.

Da due voci che si alternano fuori campo quando si sono tutti accomodati, scopriamo che sono lì per assistere a un’intervista-conferenza di un’artista-scrittrice da parte di una giornalista. Lo scambio fra le due avviene in spagnolo, non si afferra troppo bene quale ne sia l’oggetto anche perché un’altra voce fuori campo interviene, questa volta in italiano, per presentare alcuni degli interpreti; in alto, compaiono delle sovrascritte che riproducono le frasi pronunciate dalla voce fuori campo. Le persone sono indicate con l’iniziale del loro nome e ne viene riferita la storia da loro raccontata rispondendo a una precisa richiesta del questionario: “Se vuoi-puoi raccontarci un episodio tuo o di tuoi familiari legato ad una esperienza di conflitto o di un periodo storico problematico del XX secolo (flussi migratori, dittature, prima o seconda guerra mondiale, Anni di piombo, conflitti di indipendenza europei, genocidio del Rwanda…)”.

La prima storia riferita dalla voce è quella, narrata da una ragazza, del nonno che fu spedito in Russia durante la Seconda guerra mondiale, fatto prigioniero e poi rilasciato nel ’45, che percorse tutta la strada del ritorno in Italia a piedi mangiando erba e resti organici di animali. Oppure quella raccontata da un giovane sullo zio brigatista che, uscito di prigione, era sempre depresso finché non decise di suicidarsi e fu trovato dal fratello e dal nipote in un lago di sangue. Infine, essenziale per la struttura della performance, è la vicenda di un’altra giovane, insegnante di Tai chi; infatti legati a lei sono sia il secondo sia il terzo quadro. Narra la voce fuori campo che la donna, dopo aver incontrato un amico omosessuale triste per essere stato lasciato dal compagno, decide di andare con lui in discoteca malgrado la mattina seguente debba tenere una lezione della sua disciplina; e nel secondo quadro è rappresentata proprio una lezione di Tai chi

mentre nel terzo, ci troviamo nel mezzo del frastuono e della folla di una discoteca.

Da notare che a partire dal primo quadro fra un racconto e l’altro e poi proseguendo durante il terzo, la voce ci informa che siamo nel 2019 e che inquietanti segnali di guerra si sono susseguiti negli anni precedenti e si avvicendano negli anni successivi, mentre le persone continuano a svolgere le solite attività e a frequentare i soliti luoghi. A tale proposito, la voce interviene con commenti e riflessioni; in particolare, si sofferma su considerazioni in merito al comportamento animale e umano. Osserva che gli animali per la propria sopravvivenza, uccidono; perciò, visto che anche gli esseri umani appartengono al mondo animale e benché l’Europa1 abbia goduto da più di 70 anni dell’assenza di conflitti armati è quasi matematico che la mattanza ricomincerà anche qui. Unica speranza forse, per gli esseri umani, è la noia; la noia, il nulla da fare, può spingere alla riflessione e se si riflette, forse c’è ancora la speranza di trovare un cammino che allontani dalla violenza e conduca all’elaborazione delle pulsioni.

La voce in tutti i casi preconizza ma anche informa con uno slittamento temporale che oscilla fra la profezia, l’annuncio e la constatazione – che nel 2023, preceduta da un’epoca di grande instabilità durata dieci anni e in cui si è verificata una serie impressionante di attentati nelle maggiori città europee, scoppia una guerra mondiale che vede i più importanti Paesi della sfera orientale coalizzarsi contro quelli della sfera occidentale. A quel punto un’Europa indebolita viene invasa e conquistata; la guerra termina nel 2025, provoca 90 milioni di morti ed è combattuta per motivi puramente e dichiaratamente economici. Per questo sarà chiamata la GUERRA ONESTA.

Su quest’affermazione lapidaria che compare a caratteri cubitali, la performance si conclude.

