Dighe: Panama, nel cuore della terra dei Ngäbe-Buglé

con questo post David Lifodi inizia un dossier sulle dighe

 

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A Panama non sono andati tanto per il sottile: la diga Barro Blanco, che mette a rischio lo storico fiume degli indigeni Ngäbe-Buglé, il Tabasará, sorgerà all’insegna del più brutale estrattivismo. Il governo di Panama, guidato dal presidente Juan Carlos Varela, sostiene apertamente l’impresa Genisa (Generadora del Istmo S.A.), padrona della centrale idroelettrica, nonostante il conflitto con gli Ngäbe-Buglé si protragga fin dal 2012. In quell’occasione, gli indigeni sfidarono lo stato e cercarono di bloccare il paese: per tutta risposta, due di loro furono uccisi dai militari inviato dall’allora presidente Ricardo Martinelli.

Solo pochi mesi fa la storia si è ripetuta. Il governo ha mandato di nuovo la polizia per cacciare gli Ngäbe-Buglé dal loro territorio e permettere i lavori di ultimazione della diga. Dal Plan Puebla-Panama all’attuale e aggiornata versione denominata Proyecto Iniciativa Mesoamericana, che intende favorire l’espansione del capitalismo energetico in tutta la regione, il messaggio è chiaro: i progetti idroelettrici si devono moltiplicare. Solo a Panama ce ne sono 111, ma nonostante la repressione gli indigeni Ngäbe-Buglé non intendono farsi derubare del proprio territorio e, lo scorso maggio, hanno promosso e organizzato dei bloqueos per fermare i lavori di costruzione della diga, prima che giungesse l’esercito e arrestasse molti di loro. Alla base della diga Barro Blanco, come degli altri progetti, sta la necessità dello stato di rifornirsi di energia, ma in realtà, come ha riportato Le Monde Diplomatique di ottobre 2016 nell’articolo di Cécile Raimbeau Chi ha ucciso Berta Cáceres, le centrali idroelettriche servono soltanto alle aziende idroelettriche che “convertono in crediti carbone l’anidride carbonica che non è stata emessa e li vendono ad aziende inquinanti che devono compensare le loro emissioni”.  Per questo motivo, a proposito della costruzione delle dighe in America centrale, si parla anche di “corsa al carbone bianco”. Eppure, il territorio degli Ngäbe-Buglé, che loro vorrebbero libero da idroelettriche, sarebbe riconosciuto dal governo di Panama come “proprietà collettiva” e gli indigeni non hanno mai dato il loro consenso alla costruzione della centrale idroelettrica di Barro Blanco, peraltro caratterizzata da episodi di corruzione e senza che sia stata effettuata alcuna valutazione di impatto ambientale. La centrale idroelettrica è stata imposta con la forza, ma, alla base di tutto, sta il Sistema di interconnessione elettrica dei paesi dell’America centrale (Siepac), che è composto dalle società incaricate dell’erogazione di elettricità nella regione centroamericana  e tutte in via di imminente privatizzazione. È lungo la linea del Siepac che sorgono nuove dighe, come quella di Barro Blanco, nonostante uno dei membri più influenti di Genisa, Shucri Luis Kafie, sia in carcere in Honduras per uno scandalo di corruzione legato alle assicurazioni senza che il governo di Panama abbia fatto niente per chiederne l’estradizione e processarlo. Peraltro, Genisa è di proprietà honduregna e, proprio l’Honduras, è un altro paese dove le centrali idroelettriche proliferano, tanto che se contano almeno quaranta. Proprio a causa dell’opposizione alle dighe è stata assassinata, il 3 marzo 2016, Berta Cáceres, oltre a tanti altri attivisti sociali uccisi dalle milizie private e dai paramilitari al servizio delle imprese.  Se la costruzione della centrale idroelettrica di Barro Blanco andrà in porto, la popolazione di almeno tre villaggi Ngäbe-Buglé rischia di dover abbandonare la loro terra poiché il lago artificiale costituito nelle vicinanze del territorio indigeno provocherà l’inondazione dei villaggi.

Secondo il Mapder, il movimento messicano che si occupa di sostenere  e appoggiare le lotte delle comunità cacciate dai propri territori, negli ultimi dieci anni in America Centrale sono stati assassinati almeno una quarantina di attivisti e leader sociali impegnati a battersi contro la proliferazione delle dighe. Intanto, i conflitti sociali territoriali si propagano in tutto il continente latinoamericano.

 

Prima puntata di un dossier sulle dighe in America Centrale e del Sud che caratterizzerà la “Finestra latinoamericana” nelle prossime settimane per raccontare quali sono gli interessi delle transnazionali e dei governi in quello che sta diventando uno dei principali business del continente. (dl)

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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