La nube di Rogor e la coscienza nera del capitalismo italiano

di Gianluca Ricciato

 

Ripreso da qui

Trent’anni fa più uno, il 17 luglio 1988, una serie di esplosioni di Rogor, misto ad altri composti chimici pericolosi, contaminò una zona di circa duemila kilometri quadrati tra l’alta Toscana e la provincia di La Spezia. L’esplosione avvenne all’interno dello stabilimento Farmoplant, di proprietà della Montedison.

Il Rogor, cioè il Dimetoato, pesticida (insetticida) ampiamente usato in agricoltura da alcuni decenni, è uno dei simboli di quella che viene chiamata agricoltura chimica, cioè l’agricoltura convenzionale e più diffusa da almeno cinquant’anni nei paesi cosiddetti sviluppati.

Le conseguenze immediate dell’incidente furono la fuga repentina di abitanti e turisti delle spiagge della Versilia (era metà luglio di fine anni Ottanta), reazioni respiratorie e cutanee nella popolazione più vicina, inquinamento dell’aria e delle falde, morìa di pesci nel vicino fiume Lavello. Successivamente si verificarono ricoveri per problemi legati anche al sistema circolatorio e neurologico. I danni a lungo termine sono diversi (tumori, malformazioni, aborti spontanei) e complessi da stabilire, anche perché collegati ad una serie massiccia di situazioni inquinanti già presenti in un territorio, quello della provincia di Massa Carrara, diventato già dai tempi del fascismo uno dei principali poli della produzione industriale italiana. Le conseguenze sulla salute e sul territorio sono oggi monitorate da diversi organi scientifici, tra cui l’Unità di ricerca Epidemiologia ambientale e Registri di patologia dell’Istituto di fisiologia clinica del CNR di Pisa.[1]

Il perché l’Italia abbia rimosso questo che fu uno dei peggiori disastri nazionali causati dall’attività umana, è anch’essa una questione difficile da spiegare, com’è difficile spiegare perché al fallimento evidente di un sistema di produzione come quello dell’agricoltura chimica e intensiva, oggi soprattutto che i danni si conoscono molto più di allora, si continua a non voler rinunciare. Esempio ne è il fatto che il Piano Silletti del 2015, il Decreto Martina del 2018 e il Decreto Centinaio del 2019, tre interventi fotocopia, sostanzialmente, abbiano ancora in questi anni imposto il Dimetoato e altri pesticidi pericolosi ad un altro territorio a vocazione agricola e paesaggistica, il Salento, come presunta (e non verificata) soluzione di contrasto al disseccamento degli ulivi.[2]

Le vicende degli anni Settanta e Ottanta tra Massa e Carrara si portano dietro, in realtà, una serie di questioni ancora oggi irrisolte, che riguardano la produzione capitalista e l’economia della nostra società, in particolare quella che spesso oppone l’occupazione alla salute, e di conseguenza le istanze del lavoro a quelle sanitarie e ambientali.

Qualche giorno fa, il 4 luglio, ci ha lasciato Giorgio Nebbia, chimico ed ecologista, politico ed economista, ambientalista e comunista, una di quelle poche figure di spicco del panorama politico italiano che ha provato a venire a capo di questa dicotomia, spesso creata ad arte e funzionale alle istanze del potere economico.

Giorgio Nebbia era originario di Massa, sebbene nato a Bologna, e ne fu consigliere tra gli anni 1985 e 1987. La cosa più interessante, probabilmente, è leggere le sue parole riguardo agli sconcertanti avvenimenti che si verificarono nei mesi precedenti l’incidente alla Farmoplant, che era stato preceduto da innumerevoli altri incidenti e che per questo aveva messo l’industria della Montedison sotto accusa. La popolazione di Massa Carrara ottenne per questo di votare il primo referendum di un territorio italiano contro un’industria chimica, vinto in misura schiacciante con il 72%. Referendum che fu reso vano da una sentenza del TAR della Toscana del dicembre 1987, che stabilì l’impianto sicuro al 99,999%. Sette mesi prima dell’ultimo e più grave incidente, quello del luglio 1988. Proprio così.

Scrive Giorgio Nebbia: «La “chimica” aveva cattiva fama in quegli anni, in Italia. Nel 1976, a pochi mesi di distanza, c’erano stati l’incidente all’ICMESA di Meda che aveva portato alla fuoriuscita della fino allora quasi sconosciuta diossina, e quello all’Enichem di Manfredonia con fuoriuscita di arsenico che era ricaduto sulla cittadina. Nel 1984 aveva fatto grande impressione l’incidente avvenuto a Bhopal, in India, con fuoriuscita di isocianato di metile e migliaia di morti; nel 1986 si era verificato a Basilea un incendio in un deposito di pesticidi. Come se non bastasse nel 1986 si era verificato l’incidente al reattore nucleare di Chernobyl, in Ucraina ed era in corso la raccolta di firme per il referendum del 1987 contro il nucleare. Nell’estate del 1987 erano inoltre in corso le elezioni nazionali. In questa atmosfera di rabbia contro la violenza ambientale, di fronte alla contaminazione dell’aria, del terreno, delle falde idriche sotterranee, del mare dovuta alle industrie inquinanti della zona industriale di Massa Carrara, a seguito dei due gravi incidenti, già ricordati, in attesa di una “bonifica” mai fatta dello stabilimento Anic, davanti al rifiuto della Farmoplant di limitare l’inquinamento e di maggiore sicurezza, la popolazione dei Comuni di Massa, Carrara e Montignoso, animata dalla vivace Assemblea Permanente dei cittadini di Massa-Carrara, chiese un referendum consultivo con la domanda: “Sei favorevole alla chiusura definitiva, lo smantellamento e la bonifica degli stabilimenti Farmoplant (compreso l’inceneritore) e Anic, nella prospettiva di superamento del polo chimico, per una alternativa di sviluppo che punti alla valorizzazione delle risorse del territorio?”.»[3]

 

Storia di Farmoplant e non solo[4]

La Farmoplant aveva rilevato le attività dello stabilimento Montedison che produceva fertilizzanti azotati, chiuso nel 1972, e riaperto per la produzione di pesticidi. In quegli anni la chiusura della Montedison suscitava poteste e un movimento dei lavoratori che chiede il rinnovamento e la riapertura degli impianti. Fuori dalla fabbrica si costituisce l’Assemblea Permanente della Popolazione di Massa Carrara, supportata da Medicina Democratica e poi da altre associazioni ambientaliste e di cittadini, che protestano per l’uso nel ciclo produttivo dei pesticidi del gas asfissiante fosgene, nota arma chimica usata nella seconda guerra mondiale. Lo stesso gruppo di cittadini convocherà un referendum popolare, il primo di questo tipo, per la chiusura delle fabbriche inquinanti e la bonifica.

1976 – apertura dell’impianto Farmoplant per la produzione di Rogor (dimethoate), Mancozeb, Trifluralin, Cidial, Parathion (alcuni di questi pesticidi saranno presto vietati per la loro tossicità sull’ambiente e sulle persone). Entra in funzione un inceneritore per lo smaltimento di reflui di produzione con tecnologie che non garantiscono l’abbattimento degli inquinanti.

1976 luglio – esplosione con fuoriuscita di diossina Icmesa a Seveso (Italia), settembre esplosione Enichem di Manfredonia

1978 gennaio – esplosione di fusti di Methil-Parathion

1978 ottobre – esplosione di ditiocarbammati

1979 maggio – muore asfissiato nell’impianto di Rogor un tecnico

1979 giugno – si scopre inquinamento da Trifluralin nella falda

1980 gennaio – fuoriuscita di algofrene dall’impianto Rogor

1980 agosto – grave incendio da autocombustione del pesticida Mancozeb – grandi manifestazioni chiedono la chiusura della fabbrica, che sospende il lavoro

1980 settembre – si scopre inquinamento da Rogor nella falda

1980 dicembre – dopo un accordo tra sindacati e dirigenza riapre la Farmoplant. La

magistratura impone la chiusura di mille pozzi artesiani.

1983 marzo – esplodono 12 fusti di Rogor

1984 gennaio – inquinamento del canale Lavello che sfocia in mare

Il 12 marzo 1984 va in fumo un reparto dell’ANIC Rumianca di Avenza, molto vicina alla Farmoplant, dove si producevano diserbanti che comprendevano tra gli ingredienti l’acido 2,4-D (2,4diclorofenossiacetico); il tentativo di spegnimento con acqua provoca una nube tossica che diffonderà l’inquinamento nella zone circostante. Le analisi dell’area provano la diffusa presenza di diossine

1984 seconda metà dell’anno – trattamento in inceneritore di prodotti pesticidi che provocano maleodoranze

3 dicembre 1984 – esplosione della Union Carbide a Bophal, che produceva pesticidi analoghi a quelli della Farmoplant

1984 dicembre – manifestazione dei cittadini di Massa e Carrara in solidarietà ai morti e malati di Bophal.