Particolare disturbo e inquietudine crea la scena della discoteca, in cui il pubblico è investito da una musica martellante e assordante. Le luci stroboscopiche tipiche del luogo investono gli interpreti che, di spalle, si agitano senza tregua sul palco formando una massa compatta e volutamente ignara del destino che incombe. Ma quei suoni assordanti, quell’agitarsi forsennato sono già essi stessi segnali premonitori di una violenza che, sospesa nell’aria, aspetta solo una scintilla per scatenarsi in tutta la sua furia devastatrice2.

Sul sito della compagnia, nella pagina dedicata allo spettacolo, si legge questo brano di Walter Benjamin: C’è un dipinto di Klee, intitolato Angelus Novus, che mostra un angelo mentre sembra volersi allontanare da qualcosa su cui tiene fisso lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta e le ali spiegate; dev’essere così che appare l’angelo della storia. Il suo viso è volto verso il passato. Dove noi scorgiamo una catena di eventi, lui vede solo un’unica catastrofe che continua a rovesciare rovine ai suoi piedi. L’angelo vorrebbe restare, risvegliare i morti e ricostruire quel che è andato distrutto. Ma un turbine sospinto dal paradiso si è impigliato nelle sue ali ed è tanto forte che non riesce più a chiuderle. E il turbine lo trascina irresistibilmente nel futuro cui volta la schiena, mentre il cumulo di rovine davanti a lui cresce salendo al cielo. Questo turbine è ciò che chiamiamo progresso.

Riferimenti:

http://it.bab.la/dizionario/spagnolo-italiano/guerrilla

http://www.elcondedetorrefiel.com/guerrillaingl.html

http://www.triennale.org/teatro/el-conde-de-torrefiel-guerrilla/

Descrizione di un quadro

di Silvia Costa

Si entra in un ambiente lungo e stretto delimitato da tende. Al centro è disposta una fila di sedili; sembrano divani senza spalliera e braccioli, dello stesso colore delle tende, destinati ad accogliere il pubblico. All’entrata una ragazza ci porge un cartoncino bianco, simile a un foglio da acquarello. Ci sediamo perplessi, non sapendo bene da che parte guardare; la ragazza chiude la tenda rimasta aperta, si spengono le luci e la voce di Silvia Costa comincia a narrare. Descrive un luogo nel mezzo di un bosco, una bella casetta sullo sfondo, un paesaggio silvestre dove si sente il cinguettio degli uccelli, il sussurrio delle fronde, un quadro fiabesco. Appare una figura di donna; ha un vecchio soprabito sdrucito, il viso aguzzo del furetto; si materializza una sedia e la donna vi si lascia cadere. E quel quadro che sembrava idilliaco si trasforma presto in un’immagine da incubo in cui irrompe una figura scura che infierisce sulla donna con un coltellaccio da cucina. Poi la donna si rialza, si siede di nuovo e la scena di violenza si ripete ancora e ancora, all’infinito. Nel frattempo, all’inizio del racconto, sul cartoncino bianco che il pubblico tiene in mano è comparsa l’immagine di un neonato di 5-6 mesi, ritratto a mezzo busto contro lo sfondo di un paesaggio cupo. Chi è quel bambino? La performance finisce senza dare risposte.

http://www.triennale.org/teatro/silvia-costa-descrizione-di-un-quadro/

1 Più esattamente i paesi della Ue, perché purtroppo dobbiamo ricordare che cosa è successo nell’ex Jugoslavia e, più recentemente, in Ucraina.

2 Il mattino dopo la visione di questa performance è arrivata la notizia dell’ordigno esploso nella metropolitana di Londra; raramente la finzione si è così temibilmente intrecciata con la realtà.

Susanna Sinigaglia
Non mi piace molto parlare in prima persona; dire “io sono”, “io faccio” questo e quello ecc. ma per accontentare gli amici-compagni della Bottega, mi piego.
Quindi , sono nata ad Ancona e amo il mare ma sto a Milano da tutta una vita e non so se abiterei da qualsiasi altra parte. M’impegno su vari fronti (la questione Israele-Palestina con tutte le sue ricadute, ma anche per la difesa dell’ambiente); lavoro da anni a un progetto di scrittura e a uno artistico con successi alterni. È la passione per la ricerca che ha nutrito i miei progetti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *