Basi militari Usa: quando Correa disse no

Ecuador: sono passati 8 anni da quando gli Usa hanno dovuto lasciare la base aerea Eloy Alfaro di Manta

di Enza Caputo

a seguire un link (dall’agenzia Pressenza) sulla MARCIA INDIGENA che l’11 dicembre è arrivata a Quito

Sono passati 8 anni da quando Correa disse no agli Stati Uniti d’America. Quella base militare yankee a Manta non aveva più ragione di esistere. Non la voleva il presidente, non la volevano i cittadini, non la volevano tanti movimenti, non la prevedeva la Costituzione del 2008. “L’Ecuador è un territorio di pace. Non si permetterà l’installazione di basi militari straniere a scopi militari. Si proibisce cedere basi militari nazionali a forze armate o di sicurezza straniere”, si legge nell’Articolo 5.
E così è stato.
Andiamo per gradi.
Nel luglio 2009, l’allora presidente della Repubblica Rafael Correa annunciava lo smantellamento della base militare statunitense nella regione di Manabí. In un’intervista rilasciata a TeleSur, l’ex presidente affermava di non voler rinnovare la concessione della base agli statunitensi perché non riteneva necessaria la loro presenza sul territorio nazionale nella lotta al narcotraffico. “Gli americani – affermava Correa senza mezzi termini – dicono che la base era necessaria per il controllo del narcotraffico in
America Latina. Abbiamo però informazioni che dimostrano che fosse utilizzata per il controllo della guerriglia all’interno di alcuni Stati latinoamericani”. E ancora:  “È l’unica base straniera, nordamericana, in America Latina; avere soldati stranieri sul territorio limita fortemente la nostra sovranità. L’Ecuador non è disposto a cedere parti della propria sovranità nazionale. Quindi, semplicemente, non rinnoviamo l’accordo con gli USA. Noi non siamo un Paese produttore di narcotraffico, non è un nostro problema”. Sarcasticamente chiosa, “se gli Stati Uniti mi permettono di mettere una base militare ecuadoriana nel loro Paese, io gli rinnovo il contratto”.
Concetti ribaditi dall’allora ministro de Seguridad, Gustavo Larrea, il quale aggiunge che l’Ecuador ha portato avanti un proprio programma contro il narcotraffico e i risultati ottenuti non sono merito della presenza degli statunitensi.
A lottare per lo smantellamento della base, oltre ad alcuni abitanti di Manta e della federazione dei contadini, anche molti attori sociali tra i quali: movimenti non violenti, movimenti indigeni, attivisti e attiviste della Fundación Regional Asesoría en Derechos Humanos – INREDH, che è un organismo non governativo, apartitico, costituito nel 1993 con lo scopo di promuove il riconoscimento dei diritti umani, oltre che la salvaguardia della natura ed i diritti dei popoli indigeni.
Considerata da molti analisti politici come un esempio di neocolonialismo nordamericano in
America Latina, l’utilizzo della base venne concesso nel 1999. L’allora governo neo-liberale di Jorge Jamil Mahuad Witt, dietro accordi, concedette questa porzione di territorio ecuadoriano al governo statunitense per 10 anni.
Istallata ufficialmente per supportare la lotta al narcotraffico nella regione, per molti anni si ha avuto il sospetto che la base servisse per appoggiare la lotta contro la guerriglia in Colombia, il cosiddetto “Plan Colombia”.
Realizzato con gli obiettivi fondamentali di combattere il problema mondiale del narcotraffico, del crimine organizzato, della violenza da esso generata, del rafforzamento delle istituzioni democratiche, il Piano fu finanziato, come si legge nel documento ufficiale,  per il 64,8% dal governo della Colombia e per un 35,2% da quello degli Stati Uniti d’America.
Per il professore Omar Alfonso Ochoa Maldonado, docente della Facoltà di Diritto, Scienza Politica e Sociale dell’Università Nazionale della Colombia, il Piano adottava una postura ​statunitense rispetto al fenomeno del narcotraffico. Nonostante la proposta presentata dall’amministrazione Clinton, chiamata “Piano Colombia: Piano per la pace, la prosperità ed il rafforzamento dello Stato”, prendesse alcuni elementi di un documento elaborato dal governo colombiano, di fatto, si presentava come una manifestazione della politica estera statunitense.
Nella richiesta di rinnovo della base di Manta, aleggiava forte l’eco della Dottrina Monroe del 1823. Di quel “L’America agli americani”, che non accettava intromissioni ed ingerenze esterne nel continente americano, considerando questo emisfero come una propria zona di influenza. Dottrina che avrebbe influenzato tutta la politica estera degli Stati Uniti nei confronti dei Paesi dell’America Latina, consacrando la loro volontà egemonica vero l’intera regione.
NOTA DELLA “BOTTEGA”
su https://www.pressenza.com/it/2017/12/la-marcia-indigena-arrivata-quito-ecuador/  potete leggere un articolo – con un bel reportage fotografico di Juan Diego Montenegro – sulla marcia della Conaie (la  Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador) che lunedì 11 dicembre è arrivata a Quito per domandare al presidente Lenín Moreno “risultati concreti”, a fronte dei quali hanno ottenuto la promessa di cessazione delle concessioni minerarie…
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