Obsolescenze dei consumi

di Saverio Pipitone (*)


Nel mondo la spesa annuale per l’elettronica di consumo è attorno a 1.000 miliardi di dollari: 46% Asia, 24% America, 22% Europa, 7% Africa, 1% Oceania. Nonostante il Covid, un incremento fino al 15% è stato registrato nel corso del 2020, in particolare per informatica e piccoli elettrodomestici, con una generale previsione di un +50% entro il 2026. Il principale canale di smercio è la grande distribuzione organizzata, dagli shopping center all’e-commerce, con la leadership di alcune insegne quali Media Markt, Saturn, Expert, Euronics, Unieuro, Dixons, Yamada, Rtv Euro, Walmart, Amazon e Alibaba. Uno dei prodotti più comprati, anche in lockdown – perlomeno in Italia – è lo smartphone con 1,5 miliardi di pezzi all’anno, specie a marchio Huawei, Samsung, Xiaomi e Apple, per un’utenza globale di 3,5 miliardi di persone (dati
StatistaGFKGS1).

Negli store, reali o virtuali, così come nei volantini promozionali e nella pubblicità, l’elettronica è esibita per anticipare il piacere del consumatore mediante il risalto di prodotti attrattivi, detti civetta (spesso uno smartphone), maxi ed extra sconti, 3×2, anticipi di black friday, pagamenti rateali a tasso zero o postdatati, con prezzi a terminazione “99” anziché “00”, inducendo a percezioni di sottocosto e maggiori consumi, per momenti di felicità da illusoria convenienza e utilità delle cose acquistate, ma in fretta svalutate, nell’imperativo dell’ammaestramento consumista di brevità, eccesso e scarto.

Il sociologo Zygmunt Bauman diceva: «Un consumatore che non si liberi, a breve, di tutto ciò che ha già acquistato, è un po’ come un vento che ha smesso di soffiare. E così deve essere perché la società dei consumi si fonda sulla frustrazione delle attese e riesce a rendere permanente la non-soddisfazione. Il corpo del consumatore tende perciò a essere una fonte prolifica e perenne di ansia, aggravata dall’assenza di vie d’uscita ben definite e affidabili, in grado di alleviarla e tanto meno di neutralizzarla o diradarla. Nuove speranze e desideri devono continuamente entrare a sostituire e superare quelli vecchi, e per far ciò, la strada tra il negozio e il secchio della spazzatura deve essere sempre più breve e veloce. L’avvento del consumismo inaugura l’era dell’obsolescenza dei beni offerti sul mercato e segnala la spettacolare ascesa dell’industria dello smaltimento dei rifiuti».

Ad esempio, lo smartphone ha un ciclo di vita molto basso, mediamente 1-2 anni, sia per obsolescenza programmata con rallentamenti o guasti dopo un periodo prefissato, che per obsolescenza psicologica con la ricerca di godimento o mode nei nuovi modelli, sempre più “Pro”, cioè ad elevate e potenti prestazioni, dal display alla fotocamera e dalla batteria al processore.

Telefoni, tablet, computer, monitor e accessori digitali rappresentano oltre il 20% delle 53,6 milioni di tonnellate di spazzatura elettronica accumulata nel 2019 a livello globale: 47% Asia, 25% America, 22% Europa, 5% Africa, 1% Oceania. Era di 44,4 milioni nel 2014 e da stima sarà 74,7 milioni nel 2030. Soltanto il 17% è adeguatamente riciclato, mentre la restante parte è conservata in casa o finisce negli smaltimenti difformi fra inceneritori, sottosuolo e discariche a cielo aperto (Global E-Waste Monitor).

Delle grandi pattumiere informali si trovano a Lagos in Nigeria, Accra nel Ghana, Karachi nel Pakistan, Delhi in India, Guiyu e Tianjin in Cina, dove migliaia di lavoratori (uomini, donne e bambini), senza protezioni corporali e con arcaici metodi di combustione o di fusione nell’acido, scompongono le apparecchiature per cercare e cogliere qualche elemento della tavola periodica.

Nel caso dello smartphone, c’è rame, oro, argento, ferro, alluminio, cobalto, palladio, neodimio, disprosio, nichel, gallio, litio, stagno, tantalio, ittrio, indio, silicio, terbio, praseodimio e molibdeno.

Sono inoltre estratti dati, foto e video personali per organizzare truffe on-line, sentimentali o finanziarie, allo scopo di estorcere denaro: ne parla il regista Ben Asamoah nel film Sakawa.

Nei luoghi menzionati persistono estremi livelli di particolato, metalli pesanti, policlorobifenili, idrocarburi ed altre corrosive sostanze chimiche, che inquinano acqua, aria, terra, fauna e flora.

Assorbiti dall’organismo umano, agiscono da perturbatori endocrini sul sistema immunitario, con elevati rischi di contrarre patologie polmonari, debilitanti, neurologiche, ormonali e riproduttive.

Diverse ricerche scientifiche hanno documentato la presenza di tali inquinanti negli spermatozoi, utero, cordone ombelicale, urine, sangue e latte materno, con ripercussioni malformative, sia fisiche che mentali, alla nascita e durante lo sviluppo degli infanti, compromettendo le generazioni future (link studi:1234567891011).

Contaminati e indigenti, essi stessi scartati dalla società dei consumi, subiscono l’invasione delle obsolescenze, smaltite a piene e nude mani, nella comune necessità di sopravvivenza, laddove l’opulento consumatore digitale usa solo le punte delle dita rinchiudendosi e inebriandosi in solitudine nel touchscreen, privo di reale sguardo, pensiero e vicinanza all’Altro.

«Lo smartphone – scrive il filosofo Byung-Chul Hanfa avvizzire le forme comportamentali che richiedono ampiezza temporale o lungimiranza: esige rapidità e miopia, e dissolve ciò che è lungo e lento. Dagli smartphone, che promettono più libertà, deriva una costrizione fatale: la costrizione a comunicare. I social network rafforzano enormemente questa costrizione alla comunicazione: essa è prodotta, in ultima analisi, dalla logica del capitale. Più comunicazione significa più capitale […]. L’era digitale totalizza l’additivo, il contare e il contabile. Ci aggiriamo dappertutto, senza arrivare a nessuna esperienza; contiamo senza fine, e non siamo in grado di raccontare. Si ha cognizione di ogni cosa, senza arrivare ad alcuna conoscenza».

[pubblicato su  saveriopipitone.blogspot.com e il 21/11/2020 nel Blog di Beppe Grillo dal quale abbiamo ripreso l’immagine]

Redazione
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Un commento

  • È proprio vero, complice il Lockdown, stiamo “annegando” di tecnologia….che apparentemente ci fa sentire più sicuri e più vicini a chi spesso non è più raggiungibile.
    Attenzione però, c’è già chi prevede che, nel 2030, l’intelligenza artificiale prenderà il sopravvento su quella naturale (umana) e saranno sfracelli, per non dire di peggio!
    Che sia giunto il tempo di ri-porre al centro i fondamentali della sopravvivenza futura degli esseri umani in rapporto con il pianeta Terra?
    Per evitare che una tecnologia sempre più sofisticata e finta democratica, gestita da un’élite, riesca a prendere il sopravvento a livello globale!
    Occorre ora (questo è il mio pensiero) meditate sul futuro che attende l’umanità.

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