Notte Rosa e Floating Piers: la festa è obbligatoria…

a qualunque costo

1 – Un comunicato di Vito Totire; 2un articolo di Luca Mercalli; 3 brevi considerazioni dell’«instancabile blogger»

 

1 – CAMPAGNA STOP FUOCHI ARTIFICIALI

Non solo la Campania, anche Emilia-Romagna e Marche sono terra dei fuochi? La notte tra venerdì 1° e sabato 2 luglio 2016 la costa adriatica sarà illuminata per dieci minuti da fuochi artificiali. Ci possiamo permettere questo inquinamento/spreco?

C’è una tendenza a rimuovere il problema in ossequio al businnes; ma noi critici siamo “fortunati”: non ci tocca la galera come accadeva ai medici che venivano imprigionati per aver “dichiarato peste il morbo corrente”; quelle denunce mettevano a rischio i commerci e gli affari, allora meglio far scoppiare le epidemie.

Il mondo non è tanto cambiato.

Nel silenzio quasi totale sulla nostra denuncia/appello, qualche notizia è comparsa “involontariamente”.

Se è vero che nulla si crea e nulla si distrugge, dove finiranno i residui dei “giochi pirotecnici”? Impossibile che siano residui/rifiuti tutti inerti; in altri contesti spargere questa quantità di rifiuti si configurerebbe come reato penale; qui questo discorso “non funziona”: come mai?

Per 40 km.di costa saranno impiegati 1350 kg. di fuochi artificiali; sembrerebbero comprati all’estero ma dove? La ditta di Saludecio che se ne occupa ha un sito internet che però alla voce “sicurezza” non si apre (è un caso o siamo noi inesperti di informatica?).

Ma poi questi fuochi chi li paga? Benefattori che vogliono divertire la plebe?

E poi perché non fare (intanto, nelle more del divieto di produzione) spettacoli al chiuso (con maschere antigas) per chi apprezza i fuochi senza disturbare le persone che non li amano? Si tutelerebbero così anche gli animali che non gradiscono (all’unanimità) in quanto non hanno “cultura” sufficiente.

Domande senza risposta?

Intanto la nostra campagna va avanti; l’appello – qui in “bottega” vedi Notte rosa 2016: evitare sprechi, inquinamenti, pericoli – è stato diffuso dalla Agenzia Sanità Pubblica e dall’instancabile blogger Daniele Barbieri, in vista di una scadenza più importante della Notte rosa, che è il primo anniversario della strage di Modugno, il 24 luglio prossimo.

Vito Totire – Bologna, 30.6.2016

DelirioGalleggiante1

 

2 – Floating Piers, delirio galleggiante

di Luca Mercalli (*)

È incredibile osservare l’ingenua e infantile gioia delirante di un milione di persone che si sono precipitate a camminare sui pontili sintetici di Christo.

Persone che parlano di un’esperienza sublime, di emozioni forti, di incredibili sensazioni provate nel camminare su un telo di plastica posato su taniche vuote sopra le acque di un lago prealpino reso infrequentabile dalla folla. Le cronache sono del tipo: “Il popolo dei Piers non indietreggia di un millimetro. Non si lascia scoraggiare dalle code per salire su un treno, su una navetta o su un battello, né dal sole che trasforma la passerella – e i piazzali di Sulzano – in forni a microonde, tanto che ieri al tramonto sono tornati in azione gli idranti per rinfrescare la folla in attesa. La parola d’ordine è una sola: camminare su The Floating Piers, costi quel che costi” (da bresciaoggi.it).

Una situazione che, spogliata di tutto il costrutto mediatico-modaiolo che gli si è appiccicato sopra, è in realtà riconducibile a una semplice gita in battello: si cammina sulle acque e si ondeggia tra tante persone!

Si tratta un ennesimo evento di massa emblematico dei tempi che viviamo e della totale indifferenza alle conseguenze delle proprie azioni, ovvero il fatto che sia mancata qualsiasi riflessione sulla responsabilità ambientale di quest’opera d’arte (sebbene qualche critico abbia almeno voluto definirla una pagliacciata sul piano estetico e di costume).

I drammaticamente gravi significati simbolici che quest’opera si porta dietro non sono stati nemmeno sfiorati: il trionfo dell’usa e getta, del superfluo costoso, dell’artificializzazione della Natura.

Dal sito ufficiale dell’artista, assumiamo i dati tecnici:

220.000 cubi [di polietilene ad alta densità prodotto dalla F.lli Cane di Fondotoce/Verbania coadiuvata dalle aziende bresciane Asco Plast, Ziber Plast, Zetabi, Artigiana Stampi e Seven Plast] creano i 3 chilometri di The Floating Piers.
– 220.000 perni [sempre di polietilene] tengono insieme i cubi.
– 200 ancore del peso di 5,5 tonnellate l’una mantengono i 16 metri di larghezza del pontile in posizione [blocchi di cemento trasportati nelle posizioni finali da mezzi nautici grazie all’utilizzo di palloni industriali che, una volta raggiunta la postazione, sono stati svuotati dell’aria e hanno adagiato sul fondo le zavorre].
– 37.000 metri di corda connettono gli ancoraggi al pontile.
– 70.000 m2 di feltro ricoprono i pontili e le strade al di sotto del tessuto.
– 100.000 m2 di tessuto [in fibra poliammidica (Nylon), prodotto in Germania dalla Setex Textiles e confezionato dalla Luftwerkern di Lubecca] coprono i 3 chilometri di pontile e 2,5 chilometri di strada.

E il tutto per un’installazione della durata di sedici giorni, dal 18 giugno al 3 luglio 2016.

Dopodichè l’infrastruttura artistica verrà smontata e – sostiene il sito ufficiale “tutti i materiali utilizzati saranno riciclati attraverso un processo industriale”, non meglio specificato.

https://it.wikipedia.org/wiki/The_Floating_Piers
http://www.thefloatingpiers.com/manufacturing
http://www.thefloatingpiers.com/press/


Vediamo le criticità ambientali:

riciclo plastiche: il polietilene è relativamente facile da riciclare, i cubi verranno dunque ritirati dall’acqua e avviati a recupero, ma con trasporto dove? Il tessuto poliammidico, in parte sporcato e usurato, sarà meno facile da riciclare: di tutta questa filiera sarebbe importante disporre da parte dell’artista e delle autorità di igiene urbana locale una dettagliata e trasparente documentazione! Non sia mai che finisca tutto nel vicino inceneritore di Brescia…?

energia grigia: anche se la plastica può essere riciclata, in genere ottenendo un materiale meno pregiato di quello originario, nessuno potrà ottenere la restituzione dell’energia spesa in fase di produzione e lavorazione;

rilascio composti tossici nel lago: ci sono additivi potenzialmente rilasciabili dalla plastica nelle acque? Interferenti endocrini che costituiscono un problema ambientale e sanitario sempre più grave? Era necessaria una maggiore trasparenza, con certificati merceologici precisi sulla natura dei materiali impiegati.

emissioni dei trasporti per la costruzione: ci è voluto circa un anno di lavoro di aziende italiane e tedesche per produrre, trasportare, immagazzinare e montare (e poi smontare) l’installazione. Un’attività che avrà comportato ingenti costi energetici, emissioni di CO2 e altri inquinanti, produzione di rifiuti, imballaggi, materiali accessori, incluso un sommergibile per le ispezioni del fondo lacustre.

emissioni indirette per il trasporto passeggeri e per le attività di sicurezza: il colossale formicolare di persone che hanno invaso la zona ha provocato un carico critico sui mezzi di trasporto locale, la saturazione delle strade e inevitabilmente l’aumento di emissioni climalteranti e di rifiuti su base locale, nonché il mantenimento di un complesso sistema di vigilanza e sicurezza… a gasolio!

E ora i messaggi simbolici che l’opera d’arte comunica (o non comunica):

si può fare tutto ciò che si vuole, basta pagare! Ma il prezzo dei danni ambientali non si bilancia con la moneta…

una cosa che si smonta non lascia conseguenze! Ma ciò che non si vede è talora peggio di ciò che si vede… le emissioni climalteranti contribuiscono a deteriorare le condizioni di vivibilità dell’intero pianeta, i rifiuti industriali del processo produttivo dei materiali e quelli dispersi in acqua minano gli equilibri ecologici anche su tempi millenari.

siamo già sommersi dai rifiuti plastici e purtroppo negli oceani galleggiano circa nuovi 5 continenti di plastica (NOTA 1). Altro che aggiungerne, bisognerebbe fare un’opera d’arte per rimuoverli!

non inquina solo ciò che si vede, ma pure ciò che non si vede, dagli interferenti endocrini alla mobilizzazione del substrato: “Marco Pilotti, docente del dipartimento di Ingegneria civile, architettura, territorio, ambiente dell’Università di Brescia ed esperto del lago d’Iseo, ha condotto uno studio sull’impatto dell’opera sulla morfologia del bacino. Il molo galleggiante è ancorato al fondo del lago con [più di] 150 blocchi di cemento armato da sette tonnellate l’uno e il progetto prevede, al termine dell’esposizione, la rimozione totale dell’opera e lo smaltimento di tutti i materiali. Il recupero dei cosiddetti corpi morti degli ancoraggi – spiega il professor Pilotti – farà solo del male al lago, perché solleverà i sedimenti del fondale. Le misurazioni che abbiamo fatto hanno rilevato che in quel terreno è contenuta una quantità di fosforo 15 volte maggiore a quella presente nei livelli superiori dell’acqua”.

The Floating Piers incombe sul lago d’Iseo


http://hydraulics.unibs.it/hydraulics/?page_id=1720

l’edonismo dissipativo, volgare e superficiale, attira assai di più che la contemplazione della biosfera, la nostra casa da cui tutto dipende! Chi, di questo milione di bipedi vociante su un palcoscenico naturale trasfigurato per l’esibizionismo di massa, si è domandato qualcosa su questo povero lago prealpino? Quanto è profondo, quanta acqua contiene, che relazioni ha con la società e con la storia, è un ambiente sano o compromesso? Come reagisce ai cambiamenti climatici?

la Natura è sostituibile con l’artificio e si arriva a privilegiare il falso che assomiglia al vero (che viceversa viene distrutto). Afferma Christo: “Il telo color oro, cangiante, vuole rappresentare la spiaggia: la gente deve pensare di essere su una spiaggia in riva al mare, e camminarci sopra”.

Ma perché mai bisogna immaginare una spiaggia di plastica? Perché non godere di una spiaggia vera, magari proteggendola proprio dall’affronto degli onnipresenti rifiuti in plastica che la deturpano?

E ancora, invita Christo, “Ascoltate il racconto della vita – Questo progetto fisico non è un museo, ma un progetto reale, riguarda le cose vere, sole, pioggia, vento”. Accidenti! Sole, pioggia e vento erano già lì da milioni di anni, ed è proprio l’opera d’arte ad essere quanto più falsa, artefatta e improbabile in quel contesto! Con le parole si può proprio costruire di tutto, mostrare vero ciò che è falso e viceversa! Il problema sono i gonzi che ci cascano…

il denaro (15 milioni di euro più le spese pubbliche per la logistica e la sicurezza) poteva essere speso per impieghi più sostenibili, utili e durevoli;

le folle si attirano con il capriccio e la bizzarria, mentre sui temi importanti per la nostra stessa sopravvivenza, come l’epocale e inedita crisi ambientale che si sta sviluppando, l’interesse è sempre marginale, per non dire nullo;

l’arte dovrebbe essere veicolo di riflessione sulla contemporaneità, qui Christo rivela invece la sua senescente visione di un mondo sintetico ormai incompatibile con i processi biogeochimici. Contrappongo al vecchio Christo l’artista thailandese Nino Sarabutra (è una donna, nonostante il nome in italiano suoni maschile) che ha concepito un’opera molto significativa, esposta anche alla biennale di Venezia 2015 e che ho provato con i miei piedi: 100.000 piccoli teschi di porcellana che coprono il pavimento come ciottoli di fiume, sui quali si è invitati a camminare a piedi scalzi ponendoci la domanda “che mondo lasciamo dietro di noi?”

I want people to ask themselves how they live, what they are doing— if today was your last on earth, what will you leave behind?” Nino Sarabutra, 2013
http://www.ninosarabutra.com/exhibition_WhatWillYouLeaveBehind.html

 L’artista thailandese Nino Sarabutra e la sua opera “What will you leave behind?”,
qui esposta alla Biennale di Venezia 2015, che invita alla riflessione sulle conseguenze delle nostre azioni e sul mondo che lasceremo alle generazioni future tramite una camminata a piedi scalzi su migliaia di piccoli teschi di porcellana.

Possono sembrare considerazioni fastidiose, respinte ed etichettate come seccature che guastano il festoso pellegrinaggio, ignorano i soldi che hanno irrorato il turismo locale e alimentato la retorica dell’Italia capace di grandi opere… eppure sono lo specchio di una società che rifiuta di confrontarsi con il più grande problema mai sorto da quando l’uomo è sulla Terra, l’insostenibilità dell’Antropocene e la sempre maggior probabilità di collasso della civiltà.