1986 gennaio – fuga massiccia di ammoniaca dalla Farmoplant

1986: maggio – incidente nube radioattiva a Chernobyl, Ucraina

1986 ottobre – muore un operaio nell’impianto di Rogor per il rovesciamento di un mezzo meccanico

1986 novembre – esplosione dell’hangar 956 della Sandoz a Basilea (Svizzera), che conteneva 1300 tonnellate di prodotti agrochimici. Inquinamento gravissimo del fiume Reno e migliaia di persone con irritazioni alle vie respiratorie e agli occhi.

1987 25 ottobre – referendum di iniziativa popolare nei comuni di Massa, Carrara, Montignoso (circa 142.000 abitanti) per chiedere la chiusura della Farmoplant, del suo inceneritore, dell’ANIC Rumianca e la bonifica dell’area.

1987 31 ottobre – ordinanza del sindaco che vieta la produzione di pesticidi alla Farmoplant

1987 novembre – Convegno per la presentazione del Piano organico per la bonifica preparato dall’Assemblea Permanente della Popolazione di Massa Carrara, Medicina Democratica, AGrisalus, Centro per la salute “Giulio A. Maccacaro”

1987 dicembre – il TAR della Toscana viene revoca l’ordinanza dichiarando che “lo stabilimento presenta un grado di sicurezza del 99,999%” e può quindi riprendere le attività produttive

1988 febbraio – la Regione Toscana convoca una Conferenza Produttiva a Massa, cui presenzia anche l’Assemblea Popolare con la propria proposta

17 luglio 1988 alle ore 6,10 si verifica la prima di due esplosioni all’interno dell’impianto “Formulati Liquidi” Farmoplant. Alle 6,15 si verifica la seconda esplosione di un serbatoio cilindrico in posizione orizzontale contenente 55.000 litri (dei quali 15.000 bruceranno) di Rogor in soluzione al 45% con cicloesanone, che provocherà l’incendio alle 6,20.
Alle 8 e alle 8,30 si verificano altre due esplosioni, provocate da irraggiamento termico di accumuli di gas nei tubi dell’impianto Rogor.

La popolazione subisce irritazioni alle vie respiratorie, bruciori agli occhi, nausea, vomito, diarrea, allergie e varie manifestazioni alle vie aeree, al sistema neurologico e circolatorio nel periodo seguente. La nube copre un’area di circa 2 mila Kmq, e provoca la fuga dei turisti e dei cittadini che possono dalla zona, arrivando a far sentire i sui effetti su tutta la provincia e sulla provincia di La Spezia.

1988 luglio – lo stabilimento viene chiuso – viene costituita una Commissione Interministeriale che dichiara la necessità di eliminare per incenerimento tutti i residui tossico-nocivi

1988 agosto – il Sindaco ordina la chiusura dell’inceneritore per le emissioni dell’inceneritore che provocano malesseri e intossicazioni

1988 settembre – un gruppo di tecnici della Regione Toscana conferma la necessità di non riaprire l’inceneritore

1989 aprile – nuovo convegno dell’Assemblea Permanente della Popolazione di Massa Carrara

1989 maggio – nuova commissione interministeriale che approva la bonifica con incenerimento

1990 febbraio – il Pretore di Massa Carrara emette un divieto dell’uso dell’inceneritore

1990 settembre – viene annullata il divieto precedente in nome dell’emergenza che rende necessario l’incenerimento delle sostanze tossiche

Nel 1991 verranno abbattuti i capannoni della Società Italiana Coke con esplosivo, liberando un pulviscolo di amianto nella zona, gli impianti della Farmoplant vengono smantellati e messa in liquidazione la società.

 

 

NOTE

[1] Farmoplant, una lunga storia che pesa sull’ambiente e la salute, di Fabrizio Bianchi e Liliana Cori

http://www.ambiente-salute.it/index.php/en/news2/188-farmoplant-una-lunga-storia-che-pesa-sull-ambiente-e-la-salute

[2] Decreto Martina: il pesticida imposto in Salento non è tra quelli vietati dall’Ue. E quindi?, di Gianluca Ricciato

http://www.labottegadelbarbieri.org/decreto-martina-il-pesticida-imposto-non-e-vietato-dall-ue/

[3] Farmoplant: la stagione della rabbia, di  Giorgio Nebbia

http://www.fondazionemicheletti.it/altronovecento/articolo.aspx?id_articolo=39&tipo_articolo=d_saggi&id=370

[4] Ripreso da http://www.doppiavoce.com/scienzae/2018/agosto-2018/145-storia-di-farmoplant-e-non-solo

Gianluca Ricciato

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