Dunque, tutti gioiosamente avanti verso il baratro…

(NOTA 1) Ogni anno almeno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare. Un rapporto del World Economic Forum stima che ci siano attualmente 150 milioni di tonnellate di rifiuti plastici dispersi negli oceani, una tonnellata di plastica ogni cinque tonnellate di pesce, e che a questo tasso entro il 2050 nelle acque ci sarà più plastica che pesce! Le correnti marine concentrano queste enormi quantità di rifiuti in cinque principali “isole” galleggianti (oceani Indiano, Atlantico settentrionale e meridionale, Pacifico settentrionale e meridionale): http://www.5gyres.org/; www.plasticoceans.net.
DelirioTitanic

 

3 – L’«instancabile» dice la sua

Ed ecco a voi – ringrazio per la definizione Vito Totire – l’instancabile blogger, con un vago ricordo e due riflessioni. Il vago ricordo è che nel terribile/magnifico 1977 (chi non c’era può, se crede, fare «oooooh») scrissi alcune riflessioni su una rivista legata alla terribile/magnifica “autonomia europea” [se siete capitati qui per caso e quelle due parole – autonomia operaia – vi turbano, potete premere sul logo di Padre Pio e Zio Giorgio qui accanto, così questo articolo si cancellerà; mi congratulo assai con voi se non vedete il logo di padre Pio e zio Giorgio]. La rivista era «Rosso vivo», il mio articolo si chiamava “La festa comandata” o qualcosa del genere. Oggi, in un’ora freschetta, cercherò nel mio polveroso archivio cartaceo e se ritrovo quel «Rosso Vivo» magari ve lo ripropongo pari-pari, giusto per vedere insieme se allora ero un “estremista” o un “saggio”: forse tutti e due. La mia tesi è che da allora i saggi sono ancora più “estremisti” per ragioni oggettive, cioè la situazione è più estrema di prima.

Accenno due considerazioni.

La prima è che i discorsi di Vito Totire e Luca Mercalli vanno inseriti in un più generale contesto appunto di “feste obbligatorie”. Il divertimento, sempre più incoraggiato dai Palazzi, deve essere garantito a qualsiasi costo e rischio, cioè sia in senso economico che di possibili pericoli a breve o lungo termine. Gli opinionisti dei grandi massmedia che si sdegnano [fingono?] per il divertimentificio, per i morti del sabato sera e per gli “eccessi” quando cercano i colpevoli di questa società malata possono, ogni mattina allo specchio, vedere uno di quelli che lavora per togliere senso al vivere e rafforzare l’alienazione. Mi si dirà che non è un fatto nuovo: panem et circenses, le 3f di «festa, farina e forca», il Carnevale, addirittura «il pane selvaggio» [avete letto Piero Camporesi?] e poi la società dello spettacolo [avete letto Guy Debord?] o in piccolo il Renato Nicolini appunto degli anni ’70, e ovviamente tanti film dal vecchio e magnifico «L’asso nella manica» [Billy Wilder, certo] al recentissimo «Money Monster L’altra faccia del denaro». Verissimo, però mi pare che in questo antichissimo strumento di potere – fare sfogare ogni tanto il popolo, illudendolo per qualche ora – ci sia un quadro d’insieme nuovo e non solo per quel collasso ecologico ricordato da Mercalli e Totire.

L’elemento di novità – ecco la seconda considerazione – è secondo me il ritmo sempre più accelerato e drogato (anche in senso stretto: cioè sostenuto con le droghe di Stato e con quelle, in teoria illegali, per “ricchi”) nel quale veniamo costretti a vivere dal modo di produzione ma anche incoraggiati (dagli opinionisti e guru da 4 soldi) a felicemente sguazzare. Tutto pur di non avere tempo libero per pensare, sognare in libertà, organizzarsi e magari progettare pezzetti di «un altro mondo». Ma per sviluppare questo discorso mi aspetto un riscontro da chi legge: siete abbastanza d’accordo? C’è chi (e io ignorante non lo so) sta portando avanti analisi di questo tipo? Vogliamo provare insieme a discuterne?

 

(*) Luca Mercalli è meteorologo, divulgatore scientifico e climatologo italiano. Fra i suoi ultimi saggi «Prepariamoci» (ed. Chiarelettere). Questo articolo è stato pubblicato su “Nimbus.it”, l’ottimo sito ufficiale della Società Meteorologica Italiana, ma io lo riprendo – con le foto – da «Comune Info».

L’IMMAGINE DEL TITANIC l’ho trovata in rete.

 

Redazione
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